Sindacati

Da Cracovia: ‘Difendere l’acciaio europeo con la carbon tax’

3 Settembre 2019

Intervista a Krzysztof Wòjcik, presidente di NSSZ Pracownikòw, ArcelorMittal-Polonia

A maggio il colosso mondiale della siderurgia ArcelorMittal ha annunciato una riduzione della produzione annua di acciaio di 3 milioni di tonnellate. In particolare ArcelorMittal ha espresso l’intenzione di fermare lo stabilimento di Cracovia, in Polonia, e di ridurre la produzione in quello spagnolo nelle Asturie, ma anche riducendo a 5 milioni di tonnellate l’anno l’impegno sottoscritto col sindacato e il governo un anno fa su ILVA. Come per gli stabilimenti attualmente in via di dismissione (le acciaierie di Piombino e impianti in Belgio, Lussemburgo, Romania, Macedonia e Repubblica Ceca) proprio per consentire agli indiani di acquisire l’ILVA senza infrangere le norme antitrust europee, è chiaro che per comprendere il futuro della siderurgia mondiale e i suoi effetti sui lavoratori è fondamentale assumere un punto di vista quanto meno europeo.

Di cosa può fare il sindacato in questo quadro abbiamo parlato con Krzysztof Wòjcik, presidente del NSSZ Pracownikòw, Sindacato Autonomo Indipendente dei Lavoratori di ArcelorMittal-Polonia, a cui abbiamo chiesto di partire però dalla situazione dello stabilimento di Cracovia. Le sue parole ci permettono di scoprire un’incongruenza nei numeri forniti a maggio dal gruppo siderurgico, perché l’ammontare complessivo dei ventilati tagli alla produzione in realtà corrisponde esattamente ai volumi della sola acciaieria polacca.  Abbiamo incontrato Wòjcik negli uffici del NSSZ Pracownikòv presso l’impianto di Cracovia, nel cuore di Nowa Huta, il quartiere costruito negli anni ’50 attorno alle acciaierie Lenin, costruite per volere di Stalin, dove nel 1967 ebbe il suo primo impiego come elettricista Lech Walesa e dove negli anni ’80 lavoravano circa 38.000 operai, di cui quasi 30.000 iscritti al sindacato di Walesa, Solidarnosc. Partiamo da qui. Oggi il primo sindacato in AM è diventato quello diretto da Wòjcik.

Puoi spiegarci chi siete?

Il nostro sindacato si chiama Niezależny Samorządny Związek Zawodowy Pracowników.  Siamo l’organizzazione sindacale più grande in ArcelorMittal qui in Polonia. AM nel nostro paese ha sei stabilimenti, per un totale di circa 10.000 dipendenti, di cui circa 2.500 sono nostri iscritti, mentre il secondo sindacato è Solidarnosc. NSSZ Pracowników è parte della Federazione dei Lavoratori della Metallurgia e dell’Acciaio, che ha circa 30.000 iscritti e a sua volta aderisce all’OPZZ, la maggiore confederazione sindacale polacca, con circa 900.000 iscritti. Tramite questa siamo membri della Confederazione Europea dei Sindacati e tramite la Federazione siamo parte anche di IndustriAll, il sindacato mondiale dell’industria.

Dicci qualcosa di più del vostro stabilimento.

Come ti dicevo è uno dei sei impianti di AM, che in Polonia produce il 70% dei 13 milioni di tonnellate di acciaio polacco. Qui a Cracovia ne facciamo 3 milioni di tonnellate, prevalentemente lamiera e tubolari, e abbiamo circa 1.200 dipendenti diretti. AM è arrivata qui nel 2003 e ha comprato l’impianto ,che all’epoca era gestito dallo Stato.

Come saprai in Italia l’ILVA è da sempre al centro di polemiche per la ricadute della produzione sull’ambiente e la salute dei cittadini, al punto che c’è chi chiede la chiusura dello stabilimento di Taranto. Anche qui avete problemi analoghi?

Abbiamo dei problemi legati alle polveri, soprattutto perché Cracovia si trova in un avallamento del terreno e quindi quando c’è vento queste polveri vengono spinte verso la città. Tuttavia l’azienda è intervenuta. Sono stati installati dei filtri, sono state rimosse le vecchie batterie ed è stato spento uno dei due altoforni, per cui oggi produciamo con un solo forno, a carbone. Insomma i lavori hanno fatto sì che il problema dell’inquinamento non sia più una questione centrale. Ci sono anche qui politici che vorrebbero chiudere la fabbrica e a ogni elezione si ripresentano con questa proposta. Non si tratta di verdi o ecologisti, ma di piccoli gruppi populisti più vicini a posizioni di destra. Ma di fatto non hanno seguito, anche perché l’acciaieria è la più grande fabbrica della zona, crea lavoro e versa la maggior parte delle imposte che paga all’amministrazione locale della città.

