Costume
Chiacchiari e tabbacchèri di lignu
Tolte le ovvie informazioni sanitarie – prescrizioni mediche, precauzioni da mettere in atto per evitare il contagio, indicazioni sulle cure, sulle modalità di ricovero, sulla quarantena ecc. – intorno alla pandemia non ci sarebbe, in un mondo non affetto da schizofrenia mediatica, niente altro da dire.
Qualche minuto al giorno di comunicazioni televisive o radiofoniche e un paio di post di una decina di righe su internet. Niente di più.
Al contrario, da nove mesi non si parla d’altro. Per dirne cosa? Nulla.
L’epidemia di Spagnola, nel 1918, provocò cinquanta milioni di morti (secondo alcuni, anzi, fino al doppio) fece, insomma, il suo sporco lavoro e lo fece meglio del coronavirus ma non risultano, agli atti, conseguenze per l’intelligenza collettiva lontanamente paragonabili alle attuali. A quella spaventosa catastrofe sanitaria non seguì la micidiale pandemia di chiacchiere che oggi sta annientando i cervelli molto più che i polmoni.
La società dello spettacolo è stata in grado insomma di trasformare un’emergenza sanitaria in un baraccone da circo.
Ciò che dovrebbe far riflettere non è dunque la pandemia sanitaria, che è una catastrofe naturale, alla stregua di un terremoto o di un’alluvione, bensì questa lebbra mediatica che ha ridotto a lumicino una capacità di riflessione autonoma già in condizioni problematiche.
Per dirla con Marx, il giornalista produce chiacchiere come il delinquente produce delitti.
Ambedue lavorano a maggior gloria del sistema, il secondo però con superiore buona fede e, in genere, senza ipocrisia.
Le chiacchiere, è chiaro, non possiedono senso né scopo: dilagano.
Nel loro flusso ininterrotto, però, seguono le pendenze del senso comune e finiscono naturalmente per raccogliersi nell’invaso dello status quo, ne innalzano il livello e tengono la riserva in sicurezza. Morte e malattia diventano argomento della chiacchiera alla stessa stregua dei gol di Ibrahimovic e del fidanzamento di Belèn. Ogni cadavere può venire quantificato in termini di audience e, in conseguenza, di denaro sonante; gli Angeli della Corsia diventano i protagonisti di una fiction sanitaria che persegue il canone del filone- Doctor House, The Resident, The Good Doctor, Grey’s Anatomy, E.R. ecc. – ma, grazie all’accelerazione consentita del tempo reale, che flette la realtà secondo la piega della rappresentazione, lo conduce ad un climax narrativo impensabile per una sceneggiatura tradizionale. Siamo già alla seconda stagione ma nessuno dubita che ne seguiranno altre.
Negazionisti? Scettici? Problematici? Fanno brodo esattamente quanto i catastrofisti. Sgarbi e Burioni, Montesano e Parisi, scienziati, virologi, esperti di minchiate e fancazzisti…tutti, alla stessa stregua, comparse utili al confezionamento della serie. Variano solo i compensi.
Impelagati come mosche in una ragnatela planetaria di profitti, compravendite, marketing e packaging solo gli imbecilli possono illudersi che qualcosa, da una partita di calcio a una pandemia, possa sfuggire al meccanismo del mercato. Ma esibire questi imbecilli come fossero fonti di inarrivabile sapienza rientra in una strategia complessiva che, del resto, non fa altro che perseguire i suoi automatismi e non ha bisogno di venire diretta né coordinata da nessuno.
p.s.
…da febbraio a ottobre sono trascorsi nove mesi.
Sarebbe stato un periodo di tempo ragionevole per cominciare a mettere mano al presidio della sanità pubblica: rafforzarne la struttura, incentivarne la presenza territoriale.
Se la “Sanità Pubblica” fosse in qualche modo nell’agenda del sistema mercantile. Ma la sanità pubblica non è stata smantellata per un errore di calcolo o per incompetenza contingente.
Lo è stata con cognizione di causa e per esigenze “produttive”.
Quando si mette a capo di una struttura sanitaria un “manager” e la si chiama “azienda” non lo si fa per migliorare la salute delle persone ma per incrementarne la funzionalità economica.
Ed è precisamente quello che è stato fatto.
Distribuire note di biasimo e medaglie d’encomio a questo o quel fantoccio di una qualche parte politica è ridicolo ma, ancora una volta, perfettamente funzionale alla diffusione di quelle chiacchiere che sono la manna del mondo iperattuale.
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