Cibo
La Guida 2018 alle Osterie d’Italia di Slow Food
Dopo aver parlato della Guida ai Ristoranti d’Italia 2018 de L’Espresso e della Guida ai Ristoranti d’Italia 2018 del Gambero Rosso, ci occupiamo oggi della Guida 2018 alle Osterie d’Italia di Slow Food.
Le osterie, secondo Slow Food, sono luoghi «dove non solo si mangia bene ma si sta bene. Luoghi popolari dove le grandi materie prime del territorio sono proposte in piatti che guardano a tradizioni antiche a un prezzo accessibile a tutti. Luoghi fatti innanzitutto di persone e di storie», luoghi dove le tradizioni vengono riproposte in tutta la loro essenza, con poche o nessuna concessione alla contemporaneità (è il caso delle osterie tradizionali) o si accompagnano a un’innovazione che non sia eccessiva e sensazionalistica (è il caso delle osterie moderne). Quest’anno la Guida segnala 1616 osterie in tutta Italia, 275 delle quali contrassegnate con il simbolo della chiocciola che indica i locali che incarnano meglio il modello di osteria (le regioni con più chiocciole sono la Toscana e il Veneto, entrambe a quota 26), e le nuove segnalazioni rispetto all’anno scorso sono 176. Nell’introduzione alla Guida i curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni si interrogano su come vorremmo che fosse la cucina delle osterie d’Italia, e la risposta è «questa cucina è fatta di semplicità, è priva di barocchismi, di eccessi di lavorazione e di contorsionismi che hanno il solo fine di stupire. È una cucina che mette al centro il gusto e gli ingredienti, una materia prima scelta e valorizzata con attenzione […] Questa cucina italiana che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, sottolinea le differenze e non si piega alle mode. Una cucina equilibrata e sempre riconoscibile. Una cucina che non può ignorare il contesto nel quale opera e per questo non solo è buona ma ci racconta di luoghi e persone». Quindi una cucina genuina e “ruspante”, senza voli pindarici e concessioni a ciò che fa gourmet, una cucina che sia buona, pulita e giusta, tanto per citare il titolo di un libro del fondatore e presidente internazionale di Slow Food Carlo Petrini, titolo che è diventato negli anni un vero e proprio slogan. Nella guida, che viene presentata in copertina come un «Sussidiario del mangiarbere all’italiana», va lodata la scelta di inserire delle sezioni dedicate alle tipicità enogastronomiche di alcune regioni (come ad esempio i trippai di Firenze, le osmize sul Carso in Friuli Venezia Giulia e il mangiari di strada in Sicilia), mentre nelle schede dei locali – che contengono informazioni relative all’indirizzo, al numero di telefono, ai giorni di chiusura ecc. – si sente fin troppo la mancanza dei siti internet.
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