Veniamo alla vostra vertenza. Da dove nascono i problemi?

A maggio AM ha annunciato l’intenzione di sospendere temporaneamente la produzione. Non si tratta di una decisione conseguente al piano di dismissioni legato all’acquisto della vostra ILVA, ma di una risposta all’andamento del mercato e ad alcune difficoltà peculiari della produzione di acciaio in Polonia. Per quanto riguarda la congiuntura internazionale è chiaro che pesa la competizione con l’acciaio prodotto a costi minori in Cina, in Bielorussia e in altri paesi e il fatto che nel nostro paese non abbiamo leggi che ci proteggano dal dumping. A far lievitare i costi qui in Polonia è soprattutto il prezzo molto alto dell’energia elettrica, che costa fino all’80% più che in Germania. La ragione di questa anomalia è che le centrali sono ancora prevalentemente a carbone e scontano le sanzioni europee per le emissioni di CO2.

Che cosa ha intenzione di fare l’azienda?

Il 6 maggio ci hanno detto che fermeranno lo stabilimento, ma che nessuno perderà il lavoro, perché i lavoratori verranno ricollocati o adibiti a mansioni differenti dalle attuali. Ma come sindacato siamo preoccupati perché è chiaro che non è possibile. Se anche i dipendenti diretti di AM fossero protetti a rischiare di perdere il lavoro sarebbero comunque i dipendenti dell’indotto. In Polonia nella siderurgia è diffusa la prassi degli appalti e dei subappalti e, in base ai nostri calcoli, per ogni dipendente diretto ce ne sono 7 che lavorano nell’indotto.  Qui nell’impianto di Cracovia ce ne sono 3.000 e ipotizziamo che almeno metà perderebbero il lavoro se AM facesse davvero ciò che ha promesso.

Come sindacato come avete reagito?

Ci siamo rivolti alla politica, al governo nazionale e locale e a ONG e associazioni per chiedere loro di premere sull’azienda affinché ritirasse il piano. Abbiamo cercato di esercitare questa pressione anche sui vertici europei del gruppo tramite il sindacato europeo e abbiamo informato il primo ministro polacco. Il 24 di luglio poi abbiamo organizzato una manifestazione a Dombrova, uno dei sei stabilimenti di AM, dove si trova il quartiere generale polacco di AM.  A questa manifestazione hanno partecipato circa mille lavoratori e il giorno dopo la direzione ha annunciato che avrebbe fatto slittare il fermo alla produzione. Tuttavia è chiaro che siamo preoccupati per quello che potrebbe succedere, perché il problema è stato solo rinviato.

Come ha risposto la politica?

Tutti i partiti polacchi ci hanno sostenuto chiedendo al governo di fare pressione su AM. Abbiamo informazioni ufficiose secondo cui il primo ministro avrebbe incontrato i vertici dell’azienda e pensiamo che l’incontro sia stato una delle cause del rinvio. Dopo quell’incontro infatti il governo è intervenuto sulla legislazione per diminuire il costo dell’energia, che come ti dicevo, è una della cause del problema.

Rimane il problema del mercato e della concorrenza. Secondo voi qual è la soluzione al problema del dumping?

Noi sosteniamo IndustriAll nella affinché chieda all’UE di introdurre una carbon tax europea che penalizzi l’utilizzo del carbone usato per produrre l’acciaio ucraino, bielorusso, turco e cinese, proprio come siamo penalizzati noi. Il governo polacco ha presentato questa proposta in una riunione di una commissione del Parlamento Europeo. Poi siamo contrari ai dazi. L’anno scorso IndustriAll ha organizzato manifestazioni a Berlino e Bruxelles contro i dazi ed entro la fine dell’anno, probabilmente in autunno, torneremo a Bruxelles per manifestare con tutti i sindacati europei e chiedere di difendere il mercato dell’acciaio continentale.

Volete dire qualcosa ai vostri colleghi italiani dell’ILVA?

In questo periodo siamo in attesa della prossima riunione del Comitato Aziendale Europeo di AM, la struttura di rappresentanza sindacale aziendale a livello continentale, di cui facciamo parte e dove discutiamo di ciò che avviene nell’azienda e dunque siamo stati informati delle vicende relative all’Italia, all’acquisizione dell’ILVA e alla trattativa che c’è stata. Sempre in questi mesi stiamo discutendo anche della nuova composizione dell’organismo. Finora nel CAE di AM c’era un solo membro italiano, che rappresentava i dipendenti dell’acciaieria di Piombino.  Vogliamo dire ai colleghi italiani dell’ILVA che aspettiamo con grande impazienza di avere i loro rappresentanti all’interno dell’organismo, perché siamo interessati a una collaborazione tra i diversi sindacati presenti in azienda, inclusi, naturalmente, quelli italiani.

L’intervista è tratta dalla newsletter di PuntoCritico.info del 30 agosto.

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