Questioni di genere

All’Italia serve un’idea di futuro altrimenti prevarranno rabbia e violenza

13 Febbraio 2018

La tragedia di Pamela è la metafora dell’Italia di oggi? Ripercorriamo la vicenda: una diciottenne tossicodipendente che, secondo le prime ricostruzioni non era sostenuta dalla famiglia, era abbandonata dallo Stato, trascurata dalla comunità di recupero che la ospitava, è stata prima usata da un uomo che l’avrebbe trovata per strada, ci avrebbe consumato un rapporto sessuale, per poi pagarla e abbandonarla nuovamente per strada e sarebbe successivamente morta, forse di overdose, forse violentata e uccisa da uno o più spacciatori nigeriani, che l’avrebbero poi smembrata nel tentativo di far sparire il corpo.

Un fascista di nome Luca Traini, per reazione a questa tragedia, esce di casa e spara a caso a sei persone dalla pelle scura avvolto nella bandiera italiana.

In tanti in questi giorni hanno espresso sostegno a Traini e rabbia e paura verso gli immigrati, ma la verità è che Pamela avrebbe dovuto e potuto essere aiutata prima, molto prima del suo incontro con gli spacciatori nigeriani. E invece è rimasta sola e abbandonata. Forse dalla famiglia, sicuramente dallo Stato e da tutti noi, visto che resta il dubbio che la comunità che la ospitava avrebbe potuto fare molto di più per salvarla e considerato lo squallore estremo dell’uomo che l’ha caricata in macchina, usata, così giovane e fragile com’era, e poi ributtata in mezzo alla strada, come un oggetto che non serve più.

E allora sorge la domanda se la vicenda di Pamela sia altamente simbolica di come stiamo messi oggi come Italiani. L’abbiamo girata al professor Enzo Risso, direttore scientifico di Swg, istituto di sondaggi.

Cosa sta succedendo in Italia? Quali sono i sentimenti degli Italiani?

«Aumenta la paura nei confronti dei migranti, che oggi attanaglia il 58% italiani ed è in crescita da un po’ di anni; a questo si collega la chiusura verso gli immigrati e la sensazione che il nostro Paese faccia poco per gestire e frenare i flussi migratori ,ma anche per tutelare i bisogni e diritti delle persone che qui sono nate. In Italia si è inserita la contrapposizione noi/loro in cui circa un terzo dei nostri connazionali ritiene che sia giusto pensare prima agli Italiani e poi agli altri».

Questi sentimenti di paura e rabbia da dove nascono?

«La crisi economica di questi anni ha spinto sempre di più i ceti medio-bassi verso risposte immediate, facili e che esprimono e danno sfogo alla loro rabbia.

«Ciò si evidenzia bene nella relazione con le ideologie fasciste e naziste. Le azioni di questa parte politica, come ad esempio i raid, sono ritenute in qualche modo giustificabili da un terzo degli Italiani, una quota che supera il 50% tra quanti fanno parte dei ceti medio bassi. Certo  l’80% dei nostri connazionali pensa che sia stato sbagliato il tentativo di strage di Traini, ma ritiene anche che questo gesto abbia una sua qualche ragion d’essere perché l’immigrazione è fuori controllo».

Quindi lo Stato è percepito come assente.

«Una parte degli italiani si sente abbandonata dallo Stato. La quota di quanti giudicano l’azione  di Traini come un fatto gravissimo, un atto  terroristico di matrice fascista i cui responsabili morali sono i politici che hanno soffiato sull’immigrazione si ferma al 47%. L’opinione pubblica italiana è spaccata in due. E, purtroppo, crescono le forme di giustificazionismo e le valutazioni effettuate solo sotto la spinta della voglia di reagire e  della rabbia. Ci troviamo di fronte a un Paese che ha difficoltà a ritrovare elementi comuni di una difesa dello stato di diritto».

E la risposta della classe dirigente?

«Negli anno ‘70 di fronte al terrorismo la Dc e il Pci fecero muro comune nell’isolare sia quello di destra che quello di sinistra. Oggi invece c’è una maggiore difficoltà della classe politica a fare lo stesso contro il terrorismo dell’ultradestra».

Tornando alla vicenda di Pamela, chi poteva (la famiglia, lo Stato, la comunità che l’accoglieva, il passante in strada) non ha fatto abbastanza per prevenire la sua tragica fine, per non farla sentire sola e abbandonata.

