Sindacati
Illusi e abbandonati: come Amazon usa il lavoro interinale
Migliaia di persone assunte a tempo determinato facendo balenare loro la chimera del posto fisso, ma usate per coprire i picchi di lavoro e lasciate a casa dopo 2-3 mesi. Alcuni denunciano l’uso delle categorie svantaggiate per aggirare i limiti di legge al lavoro interinale. Le notizie che ci arrivano dall’hub di Castelgugliemo sono confermate dagli ex dipendenti di Colleferro, scesi in piazza lunedì.
Il copione si ripete in modo quasi monotono. Annuncio a mezzo stampa: Amazon aprirà un hub nel nostro territorio, sono in arrivo centinaia di posti di lavoro a tempo indeterminato, a cui si sommano i contratti a tempo per la copertura dei picchi e l’indotto: perché dove arriva il gigante dell’ecommerce aumenta la domanda di appartamenti, di servizi e di commercio al dettaglio. Una manna, insomma, l’arrivo dell’unica azienda che non solo continua ad assumere in tempi di crisi, ma addirittura apre nuovi magazzini in piena pandemia, perché il lockdown, si sa, ha aumentato in modo vertiginoso il giro d’affari dell’ecommerce e il patrimonio di Jeff Bezos nell’anno della pandemia è salito da 74 a 189 miliardi di dollari, quasi la quota di Recovery Fund che l’Italia riceverà per riprendersi dai suoi effetti. Un po’ come in fisica la ricchezza non si crea né si distrugge, semplicemente passa di mano.
Il colosso punta la provincia profonda
Il copione l’anno scorso si è ripetuto uguale anche in due piccoli comuni della provincia profonda. Uno è Castelguglielmo, provincia di Rovigo, in quel Polesine dove, secondo uno studio di Confcommercio pubblicato nel 2019 già prima della pandemia, la disoccupazione in 10 anni era raddoppiata: dal 3,4% al 6,8%, addirittura dal 14,3% al 28,7% quella giovanile e dove nei 12 mesi prima dell’uscita del rapporto 259 aziende erano chiuse, la maggior parte nel settore del commercio, dove le cessazioni erano state 194 più delle nuove aperture.
Il secondo è Colleferro, comune di 20.000 abitanti a metà strada tra Roma e Frosinone, salito agli onori della cronaca lo scorso settembre per la barbara uccisione di Willy Monteiro, uno dei circa 2.000 stranieri che risiedono in questa cittadina. Colleferro, insediamento operaio cresciuto attorno agli stabilimenti Bombrini Parodi Delfino a partire dagli anni ‘10, diventa comune autonomo negli anni ’30, quando le commesse belliche aumentano in vista della campagna d’Africa e la famiglia Parodi Delfino affida l’ampliamento del vecchio villaggio operaio a un giovane architetto romano, Riccardo Morandi, quello del Ponte crollato. La vocazione industriale non viene meno nel dopoguerra: qui oltre a BDP si insediano Alstom, Italcementi e nasce Avio, fiore all’occhiello dell’industria aerospaziale italiana ed erede di BDP. Fino agli anni ’80 ai cambi turno delle fabbriche le strade diventano un fiume di tute blu. Poi la deindustrializzazione colpisce anche questo territorio, complice anche il fatto che l’industria chimica ha lasciato pesanti strascichi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti. L’industria rimane, c’è ancora la sede principale di Avio, Italcementi resta, pur ridimensionata, ma, in un territorio che di recente si è liberato anche della discarica e dell’inceneritore, la logistica è apparsa un’alternativa allettante: posti di lavoro senza le servitù ambientali di un tempo.
