Costume
Ci eravamo illusi. Mi sa
Ci eravamo illusi. Mi sa. Gli ‘Anni di Piombo’ erano da poco passati. La copertina dello ‘Spiegel‘ con la pistola adagiata su un piatto di spaghetti a schernire, nel luglio del 1977, l’Urlaubsland Italien’, l’Italia terra delle vacanze, giusto un ricordo che iniziava a sbiadire.
Il Paese era quello della ‘Milano da bere’. Della moda che conquistava tutti i mercati. Del design inarrivabile. Del buon cibo. Del buon vivere. Del mondo che, dopo il ‘boom economico’ vissuto negli Anni Sessanta, tornava a guardare il Belpaese – allora – con gli occhi di ‘Vacanze Romane’ e de ‘La Dolce Vita’. Venendo da ‘ste parti a prendersi brandelli di ‘Chiantishire’.
La vittoria nel Mondiale di calcio spagnolo del 1982 la certezza che tutto era davvero a portata di mano. Paolorossi, scandito tutto d’un fiato, un lasciapassare universale e i campioni, d’ogni parte del pianeta, a fiondarsi da queste parti per calciare il pallone nel campionato più bello di tutti. Nel basket, giusto nel 1983, si ‘matava’ la Spagna per salire sul trono d’Europa e Milano, zeppa di campioni, volava a Milwaukee, nel 1987, per la prima competizione ufficiale tra squadre Nba e europee, con l’aria della franchigia a stelle e strisce capitata per sbaglio da ‘sta parte dell’Oceano.
Ci eravamo illusi. Eccome. Pensavamo di essere cambiati per sempre. Di avere abbracciato la modernità. Con i giovani a mettere il naso fuori dai confini, non con una valigia a cercar fortuna, ma per un’InterRail o per l’Erasmus. Diversi da prima, e parecchio. Con le aziende e il capitalismo familiare a trascinare il Paese al quinto posto, noi così piccoli, tra le potenze economiche internazionali. Convinti di essere qualcosa di meglio rispetto al passato: più aperti, più colti, più preparati e tolleranti. Ché i tempi duri erano alle spalle e il futuro fatto di magnifiche sorti e progressive. Non era manco tanti anni fa, quando ci eravamo illusi.
Imparato l’italiano in Tivvù con il maestro Manzi e il suo ‘Non è mai troppo tardi’, a recuperare – nei ‘favolosi Anni Sessanta – la fascia di popolazione adulta analfabeta, la cavalcata impetuosa delle reti televisive commerciali, rilanciava il profilo di un’altra Italia. Euforica, allegra che, a colpi di ‘Drive In’, tornava a ridere – in maniera più o meno sguaiata – strizzando l’occhio al domani. Non era manco tanti anni fa, davvero.
Invece, sarà la crisi – che doveva durare si, ma mica tanto, ed è ancora qui che morde – ma il Paese appare tornato indietro. Altro che modernità. Cupo, rabbioso, rancoroso: chi sosteneva che nel comune patire si potesse sprigionare una nuova solidarietà, per il momento è costretto a sospendere il giudizio.
L’Italia, che solo fino al 5 settembre del 1981 aveva nel codice penale il delitto d’onore e che pareva aver cambiato passo sembra ripiombata all’indietro in un quasi Medio Evo con oltre 80 donne uccise, in quello che viene definito ‘femminicidio’, dall’inizio di gennaio. Agghiacciante – dopo i numeri altrettanto raggelanti del 2015 – sia per il dato in sè, sia per la considerazione della donna e la sua indipendenza. Conquista. Ancora così difficile da accettare per tanti uomini. E non solo se un paese di provincia volta le spalle a una ragazzina e non al ‘branco’ accusato di averla violentata.
E ci eravamo illusi, sì. Anche all’alba degli Anni Novanta. Quando ‘Mani pulite’ e quelle monetine tirate con disprezzo a Bettino Craxi fuori dall’Hotel Raphael, parevano spalancare le porte – benchè in maniera decisamente poco ortodossa – a una nuova politica. Più trasparente, più etica. Lontana dai sotterfugi, dalla furbizia, dalle scorciatoie. A un ventennio abbondante di distanza, è chiaro che non sia andata così.
Gli italiani – malgrado l’illusione del cambiamento – sono rimasti incollati agli stessi ‘vizi’ o giù di li: il merito, le capacità, il rigore vanno poco di moda. La scaltrezza, l’arte del compromesso, la furbata, di moda non sono mai passate. Siamo giusto un poco più arrabbiati e disillusi. Vogliosi, di nuovo, di far cadere l’impalcatura comunque sia, ché tanto – così vuole la vulgata comune – quelli sono tutti uguali. Da noi e in Europa.
Ci eravamo illusi di poter guardare avanti con serenità e ottimismo. Facendo tesoro delle esperienze passate. Dei sacrifici e delle sofferenze vissute per risalire da un difficile Dopoguerra, prima, e dalla cupezza degli Anni Settanta, poi. Il dibattito sui fatti di Gorino, con una Nazione intera divisa e livida tanto nel prendere le difese degli abitanti della cittadina ferrarese o quelle delle donne e dei bambini migranti lì destinati, mostrano che c’è ancora da fare per trovare una via comune e ricucire un tessuto sociale lacerato.
Stracciato dalla crisi economica – e dalla paura che da queste discende – che ha acuito le disuguaglianze tra i cittadini e azzerato, se già non lo fosse, l”ascensore sociale’, fino a casi quasi paradossali. Negando prospettive – se persino un ministero invita imprenditori stranieri a investire da noi perché c’è una forza lavoro qualificata a basso costo – soprattutto ai più giovani. Che non a caso – cervelli in fuga o semplici braccia – se ne vanno. Disegnando un Paese, in cui, ormai, sono quasi più quelli che lasciano di quelli che arrivano.
Ci eravamo illusi di essere cambiati. Pure nelle piccole cose, come una sigaretta al lato della bocca. Sono i giovani italiani – mentre ovunque nel mondo i rischi legati al fumo fanno desistere migliaia di persone ogni giorno – quelli che in Europa fumano di più. Come se si fosse in una pellicola neorealista, quando i ragazzini – in bianco e nero – fumavano per sentirsi più grandi. Più duri e la ‘cicca’ era lì per confermarlo.
Accidenti se ci eravamo illusi. Mi sa.
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