Religione
Caro Renzi, quale cultura? Occidente e Islam, le basi di una convivenza
I recenti fatti accaduti a Parigi il 13 novembre 2015 portano alla ribalta una questione culturale di proporzioni gigantesche lasciata per troppo tempo alla mercé dei Salvini di turno e che, invece, meriterebbe un approfondimento serio da parte di tutti noi, italiani ed europei. L’integrazione culturale è stata affrontata, fino ad ora, in maniera assolutamente inadeguata e c’è da scommettere che, arrivati a questo punto, l’Europa sarà pronta in tempi molto brevi a rimodulare le politiche di accoglienze, di integrazione e mobilità. Tuttavia è di vitale importanza che lo si faccia partendo da una solida base culturale, una priorità non più rinviabile, sebbene andasse messa in cima alla “lista di cose da fare” già all’indomani dell’11 Settembre. Il Daesh potrebbe essere presto smantellato, e sarebbe soltanto una questione di tempo se non pendesse la scure di interessi contrastanti tra gli stati: il califfato non dispone dei mezzi economici, militari e umani necessari a fronteggiare sulla carta un’unione di forze militari così imponenti, sancita addirittura dal placet del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Eppure nemmeno la sua capitolazione porterà alla risoluzione di questa spinosa controversia che sta scuotendo le coscienze di tutto l’Occidente, lo si può affermare sulla scorta dei risultati prodotti da 15 anni di guerre, tra lotta al terrorismo ed esportazione della democrazia, una concatenazione di eventi drammatici che ha portato alla generazione del proclamato Stato Islamico. La guerra, qualunque piega dovesse prendere, non scioglierà il nodo culturale in quanto una parte piuttosto significativa di devoti al fanatismo islamico è nata e cresciuta in Europa. Morto un Daesh se ne fa un altro.
Presupposti per il dialogo
Sarebbe pertanto auspicabile cominciare a stabilire dei seri presupposti per un dialogo che vadano oltre la condanna delle violenze. In un recente intervento, il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha ribadito l’impegno del Governo sul piano culturale. Già, ma quale cultura? E, inoltre, in che modo è possibile instaurare un dialogo con il cosiddetto islam moderato? Oriana Fallaci, sebbene non avesse affatto ragione con la sua analisi profusa all’indomani dell’11 Settembre, proprio sulla scorta del fallimento della dottrina Bush, ha comunque individuato elementi veritieri tracciando il ritratto tipo dei fondamentalisti che vivono in Europa, mettendone in luce gli aspetti irrispettosi e per niente concilianti. Seppure le sue considerazioni vennero estese in toto ed in maniera estrema a tutto il mondo islamico, se si accetta l’idea che l’islam moderato sia una realtà con la quale dialogare, si deve anche riconoscere l’esistenza di credenti radicali, non necessariamente terroristi, che comunque abitano nelle nostre città vivendo nel rifiuto della civiltà occidentale. E’ un fatto che numerosi fedeli musulmani siano presenti sul nostro territorio da decenni, come lo è anche l’avversione da parte di alcuni di loro per le differenze religiose, un dissenso che spesso sfocia in uno spregio palesemente esibito. La tolleranza alle diversità implica un principio di reciprocità non solo dal punto di vista giuridico, ma soprattutto morale. Se questa volontà viene meno, va da sé che qualunque sforzo di integrazione si rivelerà vano.
La questione si complica constatando l’impossibilità di instaurare un confronto con un’autorità precisa che possa, sebbene nelle sue contraddizioni, rappresentare unicamente il mondo islamico, o quanto meno più figure che sappiano separare l’uso propagandistico del fondamentalismo dai precetti della fede. Anche i vari imam possono avere visioni divergenti tra loro e non sulla base di scismi, bensì sull’interpretazione dei testi: non è un caso che molti condannino le violenze gratuite dei giorni scorsi, mentre tanti altri non hanno invece nemmeno nascosto di abbracciare ideali conformi a quelli del Daesh; di conseguenza, non deve suscitare alcun stupore se ci si chiede della loro compatibilità o meno con la civiltà occidentale. Non esiste una forma organizzata o ufficiale di islam moderato con cui dialogare, non vi è nemmeno una organizzazione internazionale fondata e composta da musulmani in grado di farsi interprete di certe posizioni e che funga da guida per coloro i quali non credono nei fondamentalismi.
L’importanza della cultura cristiana in Occidente.
