Costume

A 300 all’ora nell’Antropocene

11 Marzo 2022

A 300 all’ora nell’Antropocene

L’aumento della velocità massima delle automobili è una metafora della Grande accelerazione del degrado del Pianeta


 

Nel 2022 ricorre il cinquantenario di un anno memorabile, quello della fioritura della consapevolezza social-ecologica dell’umanità. Mai come nel 1972, infatti, furono poste tante pietre miliari per l’avvio di una transizione eco-sociale planetaria.

In quell’anno, infatti, fu pubblicato lo studio per il Club di Roma The limits to growth (I limiti alla crescita) di Donella Meadows e altri. Tradotto in decine di lingue e venduto in decine di milioni di esemplari, lo studio contribuì al risveglio delle scienze e delle coscienze sull’impossibilità di raddoppiare a oltranza tutto ciò che fabbrichiamo.

Nello stesso anno si svolse a Stoccolma la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano (UNCHE), seguita da altri due summit mondiali eco-sociali dell’Onu: nel 1992 a Rio de Janeiro (UNCSD) e nel 2012 a Città del Capo (Rio + 20). Nel 1972, furono creati il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, UNEP e i primi ministeri dell’ambiente, oggi duecento. Furono fondati i primi partiti verdi, oggi cento. Fu fondata Greenpeace, oggi la più grande associazione eco-sociale del mondo.

 

L’accelerazione del degrado planetario

In mezzo secolo cosa ha ottenuto questo slancio riformatore? I dati statistici parlano chiaro: al di là di alcuni progressi locali nei paesi ricchi, da cinquant’anni il degrado planetario accelera, come indica il nostro avvicinamento a molti dei nove “confini planetari” (“planetary boundaries”, Rockstrom 2009). Le statistiche, però non impressionano tanto quanto le esperienze personali. Ne voglio raccontare una. Di recente un collega mi ha accompagnato in città con la sua splendida vettura. In fondo al tachimetro leggevo 320 km/h. Il reddito del collega è alto, ma non più di quello di centomila altri italiani. Il suo bolide, quindi, può essere considerato un «lusso di massa». Lo stesso vale per le motociclette da 300 all’ora. Dopo una corsa – per così dire – nel traffico urbano a 30 km/h, mi sono posto alcune domande.

Con Google ho scoperto che in cinquant’anni la velocità massima dei bolidi stradali è passata mediamente da 180 a 320 km/h, con un’accelerazione dell’80 per cento. Anche molte vetture di massa hanno aumentato velocità e potenza. E, soprattutto, il numero delle vetture nel mondo è quintuplicato. Inoltre, i progressi di efficienza dei motori sono stati più che compensati dall’ipertrofia delle vetture, dalle maggiori prestazioni e dall’enorme aumento del numero dei veicoli. Infine, la velocità massima di quasi tutte le automobili è diventata uguale alla velocità massima che cinquant’anni fa raggiungevano solo i bolidi stradali.

Con Google ho trovato anche che in mezzo secolo la concentrazione di CO2 nell’aria è aumentata del 20%, con un’accelerazione mai vista nella storia umana. L’accelerazione è la cifra della nostra epoca perfino su scala planetaria

 

“La città è una giungla. Dominala”

Gli effetti ecologici diretti di centinaia di migliaia di bolidi stradali e di altrettante motociclette sono già gravi. Molto maggiori, però, sono i loro effetti indiretti. La concezione di molte vetture di massa, infatti, e le loro réclame si ispirano in parte al mito dei bolidi. A rendere attrattive le vetture «maggiorate» ci pensa poi il marketing: “La città è una giungla. Dominala”, dice una réclame. Rispetto alle vetture più diffuse, un bolide stradale consuma più del doppio di energia ed emette il triplo di CO2. Eppure, un quotidiano ha titolato “Sostenibile ed etico” un articolo su un bolide da 320 km/h, 700 cavalli di potenza (come nove Fiat Punto) e 300 grammi di emissione di CO2 per chilometro (come tre Fiat Punto). I bolidi da corsa raggiungono oggi i 360 km/h, mentre una volta arrivavano al massimo a 180 km/h. Eppure, un alto funzionario ha assicurato che presto renderà la Formula 1 “sostenibile”. Questo presunto impegno ecologico ed etico dell’industria dell’accelerazione è «avvalorato» in Italia perfino dal ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani che, appena prima di diventare ministro, lavorava nel consiglio di amministrazione di Ferrari, per promuovere – ha detto – la «sostenibilità» (e le vendite, dico io) dei bolidi da strada.
Tra gli effetti indiretti dei bolidi stradali c’è anche la legittima comparazione delle persone tra i propri piccoli risparmi ecologici e gli altrui enormi sprechi. Perché un cittadino dovrebbe risparmiare po’ di energia, quando altri ne fanno scempio?

