Next Generation: YOU
Il PNRR potrebbe essere soprannominato «Next Generation: YOU».
Un po’, perché è «lo strumento che traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che l’Italia intende realizzare grazie all’utilizzo dei fondi europei di Next Generation EU, per attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia e rendere l’Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa». E un altro po’, perché il caso vuole che «Next Generation: YOU» si pronunci quasi come «Next Generation EU».
Ma il nostro PNRR sta veramente lavorando per le Next Generation?
La domanda ha una sua ragion d’essere, visto che a p. 36 del PNRR si dice testualmente che
«i giovani sono tra le categorie più colpite dalle ricadute sociali ed economiche dell’epidemia di nuovo coronavirus» e in quella successiva si aggiunge che «le azioni del Piano sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società».
È ancora presto, tuttavia, per dare risposta alla domanda
La prima fase di attuazione del Piano, in via di chiusura, è stata dedicata al disegno dell’assetto istituzionale e all’approvazione delle riforme. In parallelo, buona parte del 2022 è stata dedicata alle procedure pubbliche per l’assegnazione delle risorse ai soggetti attuatori. Solo a partire dal 2023 cominceremo a vedere i risultati.
Le premesse, tuttavia, appaiono promettenti, considerato che nella Sezione II – Schede sull’attuazione di riforme e investimenti della seconda Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentata il 5 ottobre 2022 dal Governo Draghi, su circa 200 interventi, ben 46 (15 riforme e 31 investimenti) riguardano in modo specifico il capitale umano, nelle sue diverse espressioni: contenere la dispersione scolastica, riqualificare la filiera educativo scolastica, orientare le giovani generazioni nelle scelte, sostenere la creazione di imprese, valorizzare il talento femminile, includere.
Come orientare le scelte prossime venture del nuovo Governo sul fronte PNRR?
A questa domanda rispondono almeno in parte gli autori de La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2022 (Il Mulino, 2022), in cui riportano e commentano la voce della Next Generation:
è un libro che va letto perché, come tutti ben sappiamo, senza l’oste i conti non tornano mai.
Gli stessi autori, e in particolare Corrado Bonifazi e Angela Paparusso, mettono in evidenza un potenziale bug del PNRR. Nell’introduzione del capitolo “Le opinioni delle nuove generazioni sull’immigrazione” scrivono:
«Un tema completamente assente dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e dalla legge di bilancio per il 2022 è l’immigrazione. Nonostante la questione demografica sia affrontata direttamente dal PNRR e diverse misure per creare un ambiente più favorevole alla natalità abbiano trovato spazio nella finanziaria, il flusso che in definitiva ha permesso al Paese di ritardare di almeno un decennio l’inizio del declino della popolazione non ha meritato alcuna considerazione in due documenti che dovrebbero delineare il futuro prossimo dell’Italia. Eppure, già da alcuni mesi la ripresa economica in atto ha determinato carenze di manodopera in alcuni settori e per particolari mansioni. Carenze che non potranno che ampliarsi se, come auspicabile, i ritmi di crescita del paese si manterranno nei prossimi anni sui livelli previsti da tutti gli osservatori nazionali e internazionali».
Destinati a diventare un Paese di transito?
Il «World Population Prospects 2022», redatto dalla Population Division dell’ONU e reso noto lo scorso 11 luglio, dice che il nostro declino demografico è segnato: passiamo da 59,1 milioni di abitanti nel 2022 a 52,4 nel 2050 (-11,3%) e continueremo a invecchiare visto che l’età mediana crescerà da 47,3 anni nel 2022 a 53,4 nel 2050.
Si dirà che tutta l’Europa è nelle nostre condizioni. Ma non è così. Da qui al 2050, la popolazione dell’Europa Occidentale (Francia, Germania, Svizzera, Austria e Paesi Bassi) perderà solo 1 milione di persone (da 195,5 a 194,5 milioni di abitanti) e l’età mediana arriverà «solo» a 47,6 anni (a fronte dei 53,4 dell’Italia). E poi c’è il caso dei nostri cugini d’Oltralpe, dove invece la popolazione crescerà di 1,2 milioni (da 64,6 a 65,8 milioni) e l’età mediana si fermerà a 46,1 anni.
Per non parlare degli Stati Uniti: sempre nel periodo 2022-2050, le stime dicono che nel Paese a stelle e strisce si passerà da 337 a 375 milioni di abitanti (+11,3%), per schizzare a 394 nel 2100, mentre l’età mediana si sposterà da 37,9 a 43,1 anni. Come ci riusciranno? La popolazione degli Stati Uniti aumenterà per effetto dei flussi migratori, perché il mito americana di libertà, opportunità e realizzazione personale e professionale resiste all’usura del tempo per buone e convincenti ragioni, e mantiene l’attrattività del Paese, in particolare per le persone più qualificate e ambiziose.
Noi non meritiamo di essere solo un Paese di transito, ma dovremo porci seriamente l’obiettivo di diventare attrattivi per i milioni di persone che si muoveranno in giro per il mondo: lo reclamano le nuove generazioni, come dicono Bonifazi e Paparusso.
Ci meritiamo invece un «Next Generation: YOU», realizzabile mettendoci all’ascolto della Next Generation.
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