Costume
Cara Berlinale, un crimine abolire il sesso dai premi
E fu così che Carlo e Mariette, conversando amabilmente a distanza nei mesi a-sociali del Covid, immaginarono la morte del cinema, essendone tenutari per la parte Berlinale, ch’essi dirigono in coppia come direttori, uno artistico, l’altra esecutivo-finanziaria. Animati evidentemente da foga risarcitoria, in un tempo in cui il risarcimento sessista è alla base d’ogni rivendicazione, Carlo Chatrian, cinquantenne torinese, e Mariette Rissenbeek, sessantaquattrenne olandese, certificano che sulla prossima mostra di Berlino 2021 si abbatterà un Politburo che deciderà sui premi, eliminandone anima e profumo: non più migliore attrice e migliore attore, bensì più semplicemente “Orso d’Argento al miglior protagonista” (asessuato), che sia maschio, femmina, transgender o altre scoperte genetiche che nel frattempo la scienza potrebbe portare alla luce.
Perchè Carlo e Mariette commettono un peccato mortale, pur animati – mettiamo che sia così – dalle migliori intenzioni? Perché si prendono un diritto che nessuno ha loro concesso, nessun uomo, nessuna donna, nessun semidio, nessun dio. Tolgono bellezza. Una tensione alla bellezza che è l’anima di ogni congegno sociale, sotto forma di competizione culturale. Tolgono bellezza, anche all’estetica che sorregge le nostre piccole quotidianità, tolgono la possibilità ai meno culturalmente dotati di compartecipare a una festa che generalmente ha una sua selezione naturale verso l’alto. E invece quella cerimonia, quell’attendere che una giuria definisca l’attrice più brava del mondo (!), che in quel momento come per magia diventa anche la più bella (!), era una catarsi collettiva, una festa rigeneratrice, un’idea sorridente del mondo che si riconosceva in quel talento femminile. Solo per paradosso: ma togliere il premio al miglior protagonista (maschile) sarebbe stato meno clamoroso e meno criminale, di eliminare il genere purchessia.
Ma poi, cosa si intende dimostrare annacquando il sesso, che in questi anni la donna ha talmente riguadagnato terreno rispetto al maschio ch’essa è meritevole dunque di sparire dai premi? Oppure esattamente il suo contrario, che esistono ancora tali e tante differenze sociali, sperequazioni, dislivelli, discriminazioni, che allora con una nota di direzione in cui, anonimamente, si dice che questa decisione “è un segnale di una maggiore consapevolezza di genere nell’industria cinematografica”, si pareggiano i conti abolendo il genere invece che valorizzarne uno dei due, quello più svantaggiato? Comunque la rivoltiate, cari Carlo&Mariette, i conti non tornano.
Qualcuno già immagina la responsabilità della giuria con il nuovo corso. Si commenta in Rete: “E adesso come fai a dare l’Orso due anni di fila a un uomo?” Già, come si fa. Che lo meriti, poco importa. Toccherà essere sensibili a una certa alternanza, è inevitabile pensarlo, un pensiero che non è neanche una malizia, ma un semplice dato di fatto. Perché costringere le persone a un bilancino che non si meritano, decidendo sulla bellezza, sul gesto “atletico”, immaginando che l’attore sia anche un agonista.
Ma poi al fondo, il “crimine” di Carlo&Mariette è di carattere sentimentale. Ci avete tolto una cosa meravigliosa che era l’emozione indescrivibile dell’attesa, il gusto della competizione, il piacere di commentare un abito (che è solo l’abito di un attrice, il maschio non veste, indossa generalmente qualcosa che non sa). O pensate, nella foga risarcitorie appunto, che quando il P.U. (il Premio Unico del Politburo) sarà vinto da una donna, quel premio avrà il sapore di una grande rivincita nei confronti dell’altro sesso? Siamo ancora a questa piccolezza della storia?
Noi confidiamo ancora in una ribellione. Soprattutto da parte delle attrici, che sarebbero, secondo il disegno criminogeno dei direttori, le beneficate da questa decisione. “Noi vogliamo il nostro premio!”, ce ne fottiamo dei maschi, speriamo sia l’urlo Berlinale.
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