Costume
Cosa vuole dire “Buon Natale” per un non credente?
Mi hanno chiesto, con giusta provocazione, cosa vuole dire “Buon Natale” per un non credente? Che significato assume pronunciare questa formula rituale e riceverla in dono? Che senso ha passare questa giornata aggiungendoci una locuzione laica, che sembra davvero una scorciatoia borgese? Basta davvero porre in rilievo il proprio impegno civile per dire “Buon Natale”? Avere pensieri solidali, rispetto per gli altri, una buona dose di anticonformismo? Farsi prossimi a quella Chiesa che talvolta appare una gigantesca Ong? Sinceramente, non basta. E non basta neppure quel pauperismo che piace tanto a taluni non credenti proprio durante queste ricorrenze. L’invettiva contro il consumismo, la retorica, sì la retorica poverista, una certa ascetica propensione a non strafare nell’esagerazione festaiola, per quanto il Covid lo permetta, non basta. No! Non basta neppure trasformare il Natale in una tradizione culturale, popolana, profondamente insita in ognuno di noi, nati da questa parte della terra. Non basta. La domanda incalza. Chiederci “chi siamo” non è gioco filosofico, riempitivo domenicale, architettura psicanalitica. Privo della grazia della fede, non posso che scavare nel mio minuscolo sapere e cercare una risposta che tenga conto del mastodontico impianto antropologico, sociale ed anche affettivo che questa giornata sussume in sé. E dunque cosa vuole dire “Buon Natale” per me, privo della grazia della fede? Il riconoscimento che tale pronunciamento è riconducibile solo ad un fatto: all’avvenimento di Cristo, all’imprevisto che cambia la storia. Non posso non partire da questo presupposto davanti all’altro che mi pone il sacro come elemento distintivo cadenzandolo in questo giorno preciso. Tutto il resto è pura retorica, è abitudine e costume sociale. Da non credente posso solo riconoscere, rendere palese il mio passo caduco, vivendo all’interno di questa modernità secolarizza, lasciando che la domanda aperta sull’uomo e sul sacro, non mi permettano mai di cadere nel “buon natale laico”, ossimoro teatrale e surreale dei nostri tempi.
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