Costume

Dall’isolamento al distanziamento: i sentimenti degli italiani verso la fase 2

20 Aprile 2020

Ci prepariamo a riprendere, gradualmente, una vita più simile a quella che definivamo ‘normalità’. Piano piano si fanno più nitidi i contorni di un futuro che conserva tassi di grande incertezza. E’ importante dunque inquadrare la società nel suo insieme, ripartendo dai pensieri e sentimenti collettivi che dominano il presente.

Mai come oggi si è riposto in primo piano il rapporto tra individuo e società, con una rinnovata attenzione al secondo. Ci auguriamo che proprio la parola ‘società’ riacquisti dignità e valore, in un’epoca in cui prevalgono letture distorte. L’aggettivo ‘sociale’ è utilizzato come sinonimo di ‘marginale’, ‘fragile’, ‘a rischio di esclusione’. D’altra parte si parla di ‘social’ per indicare una forma di comunicazione e sempre più si preferisce il termine comunità per indicare ‘il volto sano della società’.

C’è voluta una pandemia per riportare il termine sul suo asse semantico: il ‘sociale’ è di tutti. Il ritorno a parlare di società va di pari passo con il riaffermarsi del ruolo della politica, come dimensione importante per ‘tutti’ i cittadini, attraverso un rinnovato interesse per la sfera ‘pubblica’.

Nella catena associativa, per gradi di prossimità, arriviamo al concetto di ‘bene comune’, che non può oggi non costituire il nostro orizzonte di riferimento. Anche se sarebbe meglio parlare di ‘interesse comune’, a partire dalla matrice di individualismo di cui è ancora intrisa la nostra cultura, per cui i sociologi hanno coniato la categoria di ‘altruismo strumentale’.

Se da una parte è visibile il lato necessario della solidarietà, allo stesso tempo si intravedono i solchi di nuove e vecchie spaccature in seno alla società, a partire da un generale movimento centrifugo di frammentazione. Il rischio è che l’isolamento forzato e fisico si traduca in isolamento sociale e simbolico, dalle polarizzazioni tra diverse visioni dell’emergenza, a loro volta ancorate a diverse condizioni strutturali (Nord/Sud, privato/statale…).

Un rischio che si coglie nelle stesse continue contrapposizioni retoriche tra economia e società, salute e lavoro, come se si potessero separare i termini di un unico sistema interconnesso.

In questo sfondo socioculturale si colloca lo Scenario ‘La misura delle cose’, nato dalla collaborazione di due Istituti di ricerca molto diversi, Episteme/CSA Research, ma animati dall’intento davvero comune di raccontare la storia di queste settimane che ricorderemo tutta la vita e che segneranno il nostro modo di vivere insieme.

L’obiettivo di quest’indagine è di accompagnare, a tutti i livelli, una ripresa efficace perché consapevole di ciò che stiamo diventando. Un impegno civile che abbiamo assunto come parte della nostra missione professionale, che non è indifferente ai valori ma sempre parte attiva e responsabile della collettività. La società italiana, che per noi esiste oggi più che mai ed esprime la somma dei punti di vista compositi e plurali degli abitanti di questo Paese.

Ci preoccupa in modo particolare il rischio di cadere nelle trappole del trend hunting, nella smania di vedere qualcosa di attrattivo da raccontare in funzione di interessi parziali, in una competizione sull’anticipazione della ‘next thing’ che non ci appartiene e non ci ha mai interessato.

Sulla soglia di una ripartenza ormai già tanto fantasticata, lasciamo pertanto alle persone, i rispondenti del Telepanel CSA, un campione rappresentativo di tutta la popolazione italiana maggiorenne, dell’ampiezza di 2000 casi, il compito di rispondere alle principali domande che ci devono accompagnare per una gestione del prossimo futuro.

Come stanno le persone?

La prima domanda da porci è qual è la tenuta morale ed esistenziale dei cittadini al trauma subito e di cui tener conto nella conseguente fase post traumatica. I dati ci restituiscono le luci e ombre di una società che ha retto la prova della quarantena con risorse individuali, familiari e comunitarie. La paura è andata via via calando a favore di un disagio più elaborato e condiviso dalle primissime reti di supporto (la famiglia, le relazioni amicali e professionali).

Per quattro settimane l’umore ha tenuto e, pur di fronte ai problemi posti, si è conservato un fondamentale ottimismo sulle proprie capacità e risorse. Questo nonostante la piena consapevolezza delle gravissime conseguenze della pandemia soprattutto sul versante professionale e dell’economia.

Questo risultato di tenuta appare tanto più significativo quando si considerano le prestazioni specifiche aggiuntive rispetto alla norma, assorbendo una grande quantità di energia e di tempo.

Quali risorse hanno sostenuto gli italiani?

Prima di tutto il sostegno è emerso nelle pareti domestiche a partire dalla straordinaria capacità delle famiglie italiane di colmare il gap dei servizi collettivi e di riempire il vuoto generato dalla mancanza di struttura del tempo e delle giornate.