A questo punto bisognerebbe non solo approfondire la conoscenza del mondo islamico, ma anche comprendere e riscoprire i capisaldi del pensiero occidentale senza darli per scontati, altrimenti quando si fanno riferimenti alla cultura qualsiasi parola pronunciate sarebbe destinata a rappresentare il vuoto
o, peggio, una posizione di comodo che di certo non porterà alla sua conservazione e neppure ad un suo rilancio. In una prospettiva che intende essere totalmente laica, non si può disconoscere il valore del cristianesimo, non in quanto fede, bensì come forma mentis. Sebbene il cristianesimo abbia le sue differenze e le proprie divisioni, nelle sue varie declinazioni continua a preservare una matrice comune che permette la convivenza delle diversità. Riconoscendo che anche in alcune comunità religiose, come quelle dei protestanti e dei calvinisti, dove non vi siano leader spirituali che rappresentino a livello mondiale la propria visione alternativa dei Vangeli, bisogna ammettere che queste, nell’era contemporanea, non hanno comportato alcuno scontro di civiltà. Il luteranesimo, per esempio, che nacque da una critica profonda e trovava la propria ragione su basi storiche tutt’ora persistenti, non ha mai intaccano o messo in discussione la laicità degli stati, ancor meno cercato di imporre a tutti il proprio credo, negando la possibilità di professare fedi diverse.
Un fattore per nulla trascurabile che risiede nei protestantesimi è, inoltre, il riconoscere che essi stiano alla base della mentalità capitalistica, dottrina sulla quale si è basato il sistema economico occidentale per secoli, così come afferma Max Weber ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Ecco perché il cristianesimo è una forma mentis intrinseca in molte convinzioni occidentali, malgrado gli sconvolgimenti dovuti alla globalizzazione. Ad esempio, supponendo che tra i lettori di questa riflessione vi siano degli atei, essi riuscirebbero a concepire la propria esistenza in una famiglia poligama composta da un uomo e più donne? Personalmente, da credente non praticante, lo ritengo impossibile, ma consapevolmente attribuisco tale idea ad un retaggio culturale insito nella nostra civiltà da secoli. Sarebbe pertanto inutile demonizzare il nostro retroterra culturale cristiano in nome della laicità. Si può abbracciare qualunque credo oppure nessuno, ma chiunque sia nato e cresciuto in Italia, in Germania, in Polonia o in Bulgaria sa che “di norma” in questa parte del mondo, l’unione realizzata dall’amore avviene tra due persone. Se anche volessimo escludere il cristianesimo andando ancora più indietro nel tempo, nel tentativo di tenere fede al nostro laicismo, potremmo prendere come esempio il mito greco delle due metà, il quale forniva una spiegazione anche all’amore tra omosessuali. Cristianesimo e mitologia greca sono archetipi dell’inconscio collettivo, così come sosteneva Carl Gustav Jung, pertanto basi insostituibili della civiltà occidentale.
Pregni di cristianità sono anche numerosi nazionalismi europei e i loro riflessi sulle lingue che toccano anche le letterature nazionali. Il discorso qui si fa assai diversificato, ma è sufficiente ricordare come la traduzione della stessa Bibbia da parte dei luterani giocò un ruolo fondamentale nella formazione della cultura nazionale tedesca. E in Italia? La questione linguistica nazionale, ben prima della nazione, venne affrontata da Dante il cui legame con la religione cristiana è fortissimo. Che cosa sarebbe la Divina Commedia senza cristianesimo? Quando nelle scuole viene insegnato Dante, in nome delle varie sensibilità religiose che potrebbero comporre una classe, sarebbe mai possibile accettare un’eventuale protesta, o peggio, un rifiuto da parte delle famiglie musulmane seguendo l’assunto che il caposaldo della letteratura italiana possa essere un’opera eretica? E’ bene ricordare che, nella Commedia, Maometto viene collocato da Dante nella bolgia dei seminatori di discordia, pertanto il profeta di Allah viene visto con accezione assai negativa dal Sommo Poeta. L’Italia e l’Europa non possono fare a meno di Dante, sarebbe oltraggioso dover rinunciare a uno straordinario genio letterario, a un caposaldo della nostra cultura in nome della “laicità”. Questo sarebbe un colpo troppo duro alla nostra identità, probabilmente mortale. Allo stesso tempo non si può fare a meno dell’immigrazione per ragioni storiche, demografiche ed economiche e non possiamo chiedere nemmeno l’annullamento delle altre culture, ma nessuno tra quelli che vengono in Europa ha il diritto di predicare la violenza dichiarando di voler annientare della nostra civiltà. La battaglia culturale comincia da qui, dal riconoscimento di questo principio. Se non si comprendono le ragioni storiche e culturali dei paesi ospitanti, se ci si chiude nella propria cultura e non si cerca un terreno comune di convivenza, il dialogo non sarà possibile. Il cristianesimo e, in Italia, il cattolicesimo non possono essere percepiti come offensivi, denigratori o pericolosi per chiunque voglia venire da noi, in quanto verrebbe irrimediabilmente a mancare qualunque base di reciprocità. Che ne sarebbe della nostra arte, della nostra architettura, della nostra storia? Ecco perché, prima di parlare di cultura o di annunciare qualunque investimento a favore di questa, se fossi il Primo Ministro di questo Paese, mi incazzerei e fare traboccare la mia ira a reti unificate nell’apprendere che in una scuola elementare fiorentina, per non urtare la sensibilità dei non cattolici, sia stata cancellata la visita prevista ad una mostra intitolata Bellezza Divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana, dove il tema principale è il rapporto tra arte e spiritualità. Non è forse cultura questa?
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