Geopolitica
I valori occidentali del pistacchio
Le radici dell’occidente (dal cristianesimo al pistacchio) sono, in realtà, mediorientali. Meloni-Vance promuovono l’internazionalizzazione dei “valori” sovranisti, un ossimoro per resistere alla globalizzazione.
Insomma, pare che ce la si sia fatta anche questa volta. Mancava solo Totò per completare il roster degli accompagnatori del Proud Red Neck Vance in giro per Roma. E chissà se il principe De Curtis sarebbe riuscito a vendergli la fontana di Trevi come in Totòtruffa ’62 fece con l’italo-americano entusiasta della città eterna. Di certo siamo riusciti a piazzargli un bel gelato al pistacchio. Naturalmente di Bronte, perché non esiste pistacchio al mondo oramai che non sia di Bronte. Un prodotto che oramai può fare bella mostra di sé tra i valori occidentali tanto amati dai sovranisti di tutto l’ovest, come il cristianesimo. Occidentali del Medio Oriente. Se ci pensiamo bene, anche per la religione fu così. Nata in Medio Oriente, sede operativa al centro dell’impero romano. Un po’ come se, tra qualche secolo, si definisse Apple irlandese o cinese per via del trasferimento per motivi economici delle sedi o delle fabbriche.
Comunque sia, quando il vicepresidente americano J.D. Vance, durante una visita ufficiale, si è fermato a gustare un gelato artigianale, scegliendo una coppa con pistacchio di Bronte, si è rappresentata secondo gli “esperti” di comunicazione un’immagine dolce e mediatica, che in realtà però nasconde un retrogusto più complesso.
Quel gelato, infatti, racchiude in sé una serie di paradossi che riflettono le tensioni dell’Occidente contemporaneo: l’incontro tra valori occidentali e radici mediorientali, il sovranismo che cerca alleanze transatlantiche, e il ruolo ambiguo di un’America divisa tra isolazionismo e leadership globale.
L’incontro d’amorosi sensi tra il vice di Trump e Giorgia Meloni non è casuale. La premier italiana, esponente di un sovranismo conservatore radicato nella tradizione cristiana, ha costruito un ponte inaspettato con l’America di Trump, trasformandosi nell’ambasciatrice degli interessi del tycoon in Europa, nonostante le differenze di stile. Vance, portavoce di un repubblicanesimo populista, incarna una straordinaria ambivalenza: promuove un’America “chiusa” protezionista, ma cerca intese con leader europei che condividono la difesa dei “valori occidentali”. Un ossimoro politico: come conciliare la retorica della sovranità nazionale con alleanze che richiedono compromessi internazionali? La risposta, forse, sta nella convergenza su temi identitari: famiglia, fede, sicurezza. Ma è una convergenza fragile, come il gelato che si scioglie sotto il sole romano.
Il pistacchio di Bronte, grandissimo brand, presidio Slow Food e orgoglio siciliano, ricorda però che i confini culturali sono fluidi. Come il cristianesimo, nato in Medio Oriente ma diventato colonna dell’identità europea, anche il pistacchio arriva dall’antica Persia, diffondendosi in Sicilia con gli arabi nel Medioevo. Entrambi, oggi, sono considerati “occidentali”, ma la loro storia svela un Occidente ibrido, plasmato da scambi e invasioni. Un paradosso per chi, come i sovranisti, idealizza purezze culturali immaginarie. La tradizione cristiana stessa, evocata come baluardo contro il “globalismo”, è frutto di contaminazioni: dai filosofi greci ai profeti ebrei.
Vance, erede designato (da lui stesso) della “America First” di Trump, rappresenta una corrente che vede nella chiusura la via per ridare grandezza agli Stati Uniti. Eppure, l’America è stata un faro globale proprio quando ha scelto di aprirsi: dal Piano Marshall alla promozione della democrazia, dalla capacità di attrarre talenti alla creazione di istituzioni multilaterali. Il protezionismo di fine Ottocento tanto decantato da Trump, al contrario, portò quasi al disastro. L’ossimoro è tutto qui: i sovranisti evocano un passato mitico, ma quel passato fu costruito con coraggio, non con paure.
Mentre Vance assaggiava il pistacchio di Bronte, forse non pensava alle carovane che portarono quelle piante in Sicilia, né ai monaci che nei secoli coltivarono fede e conoscenza girando per il mondo allora sconosciuto. Eppure, quel gesto contiene una lezione: l’Occidente è forte quando accetta di essere cantiere aperto, non fortezza. La sfida per Meloni, Trump e i loro alleati è capire se il sovranismo possa essere una risposta alle paure del presente senza tradire la complessità della storia. Perché, come il gelato, anche i valori hanno bisogno di equilibrio: troppo chiusi, si sciolgono; troppo rigidi, si spezzano.
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