Costume
Accoglienza straordinaria per la nazionale del Marocco
Ieri sera, le strade di Rabat, erano invase da una folla straordinaria. Il motivo era l’arrivo in Patria della nazionale di calcio che, con il suo quarto posto ha segnato una tappa storica non solo per il calcio del Marocco ma dell’Africa intera. I “Leoni dell’Atante ” hanno suscito un nuovo interesse per il calcio, ma soprattutto hanno brillato mostrando i valori universali che costituiscono la forza del modello marocchino, sotto la guida lungimirante di Sua Maestà il Re.
Sono stati capaci di mostrare al mondo l’audacia, la forza di convinzione, la disciplina, la solidarietà e l’altruismo. Accanto a questo anche il rispetto per gli altri e ai valori della famiglia. Questo modello di vaolori universali è stato evidenziato più volte attraverso l’effervescenza e le celebrazioni provocate dalle vittorie del Marocco in questa Coppa del Mondo, da Tel Aviv a Gaza, dal Cairo a Parigi, passando per New York, Parigi o anche Dakar e Khartoum.
Sono ancora vive le immagini del senso di appartenza della nazionale di calcio, mentre in modo compunto e convinto, ascoltava l’Inno nazionale. Le belle fotografie che immortalano i giocatori con le loro madri oppure la preghiera di ringraziamento al termine di ogni partita.
Oggi il mondo, attraversa una fase difficile della sua esistenza. Ovunque si odono i rumori della guerra, troppo spesso i valori fondanti della società vengono messi in discussione da un atteggiamento laicista . La nazionale del Marocco, non ha indossato fasce o compiuto gesti particolari, ma ha ugualmente testimoniato i valori fondanti della società.
Come potremmo dimenticare, Sofiane Boufal – centrocampista dell’Angers e della nazionale Marocchina, che dopo la partita contro il Portogallo abbraccia affettuosamente la madre. Un gesto, innocente, ma al contempo rivelatore della centralità della famiglia, e soprattutto della donna nella cultura arabo marocchina. Un immagine che, per gli studiosi della Storia del Marocco, richiamano alla mente le grandi donne della storia di questo Paese. Donne come Sayyida al-Hurra, o la più celebre Fatima al-Fihriyya fondatrice della moschea e dell’ Universita di al-Qarawiyyin nel 859.
Ma anche giocatori come Walid Cheddira, un ragazzo nato in italia e di doppia cittadinanza italiana e marocchina, emblema della comunità marocchina nel nostro paese. In lui si dovrebbero riconoscere i tanti marocchini di seconda o terza generazione che vivono, studiano e lavorano nel nostro Paese. Walid, rappresenta quel pezzo di nuova Italia, alla quale guardare con fiducia, proprio mentre la penisola attraversa il suo peggiore “inverno demografico” . Egli, infatti, è la speranza di una società migliore ed inclusiva. Una comunità dove l’origine dei genitori serve da ponte con la nazione di adozione . Ovvero rappresenta un processo di inclusione, non di assimilazione . Concetti spesso richiamati da chi deve gestire l’immigrazione ma, profondamente diversi. Infatti, il primo significa un modello che permette alle culture di conoscersi mentre il secondo nega , in un assurdo nichilismo ogni forma di diversità.
Il successo della nazionale di calcio, che ha innalzato il profilo del Regno del Marocco, ha generato un interesse senza precedenti per la cultura marocchina, il patrimonio storico, il dialetto marocchino (a cui sono stati introdotti in Qatar cittadini di diversi Paesi), nonché per il potenziale economico e turistico, le prospettive di investimento e le infrastrutture, in particolare quelle calcistiche, che hanno spinto il Marocco in cima alla lista dei Paesi più ambiti in vari campi. Guardiamo con interesse la prossima coppa del mondo di calcio per club che si disputerà nel Regno dal 1 all’ 11 Febbraio sarà una occasione per riflettere, per creare ponti come solo lo sport e la cultura sanno costruire
Marco Baratto
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