Marx ha fallito?
Quando annunciai sui social, lo faccio per quasi tutte le letture intraprese, che avevo iniziato a leggere il saggio “L’Anti-Marx, anatomia di un fallimento annunciato” di Giancristiano Desiderio, sono stato travolto dagli improperi velenosi di quanti, volutamente testardamente ignari delle tragedie della storia, continuano a coltivare con fede incrollabile il mito del padre del cosiddetto socialismo scientifico e del suo inveramento marxista-leninista.
Alla domanda, volutamente ingenua, se i miei critici del momento avessero letto il libro in questione mi si rispondeva, con presuntuosa arroganza, che non fosse necessario perché era sufficiente soffermarsi sul titolo per essere legittimati a “confezionare” un giudizio sull’opera.
Onestà intellettuale mi ha invece sempre imposto l’dea che il titolo di un saggio, seppure importante, non solo non è sufficiente a qualificarne il contenuto anche perché, in qualche caso, i titoli possono perfino risultare ingannevoli.
Fatta questa doverosa premessa entriamo nel merito sgomberando, innanzitutto, il campo dall’idea di trovarsi di fronte ad una sofisticata o accademica interpretazione del pensiero di Karl Marx – operazione che, nonostante tutto, non credo abbia voluto fare l’autore- e diciamo subito che invece ci troviamo di fronte a una raffinata e colta opera divulgativa il cui obiettivo è sicuramente quello meritevole di portare a conoscenza di un vasto pubblico, finora nutrito di tanti luoghi comuni, cosa sia stato il pensiero del filosofo di Treviri – un Marx giornalista e politico ma non certo, secondo la definizione di Max Rubel, un filosofo con la “F” maiuscola – e quali ricadute abbia avuto nella storia politica del novecento.
Un’operazione importante anche se non nuova, quella di Desiderio, utile a spazzare via taluni stereotipi molto diffusi fra la gente a cominciare da quello utilizzato per offrire una scialuppa di salvataggio al nostro pensatore a fronte dei disastri prodotti dalla declinazione delle sue idee nella storia: in poche parole, per tentare di dissociarlo dagli orrori del comunismo.
Ci riferiamo alla separazione di Marx dal marxismo.
Se infatti Marx dichiara di non essere marxista ma di essere solo Karl Marx, in realtà, come sostiene Desiderio, proprio “Marx fu il primo marxista e con la sua opera costruì un grande armamentario propagandistico per la realizzazione politica del comunismo”.
E, infatti, al netto delle speculazioni filosofiche e delle teorie economiche – sulla validità scientifica delle quali l’autore mostra ampio scetticismo – Marx appare una sorta di santone che rincorre un’utopia di liberazione dell’uomo che nel suo inveramento storico, purtroppo per chi ne ha dovuto fare le spese, ha tuttavia contraddetto le sue premesse liberatorie finendo per generare sistemi economici sociali oppressivi e lesivi della sua stessa dignità.
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