Diritti
Anche se Alfano non vuole, quell’amore esiste, eccome
Ingrid ha un vestito bianco che è una favola, con la gonna a ruota e la schiena in vista. È una sposa radiosa, come è normale che sia. Lorenza ride imbarazzata mentre avanza sui tacchi alti a cui non è proprio abituata. Ha i capelli sciolti sulle spalle e una lunga gonna a fiori bianca e blu. Anche lei è una sposa radiosa, come è normale che sia.
Il loro matrimonio è stato celebrato in Svezia il 21 giugno 2013 ed è stata una festa bellissima, a cui hanno partecipato un centinaio di amici e parenti arrivati apposta dall’Italia. Ingrid e Lorenza, insieme alla regista e amica Maria Pecchioli, hanno raccontato questa grande festa svedese in un film, Lei disse sì (www.leidissesi.net), che gira nei cinema italiani da ottobre e che sta conquistando sempre più pubblico e attenzione. Lo hanno presentato a giugno al Biografilm Festival e la scelta di uscire dai classici circuiti cinematografici a tema LGBT – sigla usata per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender – ha pagato visto il successo e la distribuzione che sta avendo. È inoltre coerente con l’intento di un documentario che non ha un approccio rivendicativo, anche se il tema del mancato riconoscimento da parte dello Stato italiano dell’amore omosessuale è sempre sotto traccia. È piuttosto il racconto allegro e leggero di una bella storia d’amore che trova il suo coronamento nel matrimonio celebrato davanti a una comunità, in una vera cerimonia condivisa.
«A dire la verità», avverte Lorenza, «le mie nozze non sono state la realizzazione di un sogno che avevo da bambina. Al contrario, fin da adolescente, quando mi piacevano le ragazze, non ho mai avuto alcuna aspettativa in questo senso. Questo perché in Italia a noi omosessuali certi sogni non sono proprio concessi. In Italia non siamo niente. È per questo motivo che abbiamo voluto raccontare la nostra storia: per offrire un immaginario che qui è negato agli omosessuali. Per offrire la possibilità a chi ancora si nasconde di avere dei desideri».
La lotta che la comunità LGBT sta portando avanti per ottenere anche da noi una legge sul matrimonio tra omosessuali dura in effetti da vent’anni e non ha portato ad alcun risultato. Al punto che il nostro Paese è rimasto l’unico nell’Unione Europea, insieme alla Grecia, a non avere alcuna legge che riguardi le unioni tra persone dello stesso sesso.
Il tema è tornato alla ribalta un paio di mesi fa quando alcuni Sindaci più attenti a queste problematiche, come quelli di Milano, Roma, Bologna, Udine, Pordenone, hanno deciso di trascrivere nel registro di stato civile i matrimoni “same-sex” celebrati legalmente all’estero. «La trascrizione non significa che si possa applicare alla coppia la disciplina matrimoniale contenuta nel nostro codice civile», avverte Giacomo Cardaci, dottorando di ricerca in diritto all’Università di Milano – Bicocca. «Trascrivere quell’atto consente però di dire che si è verificato un fatto, e cioè che quelle persone si sono sposate in un dato Paese. A loro si applica quindi la normativa europea in fatto di matrimonio, che è molto scarna ma c’è, e che può essere applicata per esempio nel caso di un ricongiungimento familiare».
Di fatto si hanno alcuni effetti giuridici: la prevenzione della bigamia, per cui se una donna si è sposata all’estero con un’altra donna non potrà sposarsi in Italia poi con un uomo, e un effetto probatorio in giudizio, per cui se per esempio un uomo ha un incidente, il suo compagno può avere lo stesso risarcimento che riceverebbe il coniuge di una qualsiasi coppia eterosessuale, perché c’è un atto che dimostra con efficacia di prova legale che esisteva lo stato coniugale. Meglio di niente, insomma.