Ma non va trascurato il grande ruolo ricoperto dagli strumenti di comunicazione, prima di tutto interpersonale, che hanno assicurato alla casa un giusto grado di permeabilità e connessione sociale. Soddisfacendo anche i bisogni di servizio e intrattenimento caratteristici di un momento di emergenza (all’insegna del supporto e dello svago).

Per il 30% degli italiani interessati dallo smartworking, anche il lavoro ha costituito un appiglio e una valvola di sfogo, pur con tutte le criticità che ha comportato, soprattutto per la popolazione femminile.

Il tutti i casi, è stata la tecnologia a mantenere un canale di continuità e a permettere di colmare la sensazione di isolamento generata dall’annullamento dei momenti di socialità. Si evidenzia in atto un processo di autoformazione e di innalzamento del livello di competenze generali. Nello standard package delle famiglie italiane le dotazioni tecnologiche avranno sempre più un peso maggiore.

Rispettiamo le regole?

In un momento di rapida trasformazione le ‘regole’ hanno assunto un rilievo decisivo. Se il dibattito mediatico si è focalizzato sulle presunte infrazioni, di fatto nella società reale il rapporto con le regole si è cementato non solo per la paura di sanzioni ma anche per un nuovo rapporto con la disciplina. Come scriveva Kant, si può ravvisare un’interiorizzazione delle norme che sono diventate anche un appiglio per trovare la forza e alimentare la speranza di uscire rapidamente dall’emergenza. Dal rispetto delle regole a un darsi delle regole. Ci sono elementi per sperare che si tratti di maggior senso civico, consapevolezza, capacità di autonomia, in un’ottica di crescita e adultizzazione della società italiana.

Tra i supporti nella gestione del trauma c’è anche il riconoscimento di un presidio continuativo da parte del Governo. Nonostante polemiche, incoerenze, elementi di oscurità, è passata la ‘sensazione’, più che una vera e propria convinzione, che ‘qualcuno’ abbia provveduto al mantenimento del sistema organizzato collettivo, assicurando i servizi di base. Sarà utile far emergere i protagonisti di questo contenimento collettivo che ha fatto percepire, comunque, sotto controllo la situazione. Al punto anche da alimentare un nuovo senso di apparenza ‘italiano’. Proprio rispetto a questo sentimento, preoccupa invece la sottovalutazione degli interventi europei.

E’ cambiato il nostro rapporto con i consumi?

Sono noti i dati, in particolare in riferimento alla sfera alimentare, desumibili dalle variazioni dello scontrino medio riferite dalla grande distribuzione. Ma ancora non si è individuato il processo di selezione per cui gli italiani hanno avuto tantissimo tempo per inquadrare meglio i loro bisogni e ridefinire le priorità. Un processo che porterà a definire la lista dello standard package, ovvero il paniere delle spese di base per la gestione della quotidianità futura. Come rilevato in altri paesi prima di noi, tra tutti la Cina, c’è da aspettarsi un effetto rebound di proiezione dei consumi a sfondo consolatorio e di gratificazione. Non sarà un ritorno al consumismo indiscriminato (trattenuto anche dalla forte tensione al risparmio) ma un tentativo di mettere insieme la cura di sé con l’esplorazione di nuovi stimoli e esperienze.

Come staremo insieme?

Sono soprattutto i processi di socializzazione ad essere interessati in particolare dalla fase del distanziamento sociale. Tenendo conto, come si è visto, la fortissima spinta allo stare insieme che ha trovato nelle tecnologie una sponda provvisoria. Tutta la creatività degli italiani si applicherà ad escogitare nuove forme di contatto tra più persone.

La rinuncia alla privacy, già in atto da tempo, sarà uno strumento per riconnettere i fili, in nome di una vicinanza resa possibile dalla totale trasparenza dei dati (con tutti i rischi annessi). I bisogni di socializzazione dovranno confrontarsi con quelli di protezione, rimodulando i confini del controllo sociale dal basso e dalla tolleranza.

E’ probabile inoltre che con l’affermazione di stili di vita digitali si estenda alla ristorazione il concetto di palinsesto personale e della logica on demand che ha caratterizzato i media, con l’affermazione di nuovi sistemi di condivisione per appuntamento. Si cercheranno nuove forme di condivisione a distanza, enfatizzando, ad esempio, la funzione aggregatrice del tempo, l’essere in contemporanea, rispetto alla compresenza fisica.

Come cambieranno i nostri valori?

Niente è più sfuggente e imponderabile di ciò che è immateriale. Lo scarto tra dichiarazioni e comportamenti reali è sempre molto forte. Come nel caso di ambientalismo e sostenibilità, siamo tutti d’accordo sul fatto che lo stesso modello economico capitalistico a cui rimanda la nostra società sia da cambiare. Ma il passaggio dalla teoria ai fatti eppure è molto difficile e si fatica a immaginare nuovi scenari di solidarietà. La stessa adesione alle regole, al distanziamento sociale, è riferita prima di tutto al proprio benessere individuale che alla protezione delle categorie più fragili. A nessuno è chiaro d’altra parte quanto il lato compassionevole del tessuto sociale troverà spazio nel prossimo futuro e a quali saranno le sue capacità spontanee di rigenerazione.

 

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