
Italia
Benessere coatto
Respira, sorridi e non fumare
Il benessere non è più una scelta. È un obbligo. Non sei stressato? Sospetto. Non mediti al mattino? Sei un avanzo del secolo scorso. Non pratichi ginnastica aziendale alle sei? Non rendi abbastanza. E dunque sei sbagliato. Un tempo la sofferenza era un dato di realtà. Oggi è un errore di sistema, un difetto da correggere. Non basta più stare bene, bisogna farlo nel modo giusto. Con la giusta postura. Il giusto respiro. Il giusto sorriso. Se non sei felice, è colpa tua. La tristezza è un malfunzionamento. La solitudine, un virus da espellere a colpi di sedute motivazionali.
Il mercato, naturalmente, ha fiutato prima di tutti. La ricerca dell’equilibrio interiore è diventata industria. Corsi di respirazione per aumentare il rendimento, giornate di silenzio per potenziare la produttività, digiuni programmati per migliorare l’umore e il fatturato. Non sei più una persona. Sei una macchina da performance emotiva. Le imprese non si limitano più a offrire premi. Ora regalano sedute di rilassamento tra una riunione e l’altra, perché il dipendente sereno rende di più. E allora via, stretching, sorrisi, collo aperto e anima distesa. Peccato che nessuno si chieda più se, sotto, ci sia ancora qualcuno.
Nelle librerie, gli antichi saggi sulla morale sono stati sostituiti da libretti a colori pastello: “Come ritrovare la calma in tre settimane e una promozione”, “Rinascere in ufficio dopo una crisi di pianto”, “Impara a volerti bene. Se non ci riesci, paga qualcuno che ti insegni come si fa”. Una spiritualità in scatola. Un miscuglio di psicologia spicciola, meditazione fai-da-te, frasi da cioccolatino riciclate nei gruppi di auto-aiuto. La nuova salvezza non promette più la vita eterna. Promette una faccia serena davanti al capo. E una postura corretta davanti allo specchio.
Nel frattempo, a Milano è vietato fumare all’aperto se non si è almeno a venti metri da un’altra persona. In pratica, per accendere una sigaretta serve un ingegnere che calcoli le traiettorie del vento e un geometra che misuri le distanze. E lo dico da fumatore. Le sigarette uccidono, d’accordo. Lo scrivono ovunque, a lettere cubitali, con immagini raccapriccianti: “Il fumo uccide”, “Smetti subito”, “Il fumo causa ictus e disabilità”. Perfetto. Ma allora, tu Stato, se hai deciso che le sigarette sono strumenti di morte — e l’hai deciso con l’avallo della scienza, della medicina, della comunicazione pubblica — perché le vendi ancora? Perché le lasci negli scaffali? Perché le incarti con avvertimenti funebri e le distribuisci comunque, ogni giorno, in ogni bar, in ogni tabaccheria? Se uccidono, mettile fuori legge. Se non lo fai, perché non lo fai? Per paura del contrabbando? O perché, molto più banalmente, ci guadagni troppo? Le accise, il prelievo fiscale, le entrate sicure. La salute, evidentemente, va bene. Ma fino al punto in cui non tocca il bilancio dello Stato.
Così si va avanti. Tra un respiro guidato e un corso motivazionale, si marcia verso un futuro senza pause. Sempre più efficienti, sempre più scollegati. Il segreto è non fermarsi. Mai. Nemmeno quando sei vuoto. Nemmeno quando stai male. Respira. Sorridi. E ricordati di non pensare.
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