
Letteratura
Con ‘Le Vene dell’Ostia’ Fernando Acitelli racconta in poesia Roma e la sua fede perenne
Recensione del libro di poesie ‘Le Vene dell’Ostia’ di Fernando Acitelli, edizioni Ignazio Pappalardo
Roma è piena di chiese il cui nome è pura poesia. E questi nomi basta leggerli per evocare tutto il mistero di sacralità e di silenzio che alberga in esse, specialmente all’ora del tramonto. Nel libro ‘Le vene dell’Ostia’ del poeta Fernando Acitelli, edito da Ignazio Pappalardo Editore, alcune di queste chiese vengono passate sapientemente in rassegna, lasciando filtrare la forte devozione dell’autore e, insieme, il profondo spirito di osservazione che inevitabilmente, in alcuni casi, sembra tradursi in solenne preghiera. Santo Spirito dei Napoletani, Santa Maria in Vallicella, Santa Maria in Via, San Lorenzo in Lucina, Santa Maria della Concezione dei Cappuccini. Pronunciateli lentamente e vedrete che le chiese di Roma non sono come tutte le altre chiese. Tra le mura di questi edifici di culto vivono secoli di storia che consentono di connettersi direttamente al momento storico in cui l’annuncio della buona novella è stato dato, arrivando alla fonte di tutto.
La poetica di Fernando Acitelli in questo libro è fortemente contemplativa. Nato e residente a Roma, Acitelli sceglie di attraversare la sua città come un viandante, come una figura laica che secondo un proprio ritmo interiore vive e sente l’esperienza cristiana che si concretizza ogni giorno all’interno delle vene dell’ostia. Lo fa come uno di quei pellegrini che in questo anno giubilare si recano in Piazza San Pietro per attraversare la Porta Santa. Il tempo principe delle sue poesie è quello del tramonto, quando le chiese di svuotano e restano solo quelle figure che conoscono bene l’odore dell’incenso e i ritmi del breviario, il parlato breve del sacrestano e la solerzia del sacerdote appena uscito dal confessionale. Uno dei temi principali di questa raccolta di poesie è la figura materna che torna più volte, nella segreta speranza di poterne risentire la voce dentro uno di quelle chiese a lei tanto care.
Le poesie sono organizzate in nove sezioni tematiche. La riflessione che accendono è circolare, come il giro delle chiese che l’autore sembra fare periodicamente ogni sera. Così le chiese davanti a cui passa forniscono una galleria di figure che Acitelli ricama con mirabile carità e musicalità, donne, poveri, anziani. E il presepe diventa un oggetto per richiamare la devozione della madre, come un fatto concreto vissuto fin dall’infanzia. Perché alla fine anche il Paradiso si può ledere, trapassandolo con gli strumenti della poesia. E andarsene in giro per Campo Marzio con questa consapevolezza è ciò che Acitelli riesce a fare magistralmente. Fino a confrontare grandezze due assolute, come quelle del Foro Romano e del Vangelo cristiano. Perché è questo il senso delle arti che ci troviamo a padroneggiare, fare in modo che possano essere sempre riflesso di qualcosa di più grande.
Acitelli è un poeta ad andatura lirica. Cammina per le strade di Roma, la attraversa con la poesia dentro. Vive di folgorazioni che si accendono improvvisamente, e mette per iscritto immediatamente ciò che la poesia gli suggerisce. La poesia è un atto rivoluzionario perché non concede tempo. I versi se non li fermi immediatamente spariscono, vanno via. E il poeta è colui che sceglie costantemente di dedicare attenzione e tempo alla liricità emergente della vita di ogni giorno. Acitelli lo fa in maniera esemplare dalle strade della città eterna. Analizza nei suoi versi la tosse tra le navate e i malanni di quelle persone che in chiesa vanno a cercare rifugio. Le vene dell’ostia sono quelle in cui scorre la certezza di una presenza, in una città in cui la notte non è mai sola, perché le fanno compagnia le immagini di tanti santi. Una città che è un grande magazzino dell’antichità, un posto dove vive tutta la memoria dell’Universo, insieme alla poesia nel suo massimo incanto.
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