Illusi e abbandonati
Perciò, quando Amazon arriva a Castelguglielmo (ma è coinvolto anche il contiguo comune di San Bellino) e a Colleferro, promettendo rispettivamente 900 e 500 assunzioni a tempo indeterminato in tre anni, le amministrazioni non si fanno sfuggire l’occasione. E per la politica Amazon diventa anche una medaglia da appuntarsi sul petto, soprattutto in campagna elettorale. Aldo d’Achille, sindaco di San Bellino, candidato della lista “Il Veneto che vogliamo” alle ultime regionali nel suo spot elettorale si fa immortalare mentre percorre il suo territorio in bicicletta, verso la fine arriva davanti ai cancelli di Amazon e si ferma, in un crescendo di ottoni e timpani di sottofondo, con ripresa dall’alto dello stabilimento, e slogan finale: “L’ho fatto in piccolo, posso farlo in grande”. Erano le prime settimane di apertura e quello spot dalle ambizioni vagamente wagneriane sembrava giustificato. Ma oggi? Lo abbiamo contattato, il sindaco di San Bellino, per chiedergli di fare un bilancio nove mesi dopo. Non ci ha risposto. Forse sarebbe stato in imbarazzo.
Il bilancio lo fanno, invece, i lavoratori. Una ex dipendente dell’hub di Castelguglielmo/San Bellino, qualche mese fa ci contatta per raccontarci la sua storia: assunta con un contratto di tre mesi da Adecco, ma con la prospettiva di trovare finalmente a cinquant’anni un posto fisso. Un miraggio che ha spinto lei e tanti altri come lei ad affrontare un lungo iter di avvicinamento: 4-5 mesi scanditi da colloqui, procedure di selezione, un corso di formazione di 8 ore al giorno per tre giorni, visite mediche, spesso comunicati dall’oggi al domani, costringendo persone con famiglia, un altro lavoro o che magari si erano candidate dal sud Italia a fare i salti mortali pur di non perdere l’occasione, a volte senza riuscirci. Poi la doccia fredda: “Ti trovi in mezzo a due giganti come Amazon e Adecco, che ti dicono che sei di fronte a una grande opportunità, ma poi scopri che questa grande opportunità sono due-tre mesi di lavoro, senza alcun seguito, perché è finito il picco di lavoro e loro di te non se ne fanno più nulla. Il problema è che non te lo dicono chiaramente. C’è anche gente che parte dal meridione convinta che sia la grande occasione della sua vita e ora si ritrova senza lavoro e con un affitto da pagare, perché si era presa casa qui. Nessuno ha avuto l’onestà di dirci: guardate, abbamo bisogno di una marea di gente per il picco natalizio, ma dopo 800 di voi saranno lasciati a casa. Anzi c’è la premeditata volontà di farti vedere la chimera del posto fisso”.
Una spietata selezione meritocratica? In teoria, dicono alcuni, è un algoritmo a decidere chi confermare e chi no, sulla base dei dati sulla produttività trasmessi in tempo reale all’azienda grazie agli scanner e agli altri strumenti di controllo digitale che permettono ad Amazon di passare al microscopio la performance lavorativa di ogni dipendente in tempo reale. Ma a giudicare dai racconti di chi ci è passato pare che ci sia un elemento di aleatorietà programmata, quasi a trasmettere a ogni lavoratore la sensazione di essere costantemente in balia di un giudizio imperscrutabile. Ce lo conferma l’ex dipendente di BLQ1, nome amazoniano del magazzino di Castelguglielmo-San Bellino: “Ti fanno credere che c’è una selezione, ma che selezione è? Hanno messo a casa ragazzi che hanno vinto le gare di velocità, perché Amazon negli stabilimenti fa queste gare, e questa è la cosa paradossale, che quando poi cerchi di capire i parametri per cui ti mettono a casa non li capisci. C’è stata una coppia che ha raccontato questa storia: lui è sempre andato bene, mentre la moglie ha avuto difficoltà da subito. Alla fine Amazon ha tenuto lei e lasciato a casa il marito”. Navigando nei gruppi Facebook poi si trovano anche i racconti di chi ha ricevuto una proposta di rinnovo di 21 giorni, alcuni addirittura di 9 e c’è chi rifiuta, sentendosi preso in giro, e chi, invece, accetta semplicemente perché non ha alternative. Anche perché, arrivano notizie di nuovi arrivi pronti a prendere il tuo posto:
– Amazon sta iniziando a chiamare quelli che hanno fatto domanda a dicembre per chiedergli se sono ancora disponibili a lavorare così gli fanno la visita medica.
– Per fargli fare cosa? Se non c’è lavoro neppure per noi!
– Allora significa che ci lasciano tutti a casa.
– Sono già dieci giorni che sono iniziate le visite mediche per Amazon purtroppo.
