Costume
Cronache dalla quarantena. La pentola del cuore
A mia moglie piace così: la tapparella tutta giù, come una saracinesca. Perché dormire per lei significa chiudere il mondo fuori; forse dimenticarlo. Io poi mi sveglio a notte fonda e nel buio tomba c’è questa cazzo di luce sinistra e digitale della sveglia che mi attira e ammonisce, come un conto alla rovescia. Allora mi alzo e sollevo con tocco da violinista due righine della tapparella. E torno a respirare un possibile futuro. E a inseguire un altro frammento di sonno.
Sonno che si è interrotto anche stanotte, nonostante ieri abbia ceduto a condividere con la Brigi una delle sue ripetute tisane rilassanti. Falle tu, però, papi! Da fine febbraio il microonde fa il mulo, ha smesso improvvisamente di ruotare, pur continuando a far vibrare le molecole, e così le due tazze sono rimaste vicine e immobili come sposini di zucchero sulla torta nuziale.
Ho pensato a noi due, mia moglie e io, in quei tre minuti esatti. Trent’anni insieme.
Quando apro gli occhi la fila di minuscole palline è grigia, c’è nuvolo, ma almeno c’è vita. Infatti dalla cucina Penelope e sua madre stanno già discutendo animosamente. Intuisco che la questione sia il Gong che suonerà da lunedì. La madre è madre, ribadisce regole, impone ragione e prudenza. Penelope è il sasso scoccato da una fionda. L’accordo pare lontanissimo.
Alla pari di quello che si apre con la mia, di madre, attiva su whatsapp. Mi siedo sul water per il primo momento solenne della giornata e ci consumo insieme la nostra conversazione. O diatriba. Il confine è sottilissimo.
Deve fare la spesa. La vuole Esselunga. Però la farebbe volentieri lei. E ci sta, almeno sgambetta un po’, e si guarda intorno. Ok, ti porto io, verso le due di pomeriggio. Ma guarda che fanno tutti così, risponde, vanno tutti all’ora di pranzo e alla fine c’è più gente. Ovvio che voleva andare all’alba o giù di lì. Io però ho da fare stamattina, le spiego, non posso prima.
– Ah… va bene, allora…
I puntini diventano una decina, non la convince per niente che io abbia un impegno che non possa rimandare. Nel suo diagramma emotivo mi sta avvicinando alla zona Egoista, mentre lei scivola verso la Trascurata e Incompresa. Ma non posso cedere, e il mio silenzio suona imperativo. Ho sì un impegno, inderogabile, verso la mia disciplina e verso la manciata preziosa dei più fedeli di voi (se posso permettermi questa umile presunzione). Allora ti accompagno, riprendo io la conversa, tanto tu puoi entrare senza fila, e quando esci ti vengo incontro. E me ne sto in macchina a cazzeggiare beatamente, attratto come ogni volta dall’umanità in fila, curioso come un marziano. Ma questo lo tengo per me.
Invece non va bene, perché lei ha bisogno dell’acqua e devo sollevargliela io.
– Ma non possiamo entrare insieme.
– Non preoccuparti, sono anziana, non posso alzare pesi, glielo diciamo, vedrai che ti fanno entrare con me.
– Mamma, io non passo davanti agli altri in fila.
– Ah, come sei attento agli altri… E a me non ci pensi?
La barra Egoista lievita alla grande.
– Mamma, non conta quello che penso, ci sono regole che valgono per tutti. Quando sei nella zona dell’acqua ti fai aiutare da qualcuno che è lì: deve solo mettertela nel carrello.
– Ma se non trovo nessuno? Non ho voglia di andare in giro a chiedere aiuto…. Vabbè, allora io entro, comincio, tu fai la tua fila, e poi mi raggiungi. Alla cassa non posso farcela da sola, mi devi aiutare tu
– Proprio alla cassa non ti vogliono vedere in due, mamma. – ribatto, ma capisco che sia un punto dal quale sarà difficile ripartire. – Ok, dai, tra un po’ arrivo e vediamo – chioso.
Accetta, convinta che si farà come vuole lei.
Io ci sono stato domenica ore 13.30 all’Esselunga. Arrivo diretto all’ingresso, senza alcuna fila, e penso a una benedizione, o a un ignanno. Più al secondo, quando due donne mi fermano prima della porta vetro. Niente paura, Mau, vogliono solo spiegarti l’app contro la fila. Che però oggi non c’è, dico timidamente. È domenica all’ora di pranzo, mi rispondono, e tornano a ribadire le meraviglie scritte nel volantino. Quindi mi salutano con gentilezza clinica. Dopo la conferma della mia fase rettile, nella temperatura frontale di 35.3, mi rilasso ed entro come se fossei in visita al Museo. Chiedo dell’alcool e dei guanti di lattice a un dipendente, il quale, con le mani dietro la schiena scuote solo la testa: Scordateli!, la risposta muta. Però la torta di mele Cameo esaurita non me l’aspettavo. Credevo che almeno in quarantena, con il tempo delle cose fatte bene, a piegarsi alla torta preconfezionata fossimo pochi e reietti… Solo una parola, mi è dovuta, vostro onore Pasticcere: la farina esce da un sacchetto bianco, è vero, ma io elaboro la mia versione, che ha discreta fama tra gli Intimi.
Possiamo chiamarli così, più semplicemente, ‘Gli affetti stabili’?
Io amo liberamente, senza risparmio, tutta la mia parentela di primo sangue, e subito dopo quella portata in dote da mia moglie. Ma è diffuso e legittimo anche il sentimento opposto, di chi la stessa la vorrebbe fuori dai coglioni e dai cromosomi. Tutti troviamo in altre relazioni umane il necessario, o diverso, calore. Perchè la va inscì, la pentola del cuore devi metterla sul fuoco. Poi la fiamma la regoli tu.
In cucina ascolto il finale dello sfogo di Penelope, sui suoi ‘intimi’ necessari, gli amici che vive come una protesi di se stessa, e che se gli verrà impedito di vedere diventerà una fuorilegge. Non gliene frega niente delle regole (che in questa caso sono tentativi di infilare l’esplosione della psicologia umana in un libretto di istruzioni, N.d.A.). Qui siamo alla sopravvivenza.
Non intervengo, confido nella sua analisi a mente fredda, e a un sano compromesso. In questa fase due.
Mi stupisce però, visto il conflitto in corso, il sorriso pieno di mia moglie, che sembra il cielo di ieri all’imbrunire, smisurato dal vento, scolpito di piccole nuvole.
– Mauri, la lavastoviglie ha ripreso a funzionare!
Nessun filtro può resisterle. Lei fa sempre passare la luce.
– E non è finita. Ma io non c’entro niente, stavolta, ha fatto tutto da solo.
Infila una tazza con un po’ d’acqua nel microonde.
E lui torna a girare.
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