Teatro
Sarabanda
Roberto Andò riflette sull’ultimo film di Igmar Bergman con un lavoro teatrale di grande densità e bellezza
Catania. Poniamo che un attore abbia nel suo parlare una particolare cadenza linguistica regionale (ad esempio un accento qualunque che connoti un italiano meridionale), poniamo che, ad esempio, a questo attore si chieda d’interpretare un personaggio che vive, alquanto isolato, in un bosco scandinavo remoto e nevoso: ecco ci sono attori in cui questi due dati (dati di senso e di forma) non solo non entrano in alcun conflitto (come invece quasi sempre accadrebbe), ma sembrano sciogliersi in un quadro di autenticità e umana verità del tutto credibile. Ovviamente in un caso del genere l’attore non solo deve essere dotato di grande mestiere ma – ciò che più conta – deve possedere e saper trasmettere un tratto di sapienza umana che è veramente qualità rarissima e preziosa. È così e ci riferiamo in questo caso a Renato Carpentieri e alla scelta felice che Robertò Andò ha operato da regista affidandogli il ruolo di protagonista (il vecchio Johan) nel suo ultimo lavoro teatrale “Sarabanda”. Il testo è la traduzione di Renato Zatti della sceneggiatura di Ingmar Bergaman dell’omonimo film diretto e girato nel 2003. In scena, oltre a Carpentieri e capaci di stargli accanto, ci sono Alvia Reale (una Marianne di densa sostanza amorosa e pratica, che sa ascoltare sé stessa prima che quel suo antico amore), Elia Schilton (Henrik, padre e figlio insieme, fragile e tormentato: moltissime sfumature per un’interpretazione intelligente e misurata), Caterina Tieghi (la nipote Karin in piena e travagliata formazione umana e artistica). Cosa colpisce in questo spettacolo? Anzitutto e soprattutto la risoluzione perfetta e lineare di un complicatissimo intreccio di sentimenti, esperienze, ferite, ricordi, racconti, conflitti, emozioni nella fragile semplicità del denudarsi, reale e metaforico, e abbandonarsi a un abbraccio silenzioso che tutto comprende, supera e perdona. Il tentativo non è quello di riprodurre a teatro l’ultimo film di Bergman o semplicemente di imitarlo, ma più appropriatamente di emularlo scommettendo in verità e autenticità. Marianne, quasi rispondendo a una chiamata misteriosa va a trovare, dopo trent’anni, il suo ex marito Johan ormai vecchio e assai burbero, che vive isolato in un bosco. La sorpresa, lascia velocemente posto a un dialogo e il dialogo lascia il posto a una comunicazione profondissima tra anime: ascolto e accoglienza più che parole, in un susseguirsi di incontri e di quadri in cui rientrano in gioco l’inesausto e irrisolto amore per Anne, la ex moglie scomparsa ma assai presente nel ricordo, l’amore sollecito per il figlio Henrik che vive in un cottage lì vicino ed è un violoncellista morbosamente legato alla figlia Karin, anche lei talentuosa violoncellista.
E non ci sono cambi di scena teatrale, ma quadri di un film perché Andò tiene presente e prova a non disperdere la ricchezza di umori e la profondità vertiginosa e – letteralmente – ineffabile del cinema di Bergman. Un’ineffabilità simboleggiata dal sostituirsi del silenzio e della musica di Bach, la Sarabanda appunto (quella struggente tratta dalla Suite n 5 in do minore per violoncello) a parole, più o meno, trite e intrise di dolore. Degne di nota sono infine le scene e le luci curate da Gianni Carluccio, che scopertamente alludono alla pittura di Edward Hopper (le ampie e geometriche campiture di luce e buio, le accensioni cromatiche, la fissità in qualche modo metafisica dei personaggi) e contribuiscono a raggiungimento di quello che sembra l’obiettivo registico vero di questo spettacolo: costruire una attenta e concentrata meditazione sul senso profondo del film testamento di Bergman, emulandolo senza imitarlo. Visto a Catania il 4 marzo 2025 sulla scena del Teatro Verga nel contesto della stagione dello Stabile Etneo.
Sarabanda .Catania Teatro Verga dal 4 al 9 marzo 2025. Di Ingmar Bergman. Traduzione di Renato Zatti. Regia di Roberto Andò. Con Renato Carpentieri (Johan), Alvia Reale (Marianne), Elia Schilton (Henrik), Caterina Tieghi (Karin). Scene e luci di Gianni Carluccio, costumi di Daniela Cernigliaro, musiche di Pasquale Scialò, suono di Hubert Westkemper. Aiuto regia Luca Bargagna, assistente ai costumi Pina Sorrentino, assistente alle scene Sebastiana Di Gesù, direttore di scena Sandro Amatucci. Una produzione del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Biondo di Palermo, in accordo con Arcadia & Ricono Ltd, per gentile concessione di Joseph Weinberger Limited (agente del copyright), Londra, per conto della Ingmar Bergman Foundation. Crediti fotografici: Lia Pasqualino.
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