– Ma allora ci vogliono prendere proprio in giro! Sto lavorando poco, stesso Amazon ci dice che c’è poco lavoro e questi continuano a chiamare altri?
C’è chi si organizza e protesta
A Colleferro si parla addirittura di 2.300 lavoratori interinali assunti con le stesse modalità per il picco di lavoro natalizio e lasciate a casa a gennaio, mentre finora i dipendenti assunti direttamente da Amazon a tempo indeterminato sarebbero 250. “Ci hanno raccontato che non c’era lavoro eppure sappiamo per certo – ci racconta Luca Vizzaccaro, portavoce del comitato ex somministrati del magazzino Amazon di Colleferro – che stanno assumendo altri precari”. A Colleferro e nei comuni della zona, infatti, un gruppo di ex dipendenti ha deciso di organizzarsi, creando un comitato per far sentire pubblicamente la propria voce e dire basta allo sfruttamento del precariato nei magazzini del colosso americano. Lunedì una settantina di lavoratori ha manifestato per l’intera mattinata, prima davanti ad Amazon, poi davanti alla sede Adecco di via Petrarca a Colleferro e infine davanti al comune, dove hanno incontrato il sindaco Pierluigi Sanna. “Create lavoro, non illusioni” si legge su un cartello. “Il sonno delle istituzioni genera mostri” recita un altro chiamando in causa la politica. “Noi combattiamo il sistema che c’è dietro Amazon – prosegue Vizzaccaro – che si basa su un uso spregiudicato del precariato, persino dei lavoratori svantaggiati che la legge dovrebbe tutelare”.
A spiegare meglio quest’ultimo aspetto interviene Severo Lutrario, sindacalista di USB, unica organizzazione sindacale presente alla manifestazione, anche se qui ci sono anche iscritti ai sindacati confederali, che però hanno preferito non partecipare per “non mettere la propria bandiera sull’iniziativa”: “Il Decreto Dignità – spiega Lutrario – fissa al 30% il numero di lavoratori interinali utilizzabili, un limite già alto e a cui si somma una deroga per i lavoratori in mobilità, disoccupati di lunga durata e appartenenti alle categorie svantaggiate e molto svantaggiate, che non rientrano nel computo di quel tetto massimo. Amazon utilizza questo cavillo attingendo da queste categorie, col risultato che invece di avere un 70% di dipendenti fissi e un 30% di precari succede il contrario e così il lavoro precario diventa la regola”. Altri lavoratori confermano i racconti arrivati dal Polesine, anche per quanto riguarda la roulette della conferma: “Io ci ho messo cinque mesi per superare le selezioni – racconta un ex operaio assunto per due mesi – e ci è stato detto che chi passava le selezioni aveva buone possibilità di essere confermato, ma poi la gente è stata presa per 20 giorni, un mese. Ma pensate che io avrei perso cinque mesi, dicendo no ad altri lavori, se avessi saputo che avrei lavorato due mesi?” “Adecco mi ha detto che se avessi accettato tutte le espansioni sarei stata riconfermata. Mi hanno preso in giro in tutti i modi. Mi hanno fatto lavorare a ginocchia per terra e io zitta, perché ho bisogno di lavorare. E come me stanno anche tutti quelli che sono qui” racconta tra gli applausi una donna sui 50 quasi con le lacrime agli occhi e, rivolta al sindaco: “Io non c’ho altro reddito e non so come andare avanti!”
Espansione, è l’aumento di orario prevista dal MOG, contratto a monte ore garantito, previsto dal contratto nazionale per i dipendenti delle agenzie di lavoro. Significa che hai, ad esempio, 16 ore settimanali di lavoro garantito, che però possono crescere fino all’orario pieno senza che il lavoratore percepisca la maggiorazione riconosciuta di solito al lavoro straordinario. Una generosa concessione che i sindacati firmatari del contratto nazionale hanno fatto a chi usa il lavoro interinale con l’idea che questo servisse a garantire la flessibilità necessaria per coprire i picchi preservando l’occupazione. Insomma quando c’è lavoro fai orario pieno, quando il lavoro non c’è guadagni meno ma almeno mantieni il posto. E invece qui si usa il MOG e allo stesso tempo si lasciano i lavoratori a casa.
