Cibo

London Calling. Zuppa di Carciofi e Calamari, Insalata di arance

20 Gennaio 2018

Ivass è partita nel pomeriggio del 22 dicembre con un volo di sola andata per Londra e non ritornerà. L’avevo conosciuta la sera di cui ho raccontato nell’ultimo dei miei appunti di cucina possibile. Per lei sono seguite, nell’ordine, una curiosità abbastanza forte da farla restare e un’intesa sufficiente  a farle immaginare in Italia un nuovo lavoro, amici, una casa. Incoraggiata da una presenza amica su cui contare. Poi la realtà. Cioè questo Paese complicato, vite inevitabilmente già ipotecate, come tutte quelle dei grandi, mesi allegri ma senza contorni e la mancanza di una prospettiva riconoscibile che a un certo punto alle persone serve. Infine l’epilogo sotto le luminarie, nel tardo pomeriggio di giovedì 21 dicembre. Ci dovevamo vedere per un aperitivo, incastrato nelle serate prenatalizie milanesi per organizzare spesa, preparazioni preliminari, cotture e messa in tavola del Pranzo del 25. Era stata lei stessa a pretendere il decimo posto a tavola, ma anche a candidarsi per la tre giorni e mezzo di fumo, litigate, vino e cucina che portano all’una e trenta del giorno di Natale. E invece poi, davanti a un St Germain Spritz in un bar di Via Piacenza, Ivass ripassava le parole con cui abbandonarmi. Dopo venti minuti ad ascoltarmi con lo sguardo trasparante, mi ha interrotto mentre illustravo le ipotesi per il terzo antipasto, i gamberi rossi crudi con zenzero e olio d’oliva, dicendo “Gerineldo, devo dire una cosa. Ho anche preparato due parole, ti prego non mi interrompere.” Ero persino un po’ sollevato, finalmente la trasparanza dello sguardo stava prendendo un nome.

“Vai, ti ascolto” ho detto io.” Domani torno in Inghilterra per sempre. Anzi no, lascio l’Italia per sempre e per un periodo che non ha scadenza torno in Inghilterra. Se sarà per sempre si vedrà. Ho deciso la settimana scorsa, mi sono convinta dopo avere constatato che due valigie e quattro telefonate, Paolo dell’amministrazione dello studio, Jenny la padrona di casa, Silvia a cui tengo lezioni di conversation e la famiglia Busi con cui vado a camminare, sono abbastanza a lasciare l’Italia in maniera definitiva e senza che nessuno si risenta. Capisci che è un po’ poco dopo dieci mesi a provarci senza riserve con il lavoro, le persone, i vicini? E’ vero, nei rapporti con gli altri cerco sempre un po’ di meraviglia, di stupore emotivo anche minimo, perchè la socialità sorridente che occupa solo tempo mi svuota. Un po’ ne sono quindi responsabile di questa vita impalpabile, ma ho trentanove anni, ho già vissuto in paesi stranieri e ti posso dire che dopo dieci mesi intensi un luogo, se è il tuo luogo, può dare di più. Non ti ho omesso. So che ci sei e con te c’è il groviglio di attrazione che provo per il tuo mondo, ma è a malapena  il tuo. Un equilibrio instabile e insensato di dedizione a chi ti circonda, che passa per la cucina e l’inseguimento.”

Non so dire se fossi più triste o incredulo, certo una decisione così argomentata con sentire e ragione non ammetteva obiezioni sensate. Forse con una battuta, avrei potuto chiederle se si stesse ritirando perchè spaventata all’idea di tagliare e arricciare le puntarelle la mattina del 25. Ma ero troppo triste. E triste le sorrisi. E lei che triste doveva già esserlo da prima, mi rispose con una contrazione imbarazzata delle labbra, poi per uscirne, credo, aggiunse spontaneamente “ti prego non discutiamo se quello che ti ho detto sia vero o falso. Facciamo che sia semplicemente giusto e io in buona fede.”