Peccato che il 7 ottobre scorso il ministro degli Interni Angelino Alfano sia intervenuto a gamba tesa su queste iniziative dei Sindaci con una circolare che sollecitava i Prefetti ad annullare le trascrizioni. Detto, fatto: il viceprefetto di Pordenone, Alessandra Vinciguerra, ha inviato un commissario al Comune per annullare fisicamente la trascrizione di un matrimonio fatta nei giorni precedenti. Lo stesso è successo a Udine. A Roma e a Milano, invece, il prefetto con un decreto ha “solo” invitato i sindaci ad annullare le trascrizioni compiute. «Si tratta di un interventismo pericolosissimo», fa notare Cardaci, «perché secondo questo principio il Prefetto potrebbe voler modificare altri parti del registro di stato civile che riguardano per esempio la cittadinanza o altre questioni, mentre soltanto l’autorità giudiziaria ha il potere di intervenire sui quei registri». È di pochi giorni fa la sentenza della Procura di Udine che dà ragione all’associazione Rete Lenford che aveva denunciato il Prefetto della città friulana. «Il dominus dello stato civile è e resta il Sindaco e quindi le sue prerogative possono essere corrette solo attraverso un procedimento giurisdizionale ad opera del giudice», ha scritto il procuratore aggiunto Raffaele Tito.
Lo schiaffo del ministro Alfano, in ogni caso, ha fatto male a chi crede che le coppie omosessuali debbano avere gli stessi diritti – e gli stessi doveri – di quelle eterosessuali. Tanto più che, nonostante le promesse fatte per equiparare le due unioni, Matteo Renzi non ha speso una parola contro l’iniziativa del suo ministro dell’Interno, avvallandone tacitamente l’operato. È in seguito a questa ennesima ferita che un gruppo di coppie milanesi, i cui matrimoni sono stati trascritti dal Sindaco Giuliano Pisapia tra ottobre e novembre, ha deciso di appellarsi alla comunità internazionale.
Nasce così Love Out Law – Same love Same rights, un’unione spontanea di persone che sta lottando per il riconoscimento dei propri diritti, garantiti nei Paesi dell’Unione europea, ma inesistenti in Italia. Invieranno una lettera manifesto agli europarlamentari, ma anche agli ambasciatori e ai consoli delle Nazioni i cui atti vengono disconosciuti nel nostro Paese e i cui cittadini qui subiscono discriminazioni. Non solo: destinatari della lettera saranno anche le Università, i media, gli intellettuali e le aziende che hanno deciso di intraprendere azioni inclusive e rispettose della diversità come quelle che si sono riunite nel network Parks.
Lo scopo è che tutti insieme facciano pressione perché il Governo Italiano si decida finalmente a porre fine agli attacchi omofobi e ad approvare una legge che riconosca le unioni omosessuali, come avviene in tutta l’Unione europea, Grecia esclusa.
Accanto all’appello è nata una campagna video realizzata dalla filmaker Manuela Rossi e pensata per i social network. Attraverso alcune clip i cui protagonisti sono coppie reali, sposate all’estero e che hanno chiesto la trascrizione in Italia, si mostra in modo ironico l’effetto dell’annullamento di tali trascrizioni voluto da Alfano.
Le coppie che spariscono nei video non sono poi così lontane dalla realtà.
«Ingrid e io abbiamo chiesto la trascrizione del nostro matrimonio al Comune di Firenze quando ancora non c’era questo dibattito, alla fine del 2013», racconta Lorenza. «Il diniego è arrivato a febbraio. La motivazione è che il nostro matrimonio è inesistente. Punto e basta». È chiaro che l’obiettivo primario dei movimenti LGBT va ben oltre la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero. Vogliono ottenere una legge che permetta loro di sposarsi, con gli stessi diritti che hanno marito e moglie, compreso, per esempio, quello alla reversibilità della pensione, che nelle unioni civili non sempre è presente.
Non si punta però solo a ottenere dei diritti. Racconta Lorenza: «Il capitano che ci ha sposato in Svezia ci ha detto: “Voi siete due persone che traggono la forza da se stesse e dalla comunità in cui vivono”. Il nostro matrimonio è stato bellissimo soprattutto perché ha generato una felicità condivisa».
Un discorso che potrebbe valere per il matrimonio di chiunque; perché al di là del significato religioso che può esserci o meno, il senso di ogni matrimonio è proprio quello di dichiarare con gioia la propria unione davanti agli altri. Basta questa considerazione per capire quanto sia ingiusto che ci siano persone che non possono celebrare il loro amore, condividendo una gioia con la comunità. Senza dare la possibilità di sposarsi a due persone che si amano, è come dire che il loro amore non esiste. Proprio come ha scritto il Comune di Firenze a Ingrid e Lorenza. Ma basta guardare Lei disse sì e leggere il blog per capire quanto si sbagliano.
(Campagna contro la violenza sulle donne, Benetton, 2014)
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