I sindaci avvertono la pressione
Se Amazon non riceve i suoi ex dipendenti e Adecco si fa addirittura trovare con la saracinesca abbassata, il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, centrosinistra, pur accusato anche lui da qualche lavoratore di aver usato Amazon nella campagna elettorale in cui ha conquistato il secondo mandato, ci mette la faccia, esce dal comune per incontrare i lavoratori in piazza, risponde alle critiche, rivendica la scelta di investire sul polo logistico e su Amazon come prospettiva di sviluppo a basso impatto ambientale e annuncia ai lavoratori che “Nelle scorse settimane è nato un coordinamento nazionale dei sindaci delle città che ospitano sedi Amazon. Ci siamo visti per la prima volta una quindicina di giorni fa e abbiamo affrontato in particolare due problemi: uno è quello del precariato, appunto, l’altro il traffico causato dai magazzini”. Sanna coi lavoratori si impegna a discutere il tema del turnover con gli altri sindaci, per lui ci dev’essere almeno la possibilità che i lavoratori possano essere richiamati e dice anche di aver già chiesto l’apertura di un tavolo con l’assessorato al lavoro della Regione Lazio, ma di ritenere necessario anche un confronto col Ministero del Lavoro, perché il problema necessita di una soluzione legislativa che non è nelle disponibilità degli enti locali.
Nel Lazio, con la crisi Alitalia che rischia di lasciare a casa migliaia di lavoratori e un magazzino Amazon da 3.000 posti in arrivo a Fiumicino, per qualcuno la logistica potrebbe diventare lo specchietto per le allodole per far digerire i licenziamenti. Anche Massimo Pedretti, dirigente regionale di USB, auspica che il tavolo con la Regione Lazio si apra al più presto, ma nel frattempo annuncia nuove iniziative sulla scia di Colleferro. “Pensiamo di organizzare un’iniziativa che ponga la stessa questione anche a Passo Corese, dove ha sede l’altro grande magazzino nel Lazio” e allarga la prospettiva: “Il problema riguarda anche i driver delle ditte esterne che consegnano i pacchi. Abbiamo molti casi di lavoratori che nel corso del tempo hanno lavorato per più ditte d’appalto di Amazon e arrivati al limite dei tre anni vengono lasciati a casa. Noi chiediamo che vengano stabilizzati”. Del resto, spiega Pedretti, “l’unico modo per ottenere dei risultati è organizzare tutta la galassia Amazon, che va da chi ci lavora, in modo diretto e indiretto, a chi ci ha lavorato ma è rimasto a casa”.
Il tema dell’abuso di lavoro interinale era emerso già negli anni, passati. A fine 2017 l’ispettorato del lavoro si era presentato presso l’hub di Castel San Giovanni, provincia di Piacenza, uno dei più grandi in Italia, e aveva contestato ad Amazon l’utilizzo di 1.308 contratti interinali oltre la soglia di legge: “Si evidenzia – avevano scritto in una nota gli ispettori – che l’iniziativa ispettiva potrà consentire la stabilizzazione degli oltre 1.300 lavoratori interinali utilizzati oltre i limiti, i quali pertanto potranno richiedere di essere assunti, a tempo indeterminato, e a far data dal primo giorno di utilizzo, direttamente dalla società Amazon”. 180 lavoratori avevano fatto causa chiedendo la stabilizzazione. Nel 2019, però, il Tribunale di Milano smentisce l’ispettorato del lavoro e respinge i ricorsi dei lavoratori. Tuttavia l’episodio, pur risoltosi negativamente, fa emergere una contraddizione tra due organi dello Stato, che per i lavoratori potrebbe rappresentare una breccia in cui inserirsi. Soprattutto se alla pressione di carattere legale si somma una pressione sindacale e politica. La nascita del coordinamento dei sindaci è un segnale interessante, perché testimonia che gli amministratori comunali percepiscono il problema. E certo se all’iniziativa di Colleferro ne seguiranno altre, come annunciato, tale percezione potrebbe intensificarsi. A tutto beneficio dei lavoratori.
L’inchiesta è tratta dalla newsletter di PuntoCritico.info del 14 maggio. Se hai storie simili da raccontare puoi scriverci a marco.veruggio@gmail.com
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