Scuola a “tempo lungo” fino a diciassette/diciotto anni
UNA SCUOLA SUPERIORE UNICA PER TUTTI I RAGAZZI ITALIANI
Dieci proposte per una riforma democratica dell’istruzione superiore italiana.
DUE
Nel mondo dei sogni dell’istruzione, i ragazzi dovrebbero restare a scuola fino alle cinque/sei del pomeriggio, e fino a quando compiono diciassette/diciotto anni. A scuola si studia, si fanno i compiti, si consuma il pranzo, si pratica uno sport, si suona uno strumento, si canta, si fa arte. I ragazzi devono essere seguiti da una rete di insegnanti, educatori, pedagoghi, musicisti, allenatori sportivi, mentre i genitori potranno andare serenamente a lavorare, sapendo che i loro figli passeranno la giornata in un ambiente protetto come quello della scuola. Un effetto indiretto di una tale misura sarebbe senz’altro l’aumento del tasso di natalità in Italia, perché i futuri genitori sapranno che ci sarà la scuola ad occuparsi dei loro figli fino a quando non compiono diciassette/diciotto anni, mentre oggi, finite le elementari, molti ragazzi devono stare a casa da soli, dopo essere usciti all’una da scuola.
Uso il temine “scuola a tempo lungo” invece di “scuola a tempo pieno”, perché nella nuova scuola le ore di lezione non dovrebbero essere più di quattro/cinque al giorno, lunghe cinquanta minuti, da tenersi alla mattina o nelle prime ore dopo il pranzo. Il pomeriggio dovrebbe essere dedicato allo studio, da svolgere da soli o in gruppo, oltre che allo sport e alle attività artistiche. La scuola dovrebbe durare cinque giorni alla settimana, lasciando libero il sabato.
Oggi, le mense scolastiche sono previste solo per le scuole elementari. Ma solo un milione dei circa due milioni di bambini che frequentano le elementari hanno la mensa. Gli altri tornano a casa per il pranzo. Cosa succede se non c’è la nonna ad aspettarli, quando la mamma lavora? Chi può permetterselo compra i servizi di un’altra donna che si occupi di loro, costringendola magari a lasciare da soli i propri figli per tenere quelli degli altri. Ma molte donne devono rinunciare al lavoro (per seguire la famiglia), e molti ragazzi finiscono ugualmente per stare a casa da soli il pomeriggio.
Su un totale di sette milioni e duecentomila studenti italiani, oggi più di sei milioni tornano a casa per il pranzo. Quanto costerebbe farli mangiare tutti a scuola, ammesso che sia possibile ricavare (a costi ridotti) dei locali dove inserire i refettori?
Faccio dei conti un po’ all’ingrosso.
- Gli studenti (delle scuole statali e paritarie di tutti i gradi) sono 7.200.000 .
- Gli studenti della primaria a tempo pieno che mangiano a scuola sono circa 1.000.000.
- Il costo della mensa a Milano è di circa 5 euro a pasto, di cui il 50% (mediamente) a carico delle famiglie (compreso il costo delle scodellatrici).
Il costo dei pasti per i sei milioni aggiuntivi di studenti (calcolandoli a 5 euro) sarebbe quindi di circa 3 miliardi per le famiglie e altri 3 miliardi per lo stato (e le altre istituzioni comunali o private che operano nell’istruzione). Certo, bisognerebbe valutare anche il costo del personale necessario per tenere aperte le scuole fino alle cinque del pomeriggio. Una possibilità per non sostenere spese troppo elevate potrebbe essere di iniziare le lezioni alle 9.00, con un tempo di pre-scuola dedicato ai figli di chi va a lavorare prima, per concludere le lezioni alle 13.00, con un’ora per la mensa e 30 minuti di intervallo. Dalle 14:30 fino alle 16.00 i ragazzi fanno i vecchi compiti “a casa”, adesso diventati “a scuola”, assistiti dagli insegnanti o dagli educatori, e poi dalle 16:00 fino alle 17:00/18:00 i ragazzi svolgono un’attività musicale, artistica e sportiva, all’interno della scuola o in strutture collegate, ancora grazie al contributo economico sostenuto dalle famiglie (in base al reddito, con dei meccanismi di compensazione), per una cifra che si potrebbe aggirare intorno ai 5 euro al giorno per alunno.
