Lavoro

Feltrinelli. La lotta di classe arriva in libreria (e non è un saggio)

Il sindacato chiede aumenti salariali e fine del salario d’ingresso. Feltrinelli, storica istituzione della sinistra milanese, che oggi sembra voler intercettare i delusi da Sala, recalcitra e rischia di iniziare il suo settantesimo anno di attività scontrandosi col sindacato.

22 Gennaio 2025

Storica casa editrice di sinistra, fondata dal rampollo di una facoltosa famiglia della borghesia milanese convertitosi al socialismo e apologeta del guevarismo in Italia, Feltrinelli Editore rischia di inaugurare il suo settantesimo anno di attività scontrandosi coi propri dipendenti e col sindacato. Da dicembre, infatti, le trattative iniziate a giugno per il rinnovo del contratto integrativo aziendale scaduto a fine 2023 registrano uno stallo su aspetti economici che in parte pesano sul piano più generale della parità di diritti tra lavoratori più meno giovani.

Un’azienda che cresce

Se spesso si parla di “crisi del libro”, i dati del Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2024 dell’AIE – Associazione Italiana Editori in realtà registrano una crescita dell’editoria dell’1,1% nel 2023 rispetto all’anno precedente ovvero gli italiani hanno speso in libri 3 miliardi e mezzo di euro, 328 milioni più del 2019, un incremento di 13 milioni di copie vendute. In questo quadro di crescita complessiva pluriennale, solo in parte ridimensionato da un 2024 negativo (-2,3% copie vendute), i grandi player come Mondadori e Feltrinelli, produttori e venditori insieme, fanno la parte del leone e si contendono nuove quote di mercato. A luglio Feltrinelli ha acquistato il 10% di Adelphi, piccola ma storica casa editrice milanese, che nel 2023 ha stabilito il record di 7,5 milioni di euro di ricavi (+4,5), e ad agosto Mondadori ha risposto aumentando altrettanto la sua partecipazione societaria assicurandosi opzioni di acquisto esercitabili dal 2027.

Nel 2023 Feltrinelli aveva superato la soglia del mezzo miliardo di ricavi, 511 milioni, 13 più dell’anno precedente (+2,6%), con un margine operativo lordo in crescita di oltre il 10%. È per questo che il sindacato di fronte alle rigidità dell’azienda ha deciso di proclamare lo stato di agitazione, bloccando lo straordinario festivo, ci racconta Alice Romano, funzionaria della Filcams CGIL di Milano, la città dove Feltrinelli ha il suo cuore e nei quattro megastore, insieme a numerosi punti vendita più piccoli, si concentrano circa 200 dei 1.200 commessi distribuiti tra le 115 librerie del Gruppo. “Feltrinelli ha avuto cassa integrazione contratti di solidarietà fino al 2022. Poi si è usciti da questi quasi 10 anni di ammortizzatori sociali. Le ristrettezze sono finite e ci aspettiamo che l’azienda faccia un sforzo per dare ai lavoratori che ciò che in passato non si poteva permettere, a partire dagli stipendi, fermi da 10 anni”, ci spiega. Tra le richieste sindacali, non a caso, anche premi di produzione agganciati ai risultati economici del Gruppo.

Alla Romano chiediamo di tracciare un profilo del lavoratore delle librerie Feltrinelli, che oltre che a Milano si concentrano soprattutto a Roma, Bologna, Firenze e Torino. La composizione di genere dei lavoratori del Gruppo è abbastanza equilibrata, nelle città più cosmopolite come Milano ci sono dei lavoratori stranieri, ma l’aspetto più caratteristico è l’età media elevata, sopra i 40, ci racconta la sindacalista, nonostante qualche anno fa l’azienda abbia approfittato delle opportunità offerte dai “contratti di espansione”, uno scivolo pensionistico per chi ha meno di 5 anni di lavoro davanti a sé, per svecchiare la forza-lavoro assumendo un giovane ogni tre anziani in uscita. Il tempo parziale incide in modo significativo. Feltrinelli tendenzialmente inquadra i commessi al IV livello del contratto del commercio: per un full-time sono circa 1.300 euro al mese, ma per un part-time vanno riproporzionati in base alle ore di lavoro svolte.

