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America
C’era una volta l’America
Gli States, nella trumpiana concezione del mondo, sono ancora il luogo dove vengono garantiti i talenti e i diritti di tutti?
La democrazia americana (da esportazione) ha dei difetti di fabbrica, come qualsiasi prodotto di consumo. Al pari di una merce commerciale può presentare anomalie che ne compromettono il mercato. Il dazista Donald Trump, pertanto, rappresenta, per i suoi modi di fare e di dire, quel “guasto” che fa inceppare gli ingranaggi di un “modello democratico” che nel corso della storia non ha mai ignorato del tutto lo stile della retorica, l’estetica del comportamento, la brillantezza della comunicazione, ergendosi a faro spandi luce per il mondo intero. Tutto il pensiero dell’insostenibile Trump, infatti, è dato da uno sfrenato populismo, da cui estrae atteggiamenti e una fraseologia da “saloon”, che ridimensionano considerevolmente il fascino di un’America capace di farsi percepire evoluta e distante da ogni forma di regresso ideologico.
Trump, dunque, personaggio non passibile di parodia in quanto fa della gag il suo stato naturale, usa disinvoltamente tutto l’arsenale dinamitardo della dialettica (si fa per dire) di cui dispone, fatto di parole fumanti e giudizi crepitanti, adoperate in maniera baldanzosa non solo nei confronti degli oppositori, ma anche rispetto al comune senso americano della decenza, che, a quanto pare, non ha saputo avere ragione di tanta ostentata “finesse d’esprit” messa al servizio e al comando della politica. Per ora, niente sembra squalificarlo, meno che mai gli insulti che distribuisce a scialo, mirando chiunque capiti a tiro, che si tratti di messicani di frontiera o giornalisti disabili.
Trump, infine, espressione pirotecnica di un conservatorismo smisuratamente eccessivo, che attenta al mito stesso del sogno americano, rovesciandolo: egli è la conferma che chiunque, se abbondantemente ricco, può sbaragliare la concorrenza e garantirsi il successo ai più alti livelli della politica, nonostante si assumano comportamenti di evidente sconvenienza. L’America, agli occhi del mondo, è ancora quel luogo dove chiunque, dotato di talento e volontà, può aspirare, nel rispetto del prossimo, a sognare in grande, fino a diventare Presidente degli Stati Uniti? Prefigurando una commissione di saggi, formata esclusivamente dagli spiriti di coloro che dal 1789 ad oggi hanno guidato gli States, si rende possibile chiedersi, chi, da George Washington a Thomas Jefferson, per passare da Abraham Lincoln a Benjamin Harrison, finendo con Theodore Roosevelt e John Fitzgerald Kennedy, vedrebbe di buon occhio l’incarnazione dell’America nel grottesco “twist solipsista” di Donald Trump?
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