Con una spesa media di 1.400 euro all’anno per alunno, (2,5 euro di mensa e 5 euro per le attività sportive o musicali, oltre che artistiche), le famiglie potrebbero lasciare i loro figli all’interno delle istituzioni scolastiche fino alle cinque/sei di sera. Naturalmente dovrebbero essere previsti dei sussidi per le famiglie meno abbienti. Qualcuno potrebbe chiedersi: i ragazzi devono restare in classe anche il pomeriggio? La risposta è sì, almeno per il momento, fino a quando non vi saranno investimenti più sostanziosi nell’edilizia scolastica. Ma non reputo una tale ipotesi una sciagura. Mio figlio, che ha frequentato un Convitto Nazionale durante le scuole medie, è stato ben felice di passare con i suoi compagni di classe tutti i pomeriggi, perchè altrimenti sarebbe rimasto a casa a fare videogiochi e chattare con gli amici. Per i ragazzi è meglio stare stretti in una classe – magari a lavorare in gruppo – che non chiudersi da soli in una stanza, in compagnia di relazioni solo virtuali.
Sembra il mondo dei sogni, ma con una spesa pari allo 0,5% circa del PIL, diventerebbe possibile aumentare il numero delle donne che lavorano e producono reddito. In Italia la percentuale di donne occupate è del 49%, molto più bassa di quella della media dei paesi UE: 62% (1). Se più donne andassero a lavorare, il nostro reddito pro-capite aumenterebbe. I costi della scuola a tempo lungo verrebbero quindi compensati dai maggiori versamenti fiscali da parte delle donne lavoratrici.
Nella nuova scuola, gli allievi potrebbero restare in un ambiente protetto fino alle cinque del pomeriggio, anche quando sono preadolescenti e adolescenti. Lo studio personale e di gruppo verrebbe svolto all’interno della scuola, così che tutti ricevano il sostegno necessario, soprattutto nel caso in cui abbiano più necessità di altri di essere aiutati. Durante il pomeriggio, i docenti potrebbero seguire meglio i ragazzi che hanno qualche difficoltà in più. Sarebbe naturalmente necessario allungare il tempo che gli insegnanti devono passare a scuola: oggi sono previste solo 18 ore di insegnamento settimanali, più un monte ore annuale di 80 ore da dedicarsi a scrutini, attività collegiali, eccetera.
Una rivisitazione del contratto di lavoro dei docenti che prevedesse un aumento delle ore da passare all’interno della scuola avrebbe certamente un costo (a carico delle istituzioni statali), ma porterebbe anche a maggiori benefici per gli studenti. Gli insegnanti potrebbero infatti dedicarsi, nelle ore pomeridiane, ad attività di tutorship , in cui è previsto il rapporto uno a uno, mentre oggi in Italia l’unica modalità di interazione possibile tra studenti e insegnanti è quella della lezione frontale in classe, in cui ai discenti è richiesta una prestazione di tipo passivo: ascoltare. Negli istituti tecnici e professionali (oltre che negli E.F.P.) sono previste attività laboratoriali, che però si sostanziano spesso nel semplice cambio della classe in cui si fa lezione (passando magari a un aula dotata di computer).
Anche lo sport dovrebbe essere svolto durante il “tempo lungo”: le scuole potrebbero appoggiarsi ad altre strutture come palestre, piscine, campi da calcio, anche quelli degli oratori. Le nuove costruzioni scolastiche dovrebbero prevedere al loro interno gli spazi in cui svolgere sport. Esistono poi attività sportive come la corsa campestre che possono essere svolte anche nei parchi o nelle periferie agricole.
Il tempo lungo sarebbe stato difficile da praticare in periodi di emergenze sanitarie come quella causata dal Coronavirus, che nell’inverno 2021-2022 ha costretto i ragazzi a non andare a scuola o restare in classe addirittura con le finestre aperte. Ma la pandemia ha mostrato anche quanto siano gravi gli effetti della solitudine sui bambini e sugli adolescenti, chiusi nelle loro camerette durante i vari lockdown. Frequentare la scuola in compagnia dei coetanei e restare con loro anche durante il pomeriggio è meraviglioso: l’unica cura per guarire dalle psicopandemie: i disagi e i disturbi psicologi che hanno toccato in particolare bambini e adolescenti durante i due anni segnati dal Covid-19 e che potrebbero ripresentarsi in caso di altri confinamenti prolungati.
(1) Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ragioneria Generale dello Stato, Bilancio di genere 2020, 29 dicembre 2021.
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