Teatro
La commedia si fa farsa in un paese che ha scelto di essere una farsa
La Mandragola di Machiavelli riletta come farsa.
1 Dicembre 2024
Il Teatro Arcobaleno di Roma mette in scena ogni anno, di stagione in stagione, i classici del teatro antico greco e latino, e i classici del teatro moderno e contemporaneo. Centro stabile del classico, la sottoindicazione esplicativa. Vincenzo Zingaro è il suo direttore artistico. La stagione, cominciata il 17 ottobre, ha visto andare in scena Io, Ettore Petrolini, di Giovanni Antonucci, interpretato da Antonello Avallone; Stéfano, di Armando Discépolo, un classico del teatro argentino scritto dal fratello di uno dei più fecondi autori del tango, Enrique Santos Discépolo. Sono seguiti uno spettacolo dedicato a Pirandello segreto, di Maricla Boggio, e La morte della Pizia di Friedrich Dürrenmatt, adattata per il teatro e interpretata da Patrizia La Fonte insieme a Maurizio Palladino, regia di Giuseppe Marini. Ne abbiamo scritto la settimana scorsa. Tra i prossimi spettacoli vedremo dal 10 al 19 gennaio un Volpone di Ben Jonson, con la regia di Carlo Emilio Lerici, i Menecmi di Plauto, dal 21 febbraio al 9 marzo, regia di Zingaro, l’Elettra di Sofocle per la regia di Giuseppe Argirò dal 14 al 23 marzo, I cavalieri di Aristofane messi in scena dal 28 marzo al 6 aprile da Cinzia Maccagnano e l’Adelchi di Manzoni messo in scena dal 9 al 18 maggio dallo stesso Zingaro. È attualmente in scena fino al 15 dicembre la Mandragola di Machiavelli, adattamento e regia di Nicasio Anzelmo. Impegno da far tremare le vene e i polsi. Testo simbolo del teatro rinascimentale italiano, e una delle commedie più belle mai scritta, la Mandragola costruisce attraverso l’imitazione della commedia classica antica una macchina teatrale perfetta che in realtà porta sulla scena la società fiorentina contemporanea. A Machiavelli riesce alla perfezione l’operazione che un secolo dopo costituirà l’ossatura della invenzione teatrale di Molière: adottare le forme del teatro classico per rappresentare il moderno, l’oggi. È in buona compagnia. Tutto il teatro comico italiano del cinquecento, da Ariosto a Bruno, da Bibbiena ad Aretino, da Caro agli Intronati di Siena che scrissero la bellissima commedia Gli ingannati, modello della Dodicesima notte di Shakespeare, è un cantiere di sperimentazione teatrale che costituisce il fondamento di tutto il teatro europeo, fino a Shakespeare, appunto, e oltre e si chiude con un altro capolavoro: Il candelaio di Giordano Bruno. Dopo di che il teatro comico italiano si radicalizza nell’invenzione del teatro d’attore, la commedia dell’arte, nei cui ranghi fece il suo apprendistato perfino un Molière. Snobbata dai letterati italiani la commedia dell’arte si fa modello di teatro fuori d’Italia. Una storia che la cultura italiana vede ripetersi più volte. Pirandello, osannato a Berlino e a Parigi, è fischiato a Roma e a Milano. Goldoni deve lasciare Venezia per Parigi. E a Parigi stampa Alfieri le sue tragedie. Machiavelli non sarebbe Machiavelli se anche quando scrive una commedia “facetissima”, come recita il frontespizio della prima edizione, non affidi però alla facezia una critica spietata dei costumi italiani. Critica che fa colpo anche oggi, se la rappresentazione diretta da Sergio Tofano, nei primi anni ’60 del secolo scorso, vide la polizia interrompere lo spettacolo per oltraggio alla religione di Stato. Strano oltraggio per un paese la cui Costituzione non prevede nessuna religione di Stato. C’è sempre qualcuno, in Italia, ch’è più realista del Re.
Callimaco e Ligurio
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