Clima
Un clima infame: la disinformazione climatica come strumento per destabilizzare l’Europa
La disinformazione climatica russa, particolarmente amplificata in vista delle elezioni tedesche, cerca di minare la transizione ecologica e attaccare i governi occidentali tra negazionismo e procrastinazione.
E il grande inverno non ci fu – e se c’è stato siamo sopravvissuti. Una delle tematiche più strumentalizzate dalla disinformazione russa per creare divisioni e instabilità in Europa riguarda il cambiamento climatico, con annessa crisi energetica. Come le stagioni, la narrazione secondo cui siamo condannati a morire al gelo senza le forniture energetiche di Mosca si ripresenta ciclicamente. Il quadro catastrofista degli ultimi mesi, con la scelta tra “eating or heating” (sfamarsi o scaldarsi), ora lentamente si dissolve come neve al sole, e le previsioni apocalittiche vengono dimenticate o riadattate per il futuro.
Va sottolineato che questi messaggi non sono esclusivi del Cremlino, ma trovano ferventi sostenitori anche in Occidente: dagli gruppi industriali come Exxon Mobil, a lobby come quella pro-PFAS, agli attivisti per il negazionismo climatico su X. Con questo non si contesta l’esistenza di una crisi energetica reale – l’inflazione è concreta e le recenti ondate di freddo hanno effettivamente abbassato i livelli di stoccaggio del gas nell’UE – ma la disinformazione di maggiore successo è quella che, pur contenendo elementi di verità, viene manipolata ed esagerata per servire un’agenda specifica.
L’obiettivo è fare pressione per allentare le sanzioni, attraverso narrazioni contraddittorie che descrivono il collasso imminente europeo a causa della mancanza di alternative ai combustibili fossili russi, affiancate da trionfalismi falsi sul record delle importazioni di gas liquefatto russo. In realtà, i flussi di gas dalla Russia verso l’Europa si sono notevolmente ridotti, concentrandosi quasi esclusivamente su Serbia e Ungheria. Inoltre, la decisione ucraina del primo gennaio di bloccare il transito del gas dell’invasore ha provocato ulteriori accuse contro Kiev, dipingendo il Cremlino come un partner energetico affidabile e vittima di sanzioni russofobe, negando ogni responsabilità nella crisi energetica e nel conflitto in corso. La propaganda economica russa attacca direttamente le politiche di transizione ecologica tra cui il Green Deal, dipingendole con toni complottisti come pretesti utilizzati dai governi occidentali per impoverire i cittadini e limitare le libertà individuali. L’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi ha rafforzato questo discorso, decretando il fallimento della cooperazione internazionale.
Il complottismo alimenta il negazionismo climatico, che varia dal diniego totale del fenomeno a più parziali (ma non meno dannose) smentite della responsabilità umana. Se i disastri ambientali recenti rendono difficile ignorare il riscaldamento globale, è emersa una forma di “procrastinazione” climatica, che rinvia l’azione a tempi più favorevoli e abbraccia atteggiamenti eccessivamente ottimisti riguardo alle tecnologie future. Le strategie includono la promozione di soluzioni non risolutive – come il greenwashing, l’enfatizzazione degli aspetti negativi come costi elevati e atteggiamenti di sconfitta secondo i quali è ormai troppo tardi per agire. Se non scegliere è in realtà una scelta ben precisa, in questo quadro si colloca la pratica del “bothsidesism”, che presenta entrambi gli argomenti come ugualmente validi, nonostante il consenso scientifico. Basta pensare che piattaforme come Meta consentono di esprimere “incertezza sull’impatto del cambiamento climatico, sfiducia nelle competenze scientifiche o scetticismo sulle soluzioni climatiche”, sostenendo che non è compito loro “penalizzare questo tipo di discorso o arbitrare un dibattito legittimo”.
La disinformazione climatica russa si è intensificata in vista delle elezioni tedesche, con l’obiettivo di attaccare il governo uscente e favorire le forze politiche vicine agli interessi del Cremlino. Viene diffuso il messaggio che l’economia tedesca stia affrontando una “de-industrializzazione drammatica” a causa della transizione verso le energie rinnovabili, presentando il fas russo come l’unica salvezza e colpevolizzando la coalizione del Partito Verde per l’aumento dei prezzi che strangolano le imprese tedesche. Già nella tornata elettorale del 2022, la Ministra degli Esteri Annalena Baerbock era stata vittima di una massiccia campagna di disinformazione di genere, ripetuta in vista del voto del 23 febbraio. Diffondere contenuti falsi rischia di alimentare una profezia che si autoavvera, come quella del “grande blackout” orchestrato dalle élite, cospirazione che ha avuto particolare successo in Germania nelle scorse estati: interpretare i blackout estivi come prova di un piano deliberato anziché come eventi comuni causati da sovraccarichi di domanda, amplifica la percezione del problema e costituire un fattore di rischio.
Oltre alle elezioni, la disinformazione climatica sfrutta eventi estremi – dagli incendi in California alle inondazioni in Spagna – per criticare i leader occidentali, descritti come incapaci di incapaci di gestire le vere emergenze, poiché troppo impegnati nell’imporre politiche inefficaci o nel sostenere la guerra in Ucraina. L’ondata di falsità su crisi climatica ed energetica fa parte di una strategia precisa di destabilizzazione volta a minare gli equilibri sociali. Tuttavia, l’Europa ha dimostrato una notevole resilienza, e smascherare queste manipolazioni è essenziale per proteggere sia la democrazia che la transizione ecologica.
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