Costume

Cronache dalla quarantena. La scoperta del vinile

17 Aprile 2020

La lunga sequenza di vinili è stipata nel piano basso nel mobile in studio. Ieri sera Penelope ci si è seduta davanti, per terra, unica postura possibile per sfogliarli. È stata lì per ore, in videochiamata intima con l’amico conosciuto in quarantena. Dietro la portavetro chiusa, l’ombra della sua sagoma irrequieta e la voce del buonumore.

Il plasticone che copre il piatto della Yamaha è stato seppellito per anni da fogli, cavi e quadernetti di appunti, e l’ha liberato lei, spinta tra le spirali del vinile in queste settimane casalinghe.

Le piace postare il disco in accompagnamento manuale (sì, anche il vinile viene postato: ‘collocato al suo posto’). Procede presissima: solleva la testina col polpastrello dell’indice, il disco inizia a girare, con l’altra mano fa scendere obliquo il pelo tenero dello spazzolino, dal buco verso la periferia, quindi accompagna lenta la puntina fino al punto lucido. La cala con un leggero tremolio. Il friggere fulmineo. La musica.

Mentre Penelope era in fase di vanto e di scoperta, noi altri tre,sul divano, ci si era dedicati alla serie Unorthodox. Su quattro puntate, tre di botto. Una comunità di Brooklyn di ultraortodossi con le treccine e i loro riti che lasciano increduli, e pure incazzati. Una ragazza che scappa per non morirci. La passione ingenua e sfrenata in una Berlino aperta, giovane e diversa. I tentacoli del dogma che si allungano per riprenderla. L’eterno racconto del vivere o subire.

Tentacolo è una parola che mi salta facile al tasto. L’arto che simula un abbraccio per poi toglierti il respiro. Il tuo. La comunicazione permanente gli somiglia un po’.

Un puntualizzare/rilanciare/pontificare/esortare che accomuna le maschere dei media all’ultimo post dell’amico su fb. Per questo mi dedico alla cronaca del microcosmo umano; che almeno è vero, insindacabile, esclusivo. Che cazzo ve ne fate di un altro che vi riporta la notizia o l’infamia spacciata per tale? O l’ennesima inquadratura sul gran casino in corso, dove tutto è un chissàchilosa?

“Come cambia poco una sola voce/ nel coro del vento/ Ci si inginocchia su questo/ sagrato immenso/… Per orizzonte stelle basse/ oppure niente.”

Qualche info in meno, qualche verso in più, se vogliamo capirci, di più. Questi arrivano da ‘La pianta del thè’, l’ultimo album di Fossati del quale ho comprato il vinile. Poi è stato tempo di cd.

Intanto muore Sepùlveda, che per TGCom24 è l’autore di ‘Cent’anni di solitudine’. Cent’anni di oblio, per certe testate. O cento testate, dai, facciamo prima.

Per noi Luis è il cartone visto cento volte. Non avevamo gatti ma avevamo la Brigi di due anni che a un metro dal televisore incitava la gabbianella a buttarsi. A volare. Io tenevo le finestre ben chiuse. Non sai mai quanto la realtà combaci con l’immaginazione, in un minuscolo cuore.

Altra scomparsa quella di Lauro. Franco: sincero, trasparente. Un alto cerimoniere in stato febbrile. Perdutamente innamorato della narrazione sportiva. ‘La faccia di luna piena’, l’aveva apostrofato mia suocera. Complimento più vero e più bello non c’è.

Mi spiace non averglielo potuto regalare.

Stamattina ho quindi trovato la copertina con il faccione di Bob Marley sulla poltrona. L’unica che Penelope non ha messo a posto, forse perché vorrà sentirlo appena sveglia. È in piena fase ragga e lui è l’imprescindibile messìa. Avevo la sua età quando mi persi nella conca di accendini a San Siro.

Voglio sapere di più, e sbircio le copertine adagiate al plotone compatto: una con la bustina bianca che sbuca, l’altra la scritta laterale in alto. Sono le ultime prese in rassegna da Penelope.

Una è Low. Disco che non potrebbe apprezzare, così rarefatto e inquieto, dopato da Brian Eno. Ma c’è il bellissimo profilo di un Bowie dal ciuffo orange. Il disegno l’avrà fatta sobbalzare.

L’altro è ‘Non al denaro, nè all’amore, nè al cielo’. Ambizione più libera non si può. Quasi persa. Un disco che abbiamo postato insieme lei e io qualche giorno fa. Lo ascoltava seguendone i testi scritti all’interno, incuriosita dalle rime, semplici e impreviste, fino a quando mia moglie ha detto – Per favore, già sono stanca… – Traduzione del pensiero reale: “Che due palle, De Andrè!”

Ha le sue ragioni. Siamo tutti figli di umori ed esperienze uniche. ‘Non c’è colpa, nè scusa’. Insisto a citar poeti, e Fortini insiste a farsi trovare pronto.

Lo scarico lungo del bagno annuncia il primo risveglio. Penelope oggi riprende le lezioni video. Mi vede con in mano il disco di De Andrè.

– Lo conosce anche lui. Gli piace un sacco. Gli piace tutto de Andrè.

Meno male che li sento ridere, ogni tanto.

– Fino a che ora sei stata poi?

– Tranquilli… tipo le due. Gli ho fatto solo vedere un po’ di dischi che abbiamo.

Sono orgoglioso che li senta suoi.

– Ci intrippavano i disegni: le immagini delle copertine sono troppo belle! Beati voi.”

Beati voi lo dico io, ecchecazzo! Dovevo mettere da parte i soldi per arrivare a comprarmi un disco e ascoltarlo fino a rompermi i coglioni.

Ma la beatitudine è così, è sempre di un altro.

 

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