Negli ultimi decenni, lo avrete notato, molte vetture di massa sono diventate più veloci, potenti, pesanti, voluminose, aggressive. Le loro «facce» sono spesso ostili. Nel 1972, per esempio, le «facce» delle vetture di massa – pensate a una Fiat 500 – sorridevano. Oggi molte vetture sono minacciose, come se dovessero affrontarsi nella «giungla della città». Dagli scappamenti dei bolidi, dei giganteschi SUV e fuoristrada esce oggi un ruggito roco, modellato da ingegneri del suono. Quando i bolidi più agguerriti sgommano ai semafori, dai loro scappamenti esce a volte un raglio assordante e un lapillo di fuoco, programmati dagli psicologi del marketing.

 

La materia prima di un’automobile sono le emozioni, non le lamiere.

L’automobile è l’invenzione che più ha cambiato la faccia della terra. In più di un secolo essa ha influenzato il modo di vivere e di morire di miliardi di persone e il loro consumo di energia e di materiali, nonché l’inquinamento, la salute, l’urbanistica, l’edilizia, il paesaggio, le guerre per il petrolio. L’automobile è quindi un buon «termometro» della civiltà dei consumi e della mente dei consumatori. L’automobile, infatti, non è solo automobile. È status, potere, potenza, velocità, competizione, bellezza, seduzione, desiderio, sogno, sperpero, dissolutezza. È secondo questi fattori che le vetture sono concepita dal marketing, il vero mandante dell’irresponsabilità stradale. La materia prima di un’automobile sono le emozioni, non le lamiere.

 

Auto da 300 km/h. Limite di velocità di 130 km/h. Traffico urbano a 30 Km/h

Eppure, già negli anni ‘70 fu proposto – per motivi ecologici e di salute pubblica – di abbassare i limiti legali di velocità sulle strade e – soprattutto – di autorizzare la costruzione solo di veicoli conformi ai limiti. Che senso ha, infatti, fabbricare vetture da 200 o 300 all’ora quando il limite di velocità è di 130 km/h ed il traffico urbano si muove a una media di 30 Km/h? Se cinquant’anni fa fossero stati adottati limiti di velocità ecologicamente ragionevoli, da decenni il parco macchine mondiale sarebbe più ecologico, economico, sicuro e leggero. Il suo peso complessivo, per esempio, potrebbe essere di uno e mezzo miliardi di tonnellate, invece che di due miliardi e mezzo, come ora.
In effetti, usare una flotta di vetture sovradimensionate è come usare un furgone per trasportare una borsa della spesa. Una flotta di vetture moderate avrebbe fatto risparmiare dal 1972 non solo tante vite umane e tante tonnellate di materiali e di petrolio, ma anche migliaia di miliardi di euro, che avremmo potuto investire in tecnologie per energie rinnovabili, in scuole, in salute e in edilizia popolare.

 

“La Grande Accelerazione” della demolizione del mondo
Da mezzo secolo l’accelerazione della società industriale somiglia all’accelerazione dei bolidi da strada. La macchina mondiale della produzione e dello spreco è sempre più veloce. Negli ultimi due secoli (l’era dell’Antropocene) il valore dei parametri della rovina ecologica mondiale sono cresciuti sempre più rapidamente. Negli ultimi cinquant’anni, però, la curva del loro valore si è letteralmente impennata. Per questo “La Grande Accelerazione” è il titolo che lo storico John McNeill ha dato al suo libro che esamina la recente dinamica della demolizione del mondo.

 

Riformare il macchinario tecnico del pianeta in un pochi anni?

Quella mia lenta corsa urbana a 30 all’ora su una vettura da 320 all’ora mi ha fatto riflettere sulla credibilità dei governanti dell’ultimo mezzo secolo e di quelli attuali. Se in cinquant’anni essi non hanno voluto fare una riforma così modesta come la riduzione dei limiti di velocità sulle strade e soprattutto dei limiti tecnici di velocità delle macchine, come potranno essi riformare in un paio di decenni l’intero macchinario tecnico del pianeta? L’accelerazione tecnica dei veicoli è un segnale della dinamica dissipatrice della nostra civiltà. Se presto non constateremo una «grande decelerazione» dei bolidi di lusso e dei veicoli di massa, non credo che sarà possibile conseguire una «grande decelerazione» di tutto il resto.

* Già docente invitato di sviluppo sostenibile al Politecnico federale di Zurigo

 

Questa è una versione modificata di un articolo uscito su Extraterrestre / il manifesto il 10 marzo 2022

 

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