Avrei avuto decine di spunti per argomentare, ma da qualche tempo mi attengo alla regola di fare solo metà della strada che serve a incontrarsi. E anche a quella di non immischiarmi in questioni di cui non posso assumere la responsabilità. Per cui a quel punto la baciai sulla guancia e le dissi solo “capiscimi, non potrei accompagnarti all’aereoporto, ma fai buon viaggio e fammi sapere se ti serve qualcosa”, poi uscii con la testa che rimbombava di tutti i miei pensieri. La mattina successiva mi raggiunse un whatsapp. Bip! Con la richiesta di sbrigare un paio di faccende minime, chiavi, spazzatura e frigo da svuotare, poi più nulla per quasi un mese fino a venerdì scorso verso le tre.

Bip! Fa il telefono mentre passeggio per via Crema. “Ciao. Come va? Mi mancano le cene e le persone a cena e le cose che si mangiano a cena in Italia.” Whatsappava dal suo numero inglese. Un po’ come quando si chattava, messaggi brevi e in successione, mentre io al contrario tendo a rispondere come quando si scrivevano le lettere. Sequenze lunghe; dal come stai ai saluti.

Bip! “Questa sera viene Charlie e nel gennaio di Londra mi ha chiesto di prepararle qualcosa che sia in grado di darle il gusto di quel mediterraneo in cui sono precipitata per tutto lo scorso anno.”

Ero per strada, mi sono tolto il guanto e ho risposto subito “Ciao, sto normalmente. Tu lo scorso anno sei stata a Milano e il Mediterraneo qui non c’è. Poi scusa se te lo dico, tu non sei mai stata roba mia, ma c’è un’igiene anche per i rapporti ambigui. Le ricette per Charlie leggile su un libro di Jamie Olivier che sono scritte direttamente per essere preparate in Inghilterra o su di lì.” Invio

Bip! “Mi piacerebbe molto che mi aiutassi tu. Con qualche idea. E’ da te, non da Jamie Olivier, che sono andata a lezioni d’Italia. Charlie è la mia amica Charlotte, dovresti conoscerla dai miei racconti. Se ricordi lei è scozzese e di tanto in tanto viene a trovarmi. Vista da Glasgow, Milano in termini di cucina è molto più che sul mediterraneo.”

Faccio finta di niente per la gaffe, mi sento in colpa per la risposta seccata, mi vergogno per la gelosia, e sono contento di sentirla. Con nonchalance rispondo “omaggerei Stefania Giannotti, una signora che vent’anni fa ha scritto con le sole parole libri di cucina come oggi si scrivono i blog mettendoci foto, video, testi e ambientazioni. Delle storie di vita cucinata.  Io ho regalato, comperandolo direttamente da lei,   il suo – Zucchero a Velo e il ritorno di zucchero a velo – ad almeno dieci persone.” Invio.

Bip! “Ricordati solo che sono a Londra e che siamo in due a Cena.”

“Le ricette per due persone non esistono. Quattro con qualcosa che avanza è l’unità di misura minima, a parte l’insalata e le cose che si preparano in pezzi singoli, tipo il filetto o il branzino. Qui comunque devi fare una Zuppa di Calamari e Carciofi, seguendo la Giannotti, a cui segue per rinfrescare un’ insalata di finocchi e arance. Un medio supermercato londinese avrà tutto. Segui queste indicazioni, ti mando un paio di messaggi, non interrompere con risposte che si inframmezzerebbero facendomi perdere il filo del discorso..” Invio.

