Governo

Ciò che perdura in noi

31 Dicembre 2023

Per la notte di san Silvestro, in cui si brucia la vecchia o il vecchio, dipende se sia un anno bisestile (il 2024 lo sarà) o no, ricordiamo le attitudini più significative del 2023.

Oggi, per esempio, finisce l’anno immortalato esattamente cento anni fa (1923) in un’inevitabilmente enigmatica poesia di Jorge Luis Borges, Final del año:

Ni el pormenor simbólico

de reemplazar un tres por un dos

ni esa metáfora baldía

que convoca un lapso que muere y otro que surge

ni el cumplimiento de un proceso astronómico

aturden y socavan

la altiplanicie de esta noche

y nos obligan a esperar

las doce irreparables campanadas.

 

La causa verdadera

es la sospecha general y borrosa

del enigma del Tiempo;

es el asombro ante el milagro

de que a despecho de infinitos azares,

de que a despecho de que somos

las gotas del río de Heráclito,

perdure algo en nosotros:

inmóvil.

 

Né il dettaglio simbolico

di rimpiazzare un tre con un due

né la metafora infeconda

che convoca l’attimo che muore e quello che nasce

né il concludersi di un processo astronomico

perturbano e scavano

l’altopiano di questa notte

e ci obbligano ad aspettare

le dodici irrimediabili scampanate

 

La vera causa

è la congettura ordinaria e nebulosa

dell’enigma del Tempo,

è la perplessità davanti al miracolo

che, a dispetto di casualità infinite,

a dispetto del fatto che siamo

le gocce del fiume di Eraclito,

qualcosa perduri in noi:

immobile.

L’immobilità del tempo è qualcosa d’inaccettabile per chi, come noi, vive. Ma, se ci pensiamo bene, quest’attimo fuggente del cambio della data non è altro che una convenzione che ci serve per scandire il ritmo biologico che il ruotare del mondo ci impone come abitanti viventi di questo pianeta. E, ha ragione Borges, siccome non ci bagnamo mai due volte nella stessa acqua come diceva Eraclito, abbiamo l’illusione che il tempo scorra.

In realtà saremmo immobili anche perché, secondo la legge di Lavoisier, nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, in un sistema chiuso. Noi siamo come i reagenti e i prodotti, pur mescolandoci restiamo gli stessi, in soldoni, anche se le trasformazioni ci sembrano qualche cosa. Il pessimismo di Borges, o, meglio, la sua contemplazione dell’ineluttabilità delle cose, non deve però far rassegnare all’inerzia. Un sistema chiuso è uno scrigno, con tutto quello che c’è dentro, ma al suo interno si avverte comunque una mobilità. Ed è su questa mobilità che si può agire, combinando i vari elementi in una maniera almeno piacevole rispetto alle combinazioni che vengono proposte dall’alto e che comportano effetti in maggior parte sgradevoli.

Una combinazione da abolire, per esempio, è quella assai nociva di questa maggioranza di governo, dove l’alchimia è peggio del laboratorio di un piccolo chimico che fa esperimenti e non produce che l’idrosolfuro di ammonio, puzzolentissimo. Oltre a trasformazioni biologiche impensabili come quelle da genere femminile a maschile, come abbiamo appreso recentemente dalla prima pagina di Libero e che riguardava l’attuale Presidente del Consiglio. È vero che l’Italia è la patria del trasformismo ma questa proprio non ce l’aspettavamo. Sarà l’ultima sorpresa del 2023 o prima della mezzanotte ne avremo altre?

Chi ha la mia età e forse qualche anno in più ricorderà Dalida e Caterina Caselli che cantavano la canzone Nel 2023. La versione italiana era di Daniele Pace, che aggiunse “Nel 2023 l’uomo avrà smesso di lavorare”. Beh, ci ha quasi preso, dal momento che la disoccupazione è a livelli assai alti, profezie bizzarre.

