Benessere
Coronavirus, capitalismo e ambiente
Questo evento tragico, che sta causando lutti, mettendo in crisi sistemi sanitari ed economici dei paesi di mezzo mondo, alimentando le nostre paure e stravolgendo i nostri stili di vita, rappresenta un fenomeno epocale ed una esperienza totalmente nuova per la gran parte di noi.
Il Coronavirus (Covid-19) sta mettendo alla prova non solo il sistema immunitario delle persone colpite, ma anche i sistemi di autodifesa e perpetuazione delle nostre società e dei nostri modelli di sviluppo. Nelle ultime settimane i media sono stati affollati da riflessioni, considerazioni, saggi sulle possibili implicazioni di questo virus su tutti gli aspetti della nostra vita che vanno al di là della tragica emergenza sanitaria: economici, sociologici, politici, filosofici, psicologici e ambientali.
Da convinto ambientalista vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto e cioè su cosa questa immane tragedia potrebbe insegnarci o aiutare a cambiare rispetto ai temi ambientali. Molto è stato detto, anche su questa piattaforma, circa le possibili “tracce positive”.
Io ne intravedevo una, di queste possibili “tracce positive”, ma mi sembra già eclissata da tutti i propositi, nazionali ed internazionali, su tutto ciò che si dovrà fare nel post-Coronavirus per poter tornare al più presto a perseguire gli obiettivi di crescita illimitata. Io vedevo, in questa immane e non voluta sciagura, la possibilità di debilitare un altro organismo estremamente pericoloso, che è il capitalismo becero e spregiudicato che sta portando il nostro pianeta al collasso e alla totale perdita del senso di equità. Lo sappiamo, riecheggiano gli appelli di Papa Francesco, di Greta e del suo movimento, della comunità scientifica, che tuttavia non è ancora massa critica. Per molti tra quelli che perlomeno hanno coscienza di questo, resta un pensiero fastidioso da relegare tra le cose non urgenti, quelle che si possono posticipare. La catastrofe ambientale procede in silenzio, qualche chilometro cubo di ghiaccio che si stacca dall’Antartide o dalla Groenlandia, qualche decina di specie estinte, un’estate torrida e siccitosa, un’alluvione, incendi che distruggono milioni di ettari di foresta, ma molto lontano da noi, e così via. Nulla che abbia a che vedere con l’urgenza e l’immediatezza che questa pandemia ha provocato: è come confrontare una malattia cronica (la crisi ambientale) ad una acuta (il Coronavirus), ma entrambi rappresentano una minaccia per le nostre vite.
Al di là degli effetti immediati che il Covid-19 sta provocando, della riduzione delle emissioni di gas serra, della riduzione dei consumi, della doccia fredda sulla isteria globalizzatrice, la mia recondita speranza era che potesse portare ad una presa di coscienza sul fatto che si può vivere con meno, con meno materialità. In questo periodo così surreale, molti di noi acquisiscono coscienza di cosa sia certamente importante (un buon servizio sanitario, i servizi sociali, il lavoro, l’istruzione, la socialità ed un ambiente integro) e di cosa invece si possa fare a meno.
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