«Il quadro è molto complesso e non è giusto dare giudizi. Pamela era una ragazza difficile, tormentata e che andava aiutata. La società con lei si è mostrata molto malvagia e crudele: l’ha usata, consumata e poi gettata via, smembrata come un animale. Il pensiero di quella povera ragazza mi mette i brividi, mi crea un’immensa angoscia. Purtroppo quanto è accaduto a Pamela non è un caso isolato. Gli atti di assoluta barbarie contro le donne non li fanno solo gli spacciatori immigrati ma anche gli italiani. Dai mafiosi che sciolgono le persone nell’acido (bambini compresi) ai mariti e fidanzati italiani che uccidono e straziano i corpi delle loro mogli o fidanzate e che, quando non le massacrano,  le sfigurano con l’acido o con il coltello. Nella nostra società sono presenti sempre di più forme di estrema barbarie che hanno come vittime soprattutto le donne».

Ancora il tema della violenza sulle donne.

«Il tasso di inciviltà di una società si misura direttamente con il modo in cui sono trattate le donne. Scopriamo che nel 2018, dopo 40 anni di lotte e interventi pro emancipazione femminile, il corpo femminile resta un oggetto, una proprietà che può essere sfregiata, maltrattata, picchiata, scaricata. Il vero vulnus, la vera barbarie della società di oggi è questa: il modo in cui sono trattate le donne, e ciò riguarda tutti i segmenti sociali e tutte le nazionalità ed etnie. Nella società di oggi la mercificazione del corpo delle donne è un po’ ovunque. Nel mondo dello spettacolo come in quello della moda, della pubblicità. Nessun settore della società è immune. Sono di questi giorni le notizie, denunziate dal Times e dall’Observer,  degli abusi e dei festini di alcuni volontari e coordinatori di organizzazioni non governative internazionali. Le donne sono costantemente trattate come oggetti del piacere, del desiderio, della volontà e del potere maschile».

L’imbarbarimento sociale italiano quindi aumenta su tutti i fronti, non solo sull’immigrazione e sulle donne.

«Il tessuto sociale in qualche modo sta regredendo su alcuni aspetti come la cura della comunità e delle relazioni. La recrudescenza fascista e nazista è una cartina di tornasole dell’infiacchirsi del tessuto democratico del Paese. Una ripresa di vigore che sottovalutiamo. Fascismo, razzismo e violenza sulle donne rappresentano il confine tra civiltà e inciviltà su cui si sta muovendo la nostra società. Un altro sintomo sono le babygang, formate da ragazzi delle nostre città, delle periferie urbane, che vivono sempre di più all’ombra di una visione prepotente e darwiniana della società, dove vince il più forte. La nostra società, ormai, mostra più di un segnale di inversione di tendenza, di imbarbarimento relazionale, di caduta della reattività democratica, di indebolimento degli anticorpi civili».

Di quali risposte hanno bisogno gli Italiani?

«Ci vuole una classe dirigente che abbia un’idea di futuro del Paese e della direzione in cui andiamo e che non sia più sottomessa solo alle logiche di mercato. Occorre avere una élite che sappia investire sulla democrazia, sul senso di comunità, sulla ricostruzione dei legami sociali e che non avvalli più l’aumento delle diseguaglianze sociali. L’establishment, in primis politici e imprenditori, deve comprendere che non si può solo puntare all’innovazione come strumento per aumentare i profitti, ma occorre lavorare perché la tecnologia sia uno strumento per migliorare la qualità della vita di tutti, come ad esempio ridurre la fatica, lo stress, e le dicotomie nel mondo del lavoro: questa è la sfida. La società 4.0 rischia di fare una macelleria sociale: si parla 5-6 milioni di disoccupati nei prossimi anni. Se continuiamo su questa strada ci ritroveremo in una società dalle fratture insanabili, con pochi che hanno soldi, potere e possibilità e  tanti esclusi; con pochi che hanno saperi adeguati e quindi opportunità di lavoro e carriera e molti che sono rigettati nell’ombra dell’economia.

La sfida alla barbarie, al razzismo e alla violenza sulle donne non sono aspetti differenti tra loro, sono completamente legati alla visione di futuro e di società. A una politica che torna a essere di civiltà e democrazia, di umanesimo e spinta all’armonia sociale. Una politica che riduca i diversi divari, che colpisca al cuore le logiche prevaricatrici, che dia opportunità, è il solo antidoto è il solo motore di futuro. Perché se non si affrontano alla radice le varie espressioni di rabbia e rancore avremo sempre più persone affascinate dalle soluzioni estreme, dalla violenza come strumento per risolvere i problemi, come modo per affermare se stessi e il proprio pensiero».

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