Calcio

Addio a Paolo Rossi, molto più di un calciatore

10 Dicembre 2020

Non è certo una bella fine d’anno per gli appassionati di calcio e di sport, più in generale. A due settimane dalla scomparsa di Diego Armando Maradona, se ne va anche un altro simbolo per la stessa generazione di appassionati sportivi, uno degli eroi italiani a Spagna 1982: Paolo Rossi.

Proprio in tale occasione, l’attaccante azzurro era stato ribattezzato Pablito, storpiando – se così si può dire – il suo nome italiano nel suo corrispettivo in lingua spagnola. È stata una brutta malattia, al polmone, a portarlo via; il COVID non c’entra nulla stando alle parole dei familiari, in primis del fratello Rossano, che non lo ha mai lasciato solo. Forse non è un caso che se ne sia andato così vicino a Maradona, verso un posto migliore e chissà, magari neppure troppo lontano. Ma questi due grandi giocatori ci hanno lasciato davvero? Non so se le leggende muoiano davvero, non so se certe icone scompaiano oppure no, sicuramente si distaccano da questo nostro cammino terreno, le loro gesta, però, quelle non vanno da nessuna parte, ci accompagneranno per sempre.

Paolo Rossi in Spagna, nel 1982, durante il Mondiale. Foto: lasicilia.it

Bomber per sempre

“Eravamo trentaquattro, adesso non ci siamo più e seduto in questo banco ci sei tu. Era l’anno dei Mondiali, quelli dell’86, Paolo Rossi era un ragazzo come noi.” Così canta Antonello Venditti nella sua nota canzone, Giulio Cesare. Non per nulla quel campionato del mondo – quello di Messico ’86 –  lo vinse l’Argentina di Diego, quattro anni dopo il trionfo dell’Italia di Pablito, legati allora e legati pure oggi, in tutt’altra situazione, ben meno trionfale. Ma chi era Paolo Rossi?

In realtà, Venditti ha precisato che Paolo Rossi nella sua canzone non è il calciatore, bensì uno studente romano morto nelle rivolte della seconda metà degli anni ’60.  Sarebbe dunque soltanto un omonimo ucciso negli scontri con la polizia. Tutti continuano però a pensare, erroneamente, che si tratti di Pablito. L’attaccante, noto soprattutto per la sua esperienza a Torino, con i colori della Juventus, era un ragazzo timido e gentile, che fece esplodere le piazze dell’intera penisola a Madrid, nella lunga estate del 1982. Nato a Prato, nel 1956, Rossi si fece conoscere nel Vicenza prima di consacrarsi a Perugia e sfondare all’ombra della Mole, ove arrivò nel 1980. Un altro parallelismo tra la storia di Pablito e quella di Diego si riscontra nelle loro disavventure fuori dal rettangolo verde.

Siamo proprio nel 1980, l’anno del trasferimento alla Juve. L’Italia ospita l’Europeo ma Rossi non può partecipare. L’attaccante, già affermatosi in Umbria come uno dei migliori nel panorama nazionale – e non solo – è stato squalificato. Il ventiquattrenne viene infatti accusato di aver truccato il risultato di Avellino – Perugia, partita nella quale segnerà una doppietta, per favorire un giro di scommesse non esattamente sportive. La botta psicologica della squalifica di due anni fu un brutto colpo per Rossi, il quale rientrerà tra gli azzurri nel 1982, togliendo il posto al capocannoniere della precedente Serie A, Roberto Pruzzo, attaccante della Roma. Nonostante lo scetticismo di molti tifosi, o presunti tali, Pablito prenderà in mano la nazionale di Enzo Bearzot, guidandola al trionfo dei trionfi, quello di Madrid.

Paolo Rossi in azione contro Paul Breitner nella vittoria per 3 a 1 durante la finale del Mondiale a Madrid. Foto: Tony Duffy/ALLSPORT

Quel mondiale non cominciò in maniera esaltante per Rossi. Molti lo misero in discussione ma, senza farci troppo caso, l’attaccante si trasformò nella fase a eliminazione diretta: iniziò con una tripletta che eliminò il Brasile dei signori Zico e Falcao, poi trafisse due volte l’ottima Polonia di Zibì, Zbigniew Boniek, e infine, sul leggendario manto del Santiago Bernabeu, tempio di campioni ove il calcio è materia sacra, aprì le marcature contro la fortissima Germania Ovest dell’epoca, sconfitta 3 a 1 in una memorabile finale. Alla fine, el mundial fu una cavalcata trionfale per Pablito, attaccante definito di rapina a causa del suo impeccabile fiuto per il gol. Caratteristica che lo avvicina a campioni del recente passato quali Christian Vieri o Filippo Inzaghi. Questi ultimi fanno utilizzo del termine bomber per definire loro stessi, in maniera goliardica e popolare, dimenticando forse che l’accezione italiana del termine si deve proprio a Rossi e alle sue performance iberiche di 38 anni orsono.

Tutti i record di Pablito

Rossi condivide con Roberto Baggio e Christian Vieri il record di marcature azzurre ai mondiali – 9, nel 1982, in entrambe le fasi del mondiale, le qualificazioni e l’epopea spagnola – ed è l’unico giocatore, assieme a Ronaldo – quello vero, il brasiliano – della storia ad aver vinto nello stesso anno la Coppa del Mondo, la classifica dei capocannonieri e il Pallone d’Oro.

Con le squadre di club ebbe una carriera altrettanto soddisfacente. Con la Juventus si aggiudicò due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e la Coppa dei Campioni 1984 – 1985. Chiuse la carriera a 31 anni, con la maglia del Verona (Hellas, naturalmente, ai tempi il Chievo non militava ancora nei tornei più competitivi) dopo aver vestito anche il rossonero del Milan.

La rivista World Soccer lo ha classificato quarantaduesimo nella lista dei migliori calciatori del ventesimo secolo e la FIFA, in occasione del suo centesimo compleanno, lo inserì tra i 125 più forti calciatori viventi, nel 2004.

Rossi nella cultura di massa

Oltre alla sua carriera sportiva, Rossi si divertiva a cantare, tanto che pubblicò anche un personale 45 giri intitolato Domenica, alle tre, incentrato sul rapporto tra i calciatori e le proprie compagne. In tempi recenti è stato opinionista a Sky e candidato a due incarichi di rappresentanza, nel 2000 alla presidenza della Lega di Serie A di pallavolo femminile e nel 1999 candidato parlamentare europeo con Alleanza Nazionale.

Una recente foto di Paolo Rossi. Foto: Gazzetta.

Rossi era amato da molti, vuoi per l’aver giocato in numerose squadre, vuoi perché sembrava davvero uno di noi, un personaggio nel quale era facilissimo identificarsi e con un carattere che lo rendeva bonario e simpatico. Non mancherà soltanto agli sportivi.

“Ma la domenica problemi grossi, segna Giordano o segna Paolo Rossi?” cantava Stefano Rosso nella sua canzone, l’Italiano.

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