Cibo

La campagna del grano: chi si accontenta del Buondì e chi vuole un Mondo Buono

26 Settembre 2017

Iniziano le scuole e allora gli studenti diventano il target stagionale. I corredi, gli zaini, i grembiuli e loro, le protagoniste, le merendine.
Sempre più varie, sempre più gustose, sempre più leggere.
È uno scatenarsi di asteroidi e di mugnai ormai pensionati. A proposito che tristezza l’abbraccio tra una controfigura (preso di spalle) e la nuova protagonista dello spot, della storia.
Le chiavi scelte dalla comunicazione sono molteplici, ma sempre le solite. Si va dall’ironia (con annientamento della mamma che guarda i fiori) e la figlia volutamente antipatica, all’atmosfera bucolica ma rivista.
Non si è fatto in tempo a metabolizzare il “nuovo” linguaggio, il messaggio di freschezza, anticonvenzionale, che Banderas viene mollato.
Basta, finito, bisogna cambiare aria, cambiare campagna.
La sfida, la gioventù, il fango, ma anche il nuovo, ma anche il buono, ma anche i sorrisi, ma anche l’intraprendenza, ma anche la veranda strafighetta, ma anche l’expertise, ma anche la gioia.
Ma quanti ma anche ci sono? Tutto dentro i 30 secondi. Cos’è uno spot elettorale? “Avanti”

Linguaggi diversi, ma stessi sapori. Tutti hanno osannato, criticato gli spot. Nessuno, o molto pochi, hanno analizzato gli ingredienti, cosa c’è dentro i prodotti. Da dove arrivano le materie prime?
Un esempio molto semplice, quasi didascalico è quello fornito dal Mulino bianco, ma anche dalla Barilla.
Gli ingredienti sono al centro del messaggio. Pasotti e Favino (i volti eternamente emergenti del cinema italiano) sgranano le spighe sotto un meraviglioso, azzurro e limpido, cielo italiano. Il nostro cielo.
L’insistenza sugli ingredienti è maniacale, e qual è l’ingrediente principe di pasta e prodotti da forno?
Il grano.
Ma il grano utilizzato è italiano? Il particolare è importante, vista l’idealizzazione della famiglia italiana, da sempre pilastro della comunicazione dell’azienda.
Quella famiglia famiglia diventata un’iperrealtá (per dirla con Baudrillard) per quanto ha occupato le nostre sinapsi.
Potenza dei social, ho scritto al Mulino, alla sua pagina FB,
(Gavino Sanna non avrebbe mai potuto immaginare tanto) e ho chiesto se il grano dei loro prodotti fosse 100% italiano. Sottolineando che, anche se fosse straniero ma di buona qualità, non c’era un motivo per non dirlo. È infatti cosa nota che l’Italia importa grano perché quello prodotto in casa non è sufficiente al fabbisogno.

Il Mulino (Banderas se ne era già andato) mi ha risposto che loro sono attenti, che ci sono gli esperti. Ma non mi ha detto se la materia prima è italiana. Anzi mi ha rimandato a un sito in cui si rivendica l’utilizzo di latte della pianura padana e del centro Italia, ma sul grano niente.

Siamo intrappolati in una realtà che qualcuno è convinto di interpretare e invece finisce solo per mostrarci come siamo: superficiali e affascinati dal lieto fine. “Dalla gioia che il buon cibo può portare”.

Insomma, viviamo in una fiction ambientata in Maremma e non ce ne siamo accorti.

PS io i biscotti del Mulino li mangio e mi piacciono

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