Religione
Lo scioglimento del Sodalicio de vida cristiana e l’ultima battaglia di Bergoglio nella Chiesa sudamericana
Tra gli ultimi atti del pontificato di Papa Bergoglio, proprio nei giorni che hanno preceduto la Pasqua cattolica e la sua morte, spicca la soppressione del Sodalicio de Vida Cristiana (SVC), potente istituzione laicale peruviana travolta da scandali di abusi sessuali ed economici e derive settarie. È stato un segnale netto, preparato negli anni e lanciato in un momento profondamente simbolico e non casuale: quasi fosse il tentativo estremo e finale, da parte del Papa argentino, di estirpare uno degli scandali più gravi cresciuti dentro il corpo della Chiesa latinoamericana.
Cos’era il Sodalicio e quanto è stato importante
Fondata a Lima nel 1971 da Luis Fernando Figari, il Sodalicio è stato per decenni una delle realtà più influenti e più opache del cattolicesimo latinoamericano: si è sempre rappresentato come un’élite spirituale dagli evidenti tratti settari, ha finito col diventare un impero economico, e nel tempo ha raccolto accuse di abusi sessuali, psicologici, finanziari e di controllo mentale. Lo scioglimento, annunciato dal Vaticano il 14 aprile 2025, ha rappresentato un gesto di purificazione ecclesiale, coerente con la lotta di Francesco contro ogni forma di clericalismo autoritario.
Questa decisione papale è stata preceduta a stretto giro dallo scioglimento delle due principali diramazioni femminili del movimento: la Fraternità Mariana della Riconciliazione (FMR) e le Siervas del Plan de Dios, entrambe travolte da accuse di abusi fisici, sessuali, psicologici ed economici. La soppressione di queste comunità, avvenuta tra l’1 e il 4 aprile 2025, è stata preceduta da un’indagine condotta dal commissario pontificio e officiale del dicastero per la Dottrina della fede Jordi Bertomeu, oggetto nel frattempo di una violenta campagna di delegittimazione da parte di media legati al Sodalicio e considerati vicini agli ambienti dello Yunque. Lo Yunque è un’organizzazione segreta messicana nata nel 1953 durante un periodo di repressione della libertà religiosa. Si presentava come un gruppo cattolico ultraconservatore, i cui membri si infiltravano in associazioni legali per promuovere un’agenda di “riconquista” cattolica. La segretezza, le accuse di infiltrazione e metodi coercitivi l’hanno resa controversa. Col tempo ha cercato di riformarsi, ha sicuramente dichiarato di farlo, ma rimane oggetto di critiche e sospetti, soprattutto per l’influenza nelle istituzioni ecclesiastiche e politiche, e per le continue interazioni con il mondo degli affari e dell’informazione. Tenete a mente dunque il nome di quest’organizzazione, tornerà tra poco in queste righe ed è uno dei perni di questa complicata vicenda ecclesiastica sudamericana.
Lo scioglimento delle diramazioni femminili del Sodalicio avviene a valle di scoperte a dire poco inquietanti: le donne di queste comunità venivano impiegate come manodopera gratuita, spesso soggette a umiliazioni e, in diversi casi, anche a sfruttamento sessuale da parte dei membri maschili del Sodalicio de vida Cristiana. Bergoglio ha potuto prendere coscienza di questo quadro agghiacciante, emerso nel tempo, anche a seguito di denunce, come quelle di Rocío Figueroa e Fernanda Duque, che raccontano di abusi, coperture e campagne di discredito orchestrate dalla leadership spirituale e finanziaria del movimento.
Ma il caso ha anche una forte dimensione economico-politica. Il magistrato José Ugaz, noto per aver istruito la causa contro l’ex Presidente e dittatore peruviano Alberto Fujimori, ha denunciato pubblicamente l’esistenza di una rete di beni, scuole, università, aziende e perfino offshore negli Stati Uniti, legate al Sodalicio e nascoste in un fondo fiduciario intestato a Rafael López Aliaga, sindaco di Lima, potente imprenditore e membro dell’Opus Dei. Secondo Ugaz, questa rete serviva a evitare il risarcimento delle vittime e a proteggere un patrimonio distribuito tra Perù, Colombia, Ecuador, Italia e Stati Uniti, con un valore stimato intorno al miliardo di dollari.
La fine del Sodalicio, tuttavia, non ha segnato la fine delle tensioni, ma piuttosto ne ha rivelato la portata, la stratificazione e il radicamento. Il Sud America si conferma il campo di battaglia centrale della Chiesa del XXI secolo, dove si affrontano due anime in conflitto: quella del cattolicesimo popolare e sinodale, e quella di chi vuole riportare la fede sotto un controllo identitario, autoritario e selettivo.
Tanto è vero che, proprio nel pieno dell’infermità che avrebbe condotto alla morte del Pontefice, El Yunque provava a conquistare le università sudamericane.
La nuova strategia di El Yunque: prendere le università
Secondo un’inchiesta pubblicata da Sin Embargo, El Yunque ha avviato un piano per controllare l’Organizzazione delle Università Cattoliche dell’America Latina (ODUCAL), e da lì influenzare l’intera formazione accademica cattolica del continente. Al centro di questa rete: Emilio Baños Ardavín, rettore della UPAEP e candidato alla presidenza di ODUCAL; Fernando Sánchez Campos, rettore dell’università cattolica del Costa Rica, con ambizioni globali; Rodrigo Guerra López, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, indicato come architetto di questo progetto.
