Società

black friday: il venerdì nero dello stato sociale

8 Dicembre 2019

Dai e dai ce l’abbiamo fatta, abbiamo comprato su piattaforma più di tutti, frantumato ogni record, abbiamo regalato a Bezos un Blackfriday da sogno.

E anche prescindendo dai lavoratori costretti ai ritmi letteralmente disumani (magazzinieri o driver poco cambia, così è quando comanda l’Algoritmo), o dal massacro a colpi di clic a cui è sottoposto il commercio al dettaglio (si desertificano i piani strada di interi quartieri, progressivamente città, ci si lamenta per il decoro urbano, la piccola criminalità, si vota destra, non funziona, si vota ancora più destra), resta il fatto è che venerdì scorso gli italiani hanno dato vita a una straordinaria distrazione di risorse dalle casse dello Stato.

Già, perché sembra che Bezos (e le altre disruptive piattaforme) di pagare le tasse proprio non ne vogliano sapere. E, dunque, anche se come privato cittadino risparmi i tuoi piccoli sporchi euro (che per carità con i tempi che corrono), come contribuente e membro di una comunità (locale, nazionale) non stai proprio facendo la più intelligente della scelte  (disclaimer: se immagini che con i tuoi quattro soldi risparmiati e dunque sottratti al welfare pubblico tu possa comunque permetterti gli stessi servizi pagandoli privatamente, stai sbagliando e di grosso amico mio, i brit insegnano).

Detto questo, anche se non lucidissima, la scelta resta legittima, ci mancherebbe, siamo o non siamo nel libero mercato, ma se spendi e spandi la tua (futura!) tredicesima tra venerdì nero e lunedì cibernetico, ci sono almeno tre cose che invece non puoi proprio più fare, ovvero:

Lamentarti dello stato in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale, dal momento che stai per l’appunto legittimando e, bada bene, attivamente sostenendo un’operazione multinazionale che non versa un euro per il suo sostegno (altro disclaimer: è questo il business model!). E, dunque, di buon grado, mi spiace ma ti tocca pagare privatamente e tacere, tacere e pagare (e, ovviamente, sperare di avere sempre comunque i soldi per permetterti le cure necessarie).

Sempre per lo stesso motivo, una seconda cosa che proprio non puoi più fare è scandalizzarti per i risultati degli studenti italiani (veri o falsi che siano) nei test PISA, Invalsi o vattelapesca. Più in generale, non puoi più criticare la condizione in cui versa la Scuola pubblica italiana, che si tratti di età media dei docenti o di crepe nei muri, non puoi proprio, mi dispiace, tu nel venerdì nero hai scelto di non contribuire al bene comune.

Infine, una terza cosa che proprio non puoi fare è stigmatizzare il modo in cui la gente pensa, si comporta, scrive, vota. E non lo puoi fare perché stai togliendo risorse alle due principali forze che hanno tenuto insieme questo disgraziato Paese dal dopoguerra a oggi: la Scuola pubblica come principale agente di mobilità sociale (non a caso l’ascensore italiano è ormai bloccato da anni) e uno schema di protezione dai rischi universale ovvero valido a prescindere dalle condizioni economiche, professionali, culturali.

Se ancora non lo hai capito, le piattaforme non solo si nutrono di disuguaglianza (ti senti povero -> consumi robaccia fingendo non lo sia -> un giro su instagram e ti accorgi che è robaccia -> ti senti ancora più povero -> consumi e via all’infinito ), ma, non contribuendo fiscalmente al welfare pubblico (disclaimer: i regalini di Bezos alla scuola sono marketing ma non risolvono un solo problema), concorrono attivamente alla sua creazione (eccola qui la famosa disruption su cui a sinistra si è sbavato per anni).

E tu, consumatore infelix, che ti piaccia o meno, a ogni venerdì nero sei complice di questo massacro.

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