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Ansie moderne e dintorni – 1

22 Luglio 2020

C’è qualcosa d’insolito, o forse no, in quest’ansia contemporanea che il coronavirus, convitato di pietra non richiesto ma in qualche modo atteso, è venuto a incrementare. E quest’ansia si è aggiunta ad ansie e patologie precedenti, accumulatesi negli anni e mai veramente riflettute e curate, che si rimescolano e ibridano tra loro, generandone altre e mandando la logica in corto circuito e molte persone nel panico.

È il ribaltamento totale dei punti di vista: l’arma più affilata del covid-19, la più perniciosa, se vogliamo, ma anche la più ovvia. E questo capovolgimento è ancora più molesto perché non è una nube passeggera che si scarica, fa i suoi danni e se ne va. Non è nemmeno l’uragano Katrina, ben più di una nube passeggera, che di danni ne ha fatti parecchi, ma che è comunque ormai solo un ricordo. Sembra anche essere un nuovo terreno d’indagine per la psicologia, stimolatissima da nuove attitudini e complessi sviluppatisi in questi ultimi decenni ipertecnologici e bombardati da una quantità d’informazioni senza precedenti.

Il covid-19 è riuscito a fare una cosa che nemmeno un leader fantareligioso colle fantaprofezie della fantafine dei tempi sarebbe riuscito a fare; non ci riesce più manco il papa, oggi, forse solo alcuni parroci di provincia. Il covid-19 ha incusso il terrore. Un terrore concreto perché le persone si sono ammalate veramente, sono morti i propri cari, amici, conoscenti, spesso facendoli semplicemente sparire, senza neanche l’ultimo saluto, e chi è riuscito a scamparla ne porta ancora addosso i segni. Soprattutto il ricordo del soffocamento, della comunicazione impossibile attraverso le maschere, le visiere, l’appannamento; l’immagine della morte accanto a te nel letto accanto, la possibilità di morire senza poter rivedere il marito, la moglie, i genitori, i figli, gli amici; l’isolamento, col ricordo perpetuo dell’agguato di una fine, da un momento all’altro, mentre il respiro mancava e il proprio corpo si disfaceva, un corpo che magari fino a pochi giorni prima giocava a calcetto cogli amici, cantava in un coro amatoriale, faceva l’amore. Il terrore, insomma.

Chi ha fatto lo smargiasso e se n’è fregato quando poi ha avuto la sfortuna di contagiarsi e di peggiorare sempre più si è reso conto che con dei virus sconosciuti era meglio non scherzarci. Qualcuno di questi è morto. Qualcun altro, vedi Boris Johnson o Jair Bolsonaro, corteggiatori spavaldi dell’assenza di prevenzione, poi il covid se lo sono presi e Johnson se l’è vista brutta. Bolsonaro ancora non lo sappiamo, sempre che non sia una farsa per poi dimostrare che lui è invincibile, perché da un tale guitto ce lo si può aspettare. Di Bolsonaro sappiamo comunque che il suo comportamento è intenzionale, ossia che è evidente che per lui è fondamentale lasciar morire gli anziani per risparmiare sulla previdenza sociale, così come coloro che soffrono di patologie pregresse per non gravare sul sistema sanitario pubblico e, primi tra tutti, forse, i poveri, palla al piede e zavorra inutile per la società. Per una società come quella che vagheggia lui, quanto meno.

Questo in Europa non sarebbe possibile, o speriamo che sia così, nonostante il cinismo che chiede strada e che avanza, dimostrato soprattutto dai paesi che si dicono “frugali”. Sembra ancora di no, almeno in molti stati; ma in Svezia, nel Regno Unito e in altri che hanno adottato una blanda prevenzione decorata da una ridicola spavalderia, con risultati disastrosi, le posizioni potrebbero essere assimilate, alla fine, a quelle di Bolsonaro o di Trump. Gli europei, però, pur nella loro differenziazione culturale, hanno attualmente e per la maggior parte – i criminali esistono comunque e purtroppo anche in Europa – un concetto diverso della vita umana. Nonostante ciò molti cittadini preferiscono non rendersene conto perché l’egocentrismo del tutto e subito, spirito guida del consumismo, impedisce di vedere la vera faccia di quest’ultimo ovverossia la truffa che è. Quei cittadini, fan di quegli altri personaggi, hanno seguito il loro esempio ma essendo i fan totalmente anonimi rispetto all’oggetto della venerazione, non si saprà mai quanti sono rimasti contagiati e quanti sono guariti o deceduti seguendo i precetti delle star in questione.