Se rispetto al contratto nazionale i dipendenti Feltrinelli beneficiano di condizioni di maggior favore, ad esempio le maggiorazioni sul lavoro domenicale, più elevate rispetto al 30% stabilito dal contratto collettivo, per un massimo di 12 domeniche e festivi l’anno, si tratta di cifre insufficienti a vivere in grandi città come quelle in cui perlopiù hanno sede le librerie. Perciò il sindacato chiede di aumentare la maggiorazione sul festivo e il valore dei buoni pasto da 6 a 7,50 euro (a Milano più che un buono pasto è un buono merenda), ma soprattutto di abolire il cosiddetto “salario di ingresso”. Di che si tratta? “Oggi per 24 o 36 mesi i neoassunti godono di un trattamento peggiore rispetto ai dipendenti più anziani in termini di ticket, premi e maggiorazioni”, spiega ancora la Romano. “Anche questa era una clausola che avevamo accettato in un quadro di difficoltà per l’azienda. Ma ora non siamo più disponibili ad accettare che i lavoratori vengano tenuti divisi riservando trattamenti così diversi e per un periodo così lungo” conclude.

Contraddizioni a sinistra

Lo stallo si misura soprattutto su due punti: l’azienda ha detto sì sui buoni pasto, ma chiede di scaglionare l’aumento su addirittura tre anni e dice no all’abolizione del salario di ingresso. Una scelta di mercato che punta a ridurre il costo del lavoro per affrontare un mercato sempre più concorrenziale. Non c’è solo Amazon, ma anche, come si è visto, il confronto coi concorrenti nazionali. Mondadori, ad esempio, gestisce gran parte dei suoi punti vendita in franchising. Nella rete Feltrinelli, invece 105 librerie su 115 sono a gestione diretta e questo rende più il costo del personale più elevato. Una scelta che ci si aspetterebbe essere rivendicata da una “casa editrice di sinistra” e forse un tempo lo è stata, almeno in parte, oggi non più. Il sostegno da parte della famiglia non è più lo stesso da almeno 15 anni, dicono i più informati, e l’azienda tende sempre più a conformarsi a criteri di mercato, un “cambiamento di pelle”, che per Alice Romano “può provocare delusione, soprattutto in lavoratori di una certa età che sono in azienda da molto tempo e hanno conosciuto la vecchia gestione”. Il 31 gennaio, data in cui l’azienda presenterà le sue controproposte, il sindacato dovrà decidere se metter fine allo stato di agitazione oppure alzare il livello dello scontro. Il 29 novembre lo sciopero generale CGIL UIL nelle librerie ha raccolto adesioni molto elevate e vedremo se l’azienda lo considererà un campanello d’allarme.

In ogni caso è difficile non notare la contraddizione, tanto più in un quadro politico milanese in cui l’attivismo della Fondazione negli ultimi mesi si è fatto più evidente. L’impressione è che i “mal di pancia” suscitati a sinistra dell’amministrazione Sala, di recente amplificati dal “salva Milano”, siano in crescita e che un’istituzione storica della sinistra milanese quale Feltrinelli stia cercando di intercettarli. La vertenza dei lavoratori delle librerie rappresenta un potenziale inciampo e potrebbe assumere un significato più generale. Insomma un modo per capire quale ruolo assegna ai lavoratori un pezzo della borghesia intellettual-progressista milanese nel futuro di una città che si avvia rapidamente verso le elezioni e in cui si ha la sensazione che per Sala il momento del crepuscolo si avvicini, a prescindere dal terzo mandato.

Immagine: Lavoratori Feltrinelli

Articolo tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 21  gennaio 2025.

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