Zuppa di Calamari e Carciofi. Per quattro.” Invio

Gli ingredienti: quattro carciofi e otto etti di calamari. Surgelati si trovano ovunque e vanno benissimo, purchè tu abbia l’accortezza di scongelarli, anche al microonde, prima di trattarli. Due spicchi di aglio, due cucchiai di pane grattato, un cucchiaino di rosmarino fresco tritato e un cucchiaino di maggiorana, (fresca se c’è, altrimenti secca, ça va sans dire ). Importante: un litro circa di brodo di pollo o altro brodo leggero di carne. Se poi riesci a fare un brodo vegetale saporito, prego… Volendo anche parmigiano o grana grattugiato. Ovviamente sale, pepe e olio di oliva.”  Invio.

Procedimento. Pulisci i calamari: togli l’anima trasparente, separa le teste, pulisci l’interno sotto acqua corrente. Quindi taglia il corpo del calamaro a rondelle e le teste in due o quattro. Ora i carciofi: taglia le punte, sbuccia i gambi, elimina fino all’ultima le foglie fibrose esterne. Poi fai ancora un giro e assumiti il rischio di buttare foglie buone: ha conseguenze molto meno fatali per la zuppa, rispetto a dimenticarne qualcuna troppo fibrosa. Taglia ora ciascun carciofo in otto e mentre procedi immergi gli spicchi in acqua acidulata con limone, non aceto, sarebbe troppo forte per il loro futuro di zuppa.” Invio.

“Fai imbiondire l’aglio, aggiungi il pane secco grattugiato e mescola bene. Poi aggiungi calamari, carciofi e copri con il brodo, non tutto, quanto basta, quindi fai cuocere per quaranta minuti. Poi assaggia e regola di sale e pepe, unisci il cucchiaino di rosmarino e la maggiorana. Fai riposare per un’ora e aggiungi poco formaggio grattugiato prima di servirla. Io lo metto direttamente nei piatti, perché se ne avanza è meglio conservare quella che resta in pentola o surgelarla senza formaggio. Fine primo tempo.” Invio.

Insalata di arance con finocchi, la seconda portata per dare, insieme a carciofi e olive nere, il gusto di mediterraneo che vuole la tua amica scozzese.”Invio.

Ingredienti. Questa volta si per due, è un’insalata. Due arance, un finocchio non troppo grosso, una manciata di olive nere al forno. Quelle che voi si chiamano greche e da noi palermitane. Un cucchiaio di pinoli, mezzo limone spremuto. E i soliti sale e olio.” Invio.

Procedimento. Taglia il finocchio in due e quindi riduci ciascuna metà in finissime fettine, mettile in acqua per lavarle e mantenerle fresche. Denocciola le olive e tritale molto grossolanamente. Fai tostare i pinoli in una padella antiaderente, quando imbruniscono mettili in un piatto. E queste cose possono essere anche preparate un po’ prima e aspettare l’ora di cena. Le arance no. Appena prima di servire l’insalata pelale a sangue e tagliale in cubetti. Poi prepara l’insalata. Per ragioni coreografiche metti prima i finocchi, poi le arance, le olive e i pinoli. Quindi aggiungi il sale, l’olio e il succo di limone, valuta tu se tutto il mezzo limone o meno, dipende da quanto sarà succoso. Ovviamente dopo che avrai servito e Charlie avrà detto – Che bello! – Mischia bene il tutto prima di mangiare. “ Invio.

“Ecco qua, questa potrebbe essere una cena credibile.” Invio.

Bip! ”E che musica ci ascolto?”, fa lei, ricordando la mia sistematica ossessione per le compilation e le canzoni da cucina, cercando così, attraverso il ricordo di un’intimità, un po’ di perdono a colpe che non le attribuisco. Un po’ di rimedio al male che mi ha fatto andandosene. Non mi sento sollevato, ma le rispondo, “Per te che cucini, Nick Cave & The Bad Seeds, I do, dear I do. Non si trova nemmeno su Spotify, cercala su YouTube. Per la cena con Charlie che è scozzese farei una compilation dei Baustelle, tipo quella che ascoltavamo qui e che comprende L’ultima notte Felice del Mondo e Amanda Lear…”

 

 

 

 

 

 

 

 

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