L’ansia contemporanea di emergere sempre e comunque, di dare sfogo al proprio ego fino alle estreme conseguenze, pur rischiando la roulette russa, è stata alimentata e preparata da molto tempo. Non che codesta preparazione sia sempre architettata da qualcuno ma per buona parte consiste nel famoso effetto farfalla, cioè una conseguenza di atteggiamenti pregressi, impossibili da calcolare anche se in parte prevedibili attraverso la logica, pur se arricchiti da innumerevoli variabili. Soprattutto nelle società europee e dall’Europa derivate, delle Americhe e dei paesi dell’ex-impero britannico, la ricerca del benessere e della “felicità” (ben oltre la mera sopravvivenza dignitosa), così ben evocata nella Costituzione americana, spinge il cittadino a far di tutto per inseguirla, con ogni mezzo. Ma proprio con ogni mezzo. Per poi ottenerla o no è la sfida del gioco d’azzardo, ma si sa, chi non risica non rosica.

Rosicano però quasi tutti quando la svolta, che oggi è arrivata, anche se a percepirlo sono ancora in pochi, pochissimi, impone dei comportamenti e delle scelte nuove, ripensate, riadattate. Molti hanno pensato all’inizio della pandemia – e altri continuano ancor oggi – a pensare al confinamento, per esempio, come a un periodo di vacanza forzata. Un po’ come se fossimo stati costretti a fermarci in un rifugio d’alta montagna perché la funivia si è rotta e il meccanico, l’unico meccanico autorizzato, si è ferito alla gamba la sera prima e non è potuto venire ad aggiustarla per settimane. Nella mentalità corrente, per molti, il confinamento obbligato è quindi una noia momentanea, ma quando alla fine il meccanico aggiusterà la funivia tutto tornerà come prima. D’altro canto il messaggio iniziale era “Andrà tutto bene”, pertanto una rassicurazione per il bambino smarrito nel bosco che avrebbe ritrovato il sentiero per uscire dal buio e che il lupo non gli avrebbe fatto del male. Un siringone di speranza secondo i canoni della tradizione ecclesiastica della provvidenza, una di quelle frasi augurali da ricamare a punto croce sulle tendine della cucina di un appartamento Biedermeier o da tappetini di benvenuto davanti alle porte di casa. È una frase importante perché è stata scandita ad ogni occasione dai conduttori televisivi, dagli sportivi, dagli attori, come se bastassero queste tre parole a esorcizzare le paure di un virus occulto e malefico. “Che Dio ci aiuti”, esclamerebbe la suora Elena Sofia Ricci, frase che sarebbe l’equivalente di “Andrà tutto bene”, l’affidamento all’irrazionale. Ma l’uccellino ha mangiato le briciole di Pollicino e la strada per ritrovare casa si è persa nel bosco fitto.

La coscienza di una pandemia, comunque, non faceva parte delle nostre società moderne in quanto non se n’era mai presentata una così rapida e invadente e, soprattutto, con una scia di morti così spaventosa nei luoghi dove si è manifestata e continua a manifestarsi con maggior virulenza. Ed è avvenuto in un momento di globalizzazione tale per cui ognuno dipende dall’altro, spesso in maniera perversa, ossia in forma di dominante-dominato, in una narrazione della realtà dove ci sono sempre i soliti buoni e i cattivi. Mai era avvenuto che si vietassero le comunicazioni tra molti paesi, stilando liste con i sani e gli infetti, innalzando ipocriti e fasulli muri protettivi che, ovviamente, non fermano i virus. Mi viene in mente il film World War Z, grande metafora delle patologie mentali e comportamentali del nostro tempo, dove nemmeno un muro altissimo riesce a salvare Gerusalemme, ultimo e simbolico baluardo mondiale della sanità, mentre l’infezione continua a dilagare.

Un mondo globalizzato, dove ognuno può andare liberamente da un luogo all’altro, almeno col visto turistico (e quindi solo se ha i soldi per poter viaggiare), dove la circolazione di merci e di persone è la linfa vitale, se all’improvviso si chiudono i confini, collassa immediatamente. Ma una delle cose che collassa in maniera più evidente è soprattutto la percezione della libertà che hanno molti cittadini di quel mondo, i quali si sentono prigionieri in casa propria, magari all’inizio anche comprendendo che si tratta di un’emergenza, ma non immaginando che l’emergenza possa durare tanto a lungo. Proprio perché si è persa la percezione di una pandemia e dei problemi che ne conseguono, perché si è perso il ragionamento logico. Ragionamento che, naturalmente, è messo a dura prova da un’informazione ondivaga che proclama tutto e il suo contrario più volte al giorno e che, proprio per questa ragione, getta il pubblico in un grave stato di smarrimento e incertezza. E, come conseguenza, di affidamento all’irrazionale.