L’originale era di Rick Evans che la scrisse ben quattro anni prima ma che insieme a Danny Zager (il gruppo si chiamava Zager and Evans) la ritirò fuori nel 1968. Nel giro di un mese, tra giugno e luglio 1968, balzò dal novantacinquesimo posto al primo in classifica, con un successo incredibile. Il trionfo sembra che fu determinato dalle radio del Texas che la trasmettevano di continuo, ombreggiando i successi dei Beatles e di Elvis. In inglese il brano s’intitolava “In The Year 2525”.

Nel 2023, 23

se il mio cuore batterà, non lo so,

ma troverà qualcosa che

lo farà batter più di te.

Così cantavano Dalida e Caterina Caselli.

Nel 2023 ciò che ha fatto battere il cuore degli italiani è stata l’ansia. L’ansia di avere perso molti treni, visti fuggire senza che nemmeno aprissero le porte. Oddio, qualche treno è pure arrivato in ritardo e ha fatto scendere in stazioni secondarie dei ministri della Repubblica anche se non avevano diritto. Ma i treni importanti, quelli che avrebbero condotto veramente nel futuro, sono sfuggiti.

Cosa farà battere il cuore degli italiani nel 2024 non è veramente così chiaro. Di certo la stufenza, perché le formule utilizzate nel 2023, dalle guerre in atto ai soprusi dei governi sui loro cittadini, non possono che provocare stufenza. L’anno della stufenza delle confusioni, per esempio, diremmo basta all’insistenza di questa destrissima nella persecuzione di chi lotta per una più democratica parità non solo di generi ma di diritti, soprattutto diritti ai servizi che un vero stato democratico non può né deve negare, come assistenza sanitaria e fiscale, secondo le direttive della Costituzione. E la stufenza si potrebbe manifestare, per esempio, alle elezioni europee, dove si dovrebbe, a qualsiasi costo, impedire a queste destre becere e ignoranti di avanzare. Ma la stufenza è indirizzata anche a chi, all’opposizione, non sa ancora organizzarsi, buttando via gli orpelli e le persone che hanno impedito una reale crescita di valori e di strategie (magari travestendosi da rottamatori incapaci di distinguere cosa rottamare realmente) e così scrivere un manuale di sopravvivenza per il futuro. Nulla, proprio non servono come stimolo nemmeno le malefatte di un anno di governo dove le cose distrutte sono inevitabilmente maggiori di quelle costruite, e, anzi, si dovrebbe far presto presto perché le ultime sono totalmente assenti od omeopatiche.

Finora il governo incaricato dagli italiani non ha fatto altro che distruggere, distruggere, distruggere. Soprattutto distruggere una speranza, mal riposta, appunto, di quegli stolti che, votando Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, pensavano a una svolta in positivo. Ma si sa che l’idiota Švejk non può che combinare disastri proprio a causa della sua mente semplice e priva di qualsiasi possibilità di ragionamento che non sia l’esatto contrario della saggezza.  

Almeno, stolti che non siete altro, evitate di andare a votare per le europee, stavolta. Forse si conterrà il danno dell’avanzata delle destrissime.

Altri propositi per il 2024 proprio non saprei indicarne. Siate più buoni e cercate di non far danni ulteriori che già ci pensano i cerchi magici di questo governo (cognati d’Italia, i Verdinis come i Sopranos, et cetera), sulla strada spianata dai cerchi magici degli altri predecessori. Cerchi su cerchi, come in una danza derviscia, che non portano a nulla perché partono dal nulla.

Tanti auguri.

 

1 Commento
  1. Che bella la poesia di Borges. E quanto vera. Ma non direi che sia la “stufenza” la passione dominante prossima degli italiani. Sarà, invece, penso, la secolare abitudine all’adeguamento, l’adeguanza, nostro vertice virutoso o vizioso, a seconda dei punti di vista, che attraversa tutti i secoli della nostra storia, compresa quella dei Romani.

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