Nel settembre 2024, un grande congresso ospitato proprio alla UPAEP ha segnato la legittimazione pubblica di questa rete, con la partecipazione di cardinali, vescovi e figure accademiche di spicco.
Buttiglione, l’Accademia e il ritorno dello Yunque
In parallelo agli sviluppi nell’ambito universitario, esplodeva il caso dell’Accademia dei Leader Cattolici, fondata per formare laici impegnati nella vita pubblica secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa. A guidarla c’è Rocco Buttiglione, intellettuale cattolico conservatore e figura di lungo corso nel mondo ecclesiale e politico italiano, con un passato da ministro e da collaboratore di Giovanni Paolo II. Negli ultimi tempi è finito al centro di critiche per il suo ruolo nell’Accademia e per la gestione ambigua di presunti legami con ambienti del movimento El Yunque. La frattura più netta si è consumata con José Antonio Rosas, cofondatore dell’Accademia e in gioventù membro del Yunque, il quale ha denunciato pubblicamente il tentativo di infiltrazione del movimento all’interno della rete formativa e accademica cattolica.
Rosas, dopo essersi dimesso dalla direzione dell’Accademia, ha avviato una campagna di denuncia con documenti e testimonianze che hanno fatto emergere una trama complessa di connessioni personali, accademiche e ideologiche. Le sue accuse hanno coinvolto lo stesso Buttiglione, che in una lettera inviata ai vescovi dell’America Latina – la copia che potete consultare qui è datata 16 aprile, proprio il giorno dopo del definitivo scioglimento del Sodalicio – ha preso posizione, difendendo il ruolo dell’Accademia ma ammettendo contatti personali e familiari con figure di spicco del Yunque, tra cui il genero, figlio di un ex leader del movimento, e bollando come “quasi ossessiva” la preoccupazione di Rosas nei confronti dell’organizzazione. Dichiara anche che UPAEP, il cui ruolo abbiamo visto poco sopra, gli ha proposto una laurea Honoris Causa che è “disponibile ad accettare”.
Nella lettera, Buttiglione rivendica di aver dialogato con lo Yunque in difesa del magistero di Papa Francesco, cercando di disinnescare l’opposizione interna al movimento contro l’esortazione Amoris Laetitia e di aver lavorato per disinnescare la contrapposizione tra il magistero di Giovanni Paolo II e quello di Papa Bergoglio. Sostiene, inoltre, che l’Accademia si adegua al giudizio dei vescovi locali, evitando scontri diretti e cercando la comunione ecclesiale. Una posizione di apparente equilibrio che però sfocia in un esplicito collocamento da una parte, a difesa di Rodrigo Guerra López. In un contesto segnato dalla trasparenza e dalla richiesta di chiarezza ecclesiale, Buttiglione è stato accusato di minimizzare la portata delle infiltrazioni e di non prendere posizione in modo netto contro strutture settarie che agiscono sotto il manto dell’ortodossia cattolica, tanto più che proprio in quella lettera l’ex ministro italiano sottolinea con accortezza ma costantemente i passi fatti dallo Yunque nella direzione di una maggior trasparenza e compatibilità con le regole democratiche. Che è proprio quello che, invece, Rosas e molti altri contestano.
Rodrigo Guerra e Emilce Cuda: due anime in lotta alla Pontificia Commissione
Questo breve viaggio in Sud-america, come vedete, non perde mai il proprio ancoraggio con quel piccolo staterello piazzato nel cuore di Roma, e detto Vaticano. Avete visto più volte fare capolino nel racconto il nome di Rodrigo Guerra Lopez, teologo conservatore lontano dal pensiero e dalla storia di Papa Francesco, che però proprio Bergoglio nel 2021 ha nominato segretario per la Pontificia Commissione dell’America Latina. Nello stesso anno Papa Francesco ha voluto affiancargli Emilce Cuda, teologa argentina di sua fiducia, che è poi stata nominata co-segretaria della Pontificia Commissione nel 2022, con gli stessi poteri e le stesse deleghe di Guerra. Secondo diversi osservatori vicini all’ambiente vaticano, e anche alla luce delle polemiche precedenti e di quelle più recenti, che qui abbiamo provato a ricostruire, è stata una forma di bilanciamento voluta dal Papa, consapevole della delicatezza dell’equilibrio ecclesiale in America Latina.
L’eredità aperta del prossimo Papa
Con la morte di Papa Francesco, la Chiesa entra in una nuova fase. Il futuro Pontefice eredita una Chiesa divisa, con campi già tracciati e agenti ben radicati, pronti a influenzare il destino della fede in nome di un cattolicesimo rigido e selettivo. Resta da capire se proseguirà la linea sinodale e pastorale di Francesco, o se cederà alle pressioni dei restauratori.
Quel che è certo è che la guerra delle anime è appena cominciata. E si combatterà, ancora una volta, nel cuore dell’America Latina.
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