Società
Arrivano i buoni
Il poema di quella giovane e bella ragazza nera, Amanda Gorman. Al giuramento del Presidente del mondo occidentale. La leggo. E mentre snocciolo quei docili incitamenti e le buone intenzioni mi suona in testa il ritornello di quella canzone che spaccò anche fuori dai nostri confini, giusto venti anni fa: “Dimmi tre parole: sole, cuore, amore…” Una riesumazione inconscia, quindi senza alcuna intenzione dissacrante. Non volevo, è successo. In fondo ebbe un gigantesco successo, alla pari del componimento che si vuole poetico della Gorman. Con tanto di polemica sui traduttori, reputati adatti solo se neri e giovani. Il popolo afroamericano ne ha i coglioni gonfi, di secoli mai spenti di odio e suprematismi, e quindi prendo tutto come utile alla causa. Però suggerisco, per restare al ‘gusto’ americano, di ascoltare ‘America’ di Allen Ginsberg. E tirare avanti.
Oggi va così, fastidio per la mediocrità in opulenza. Per l’osanna del prevedibile. E dell’indignazione col righello. Come quella dell’ormai guru della nostra sinistra televisiva, Stefano Massini. Guardo il suo monologo col cuscino nella pancia, a simulare una gravidanza. E mi preoccupo. Non per voi, loro, che lo seguono, lo rimandano, lo citano, no: per me. Che trovo la messinscena stucchevole e la prosa contratta, meccanica. Che provo disturbo fisico, quando si fa declamazione di una lingua povera e impettita. Questo è un tempo di merda, lo sappiamo. La gente venera guappi di cartone, rovista nella spazzatura social in cerca della sua verità, umilia le conquiste dei padri. Ma non se ne salta fuori aggrappandosi a una retorica cavalleresca senza cavallo né spada; esaltando il minimo sindacale, insomma saziandosi con quello che passa il convento dei buoni.
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