La paura di perdere le libertà fondamentali di circolazione e di assembramento circola immediatamente e quindi molti – anche irretiti da parlamentari un po’ fantasiosi e pittoreschi, di varie estrazioni politiche, ma soprattutto populisti e di destra, i quali facendo parecchio rumore si portano dietro diversa gente, come il pifferaio di Hamelin – pensano che sia tutta una macchinazione da parte dei governi (o della Spectre di 007) per limitare sempre più i movimenti della gente e controllarla perfino nei minimi dettagli. In diversi, tra questi personaggi, immaginano, nel parossistico controllo delle popolazioni operato da spettrali figure nazionali e sovranazionali, addirittura micromicromicrochip nascosti negli ipotetici vaccini quando saranno pronti e altre amenità degne della fantascienza di stampo anglosassone. Alcuni tra i governi centrali sono quelli che vengono individuati come i nemici della libertà, soprattutto quelli occidentali perché il modello di democrazia più democratica di tutte viene ritenuta l’Europa, almeno su questo pianeta. Nella Galassia non lo so, bisognerebbe chiedere ad Asimov, buonanima. Così le opposizioni, soprattutto quelle di destra, cavalcano la rabbia più o meno latente o esplicita dei tempi odierni contro le limitazioni, dicendo che c’è un complotto in atto per togliere le libertà a tutti senza però fornire una ragione plausibile, ossia spiegare perché un paese dovrebbe buttare sé stesso in un abisso, affossando la propria economia e i propri cittadini. Ma cosa si guadagnerebbe e soprattutto chi ci guadagnerebbe? La sola idea che la vita non possa tornare a essere la stessa di prima, con tutti i consumi di prima, con tutti gli sprechi di prima, se si facesse un minimo di riflessione, non risulterebbe ammissibile, proprio perché il mantra ipnotico era “Andrà tutto bene”, in forma acritica e fideistica. Ed ecco che, improvvisamente, chi ha imposto quelle regole rigide per difendere i propri cittadini da un virus sconosciuto e pericoloso viene percepito – proprio da chi invece si rispecchierebbe perfettamente in una dittatura ma si traveste da opposto – come un tiranno che vuole rinchiudere i cittadini e fare il suo comodo, viene dipinto come il diavolo, mentre, naturalmente le forze di opposizione sono il bene. Esattamente il contrario di ciò che ha fatto Bolsonaro (o Trump), i veri dittatori, con risultati visibili a tutti: liberi tutti, contagiati tutti, molto “democratico”.

Un’attitudine come questa si affaccia, per esempio, in luoghi come la Spagna, dove, se nel resto del paese le norme sono più o meno accettate e comprese, pur tra le mille difficoltà del momento, in Catalogna, vigendovi culturalmente e storicamente un odio viscerale verso lo stato centrale, il governo della regione ha ritenuto che affievolire le misure di sicurezza, anticipando la data della riapertura di dieci giorni, il 21 giugno anziché il 1° luglio, fosse la cosa migliore da fare, probabilmente perché i catalani non possono sentirsi non liberi di andare dove vogliono e quando vogliono; soprattutto se a dirlo è un’ordinanza di Madrid. Forse perché la percezione di un controllo centrale è per loro intollerabile, perché loro pensano a sé stessi come a un popolo in catene, sfruttato, maltrattato, dissanguato, che vive in condizioni disumane, mentre i dominatori castigliani li affamano e li depredano di ogni loro bene (da notare che la Catalogna è, o forse era, la parte del paese col benessere, o ciò che si intende come tale, più elevato, altro che schiavi incatenati). E quindi il confinamento forzato forse viene visto come una manipolazione della realtà da parte di una Madrid ladrona, fulcro di tutti i mali, e allora non bisogna scontentare il popolo della Catalogna. E così, in Catalogna, riaprendo qui e là, si aprono nuovi focolai epidemici un po’ dappertutto. Così come se ne aprono anche in altri luoghi dove l’insofferenza alla cautela dettata dall’egocentrismo e dall’irresponsabilità vince. E anche dove vince il profitto sulla prudenza, come nei mattatoi e nelle aziende zootecniche dell’irreprensibile e ipocrita Germania o in quelle agricole dove lo sfruttamento di manodopera a basso costo implica anche assenza di precauzioni e superficialità. Perfino in un momento difficile per il mondo come questo.

Ed ecco perché anche negli USA, dove la democrazia dovrebbe essere di casa più che altrove, avendola inventata loro con la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 (perennemente disattesa da ciò che gli USA sono stati e continuano a essere nella Storia), il confinamento viene visto da buona parte del popolo come una limitazione fondamentale della libertà, libertà che in quel posto bizzarro comprende anche il poter comprare le armi per “difendersi” e poter sparare a chicchessia se ci si sente in pericolo o se si individua il pericolo in qualcuno che non la pensa come te o ha la pelle di diverso colore. Pensiamo solamente cosa sarebbe successo se la propensione del Capitano a liberalizzare le armi fosse passata e se lui fosse stato ancora ministro dell’Interno durante la pandemia. Viene la pelle d’oca. Non è un caso che gli USA siano il paese del mondo che ha contratto più contagi e che abbia la lista di vittime del covid-19 più nutrita in assoluto, con gente impazzita che spara qua e là o che minaccia istituzioni colle armi perché non vuol rimanere confinata. Oltre ad essere ancora nel pieno della pandemia senza alcun accenno a una diminuzione, complicata da rivolte interne in tutta la confederazione. Molti statunitensi hanno bisogno di essere sempre i primi della classe, si sa, anche questo è un bel grappolo di patologie mentali ben concimate in quello strano paese.

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