Così la sanità privata e la politica incapace distraggono il diritto alla salute

26 Luglio 2024

I Padri Costituenti prima e i Governi Riformisti dopo ci hanno insegnato che il diritto alla cura deve essere paritario senza differenze di casta, ceto o censo. Oggi emerge ineludibile il ripristino di questo basilare concetto e la necessità ineludibile di dover applicare l’Art.32 della Costituzione che forse anticipa lo ius soli perché a tutti è indirizzato il diritto indisponibile e inalienabile della salute, sia del singolo sia della collettività. Non si può consentire che 9 milioni di cittadini non accedano alle cure, 7mln non accedano alle cure odontoiatriche, chissà perché sempre “ privatizzate”, altrettanti milioni debbano far ricorso al pilastro assicurativo pagando la sanità a più riprese tra tasse dirette, indirette, out of pocket. Ciò significa che il diritto alla salute è diventato un privilegio di pochi abbienti a fronte di milioni di cittadini che stanno scivolando dalla incapienza al regime di povertà conclamata nel cui ambito distinguiamo ormai la povertà “elettrica”, “sanitaria” e “alimentare” con la piaga del sovraindebitamento. Dal volume in press, Diritti Violati , Sussistenza e sanità emergono le gravi criticità degli ultimi due decenni. In estrema sintesi, riassumiamo in 5 punti cardinali:

a)    Il fallimento della sperimentazione economicistica pubblico/privato  di cui la sanità lombarda è stata esempio eponimico, come modello politico fortemente voluto dai governi regionali Formigoni. Se la  “primitiva” idea era quella della sussidiarietà privata, in soccorso del possibile default pubblico per aumentarne le possibilità di soddisfazione della domanda, il risultato si è rivelato insussistente per i seguenti motivi:1. la prima conseguenza si è avvertita nella riduzione degli investimenti pubblici, per la riserva delle risorse alle convenzioni con privati; 2. Detta dispersione dei fondi, devoluta ai doveri convenzionali e riversati sul privato, negli anni ha mostrato una grave criticità: l’inesorabile declino della Scienza Medica che da faro europeo, senza investimenti di sostegno nell’era della rapida evoluzione tecnologica, è diventato fanalino di coda, incapace di sopportare i default finanziari, depauperati per versarli ai centri privati.  in Lombardia, le tabelle dei trasferimenti indicano i privati destinatari di 6,22 miliardi (1/3 circa, 28%, della spesa sanitaria e 19% del GDP lombardo). Una cifra enorme che ha assorbito risorse pubbliche, creato discrasie e bloccato la crescita delle tecnologie sanitarie lombarde. Ne è testimonianza che in Lombardia soltanto 6 strutture IRCCS ( Istituti di Ricovero e Cura a carattere Scientifico) siano pubbliche e 14 private. 3. Ne è derivata la fuga del personale medico verso condizioni di lavoro più remunerative. La soluzione possibile è l’arretramento di questa politica di indulgenza finanziaria sostituendola con investimenti pubblici che, secondo la Teoria di Keynes, nel caso specifico ossia nella materia sanitaria si traduce immediatamente in vantaggi sul reddito della collettività che aumenta in mondo più che proporzionale rispetto gli investimenti assunti e crea un circuito virtuoso da devolvere alle cure.

b)    l’Aziendalizzazione, ideata per rendere compatibili i bilanci, ha finito per trasformare il malato in cliente, aumentando la concentrazione in poche strutture con un processo centripeto che ha i) desertificato l’offerta di salute nei territori periferici; ii) creato le liste d’attesa, inesistenti quando, a pressoché parità demografica, il Fondo nazionale era la metà di quello attuale. iii) reso i costi tecnologici più alti e soprattutto, sotto il profilo etico, ha trasformato i soldi dei contribuenti in fondi da gestire con criteri non solo manageriali ma di puro profitto, al limite della costituzionalità. Questi due momenti cruciali, Sussidiarietà e Aziendalizzazione, hanno creato le premesse per un potenziamento del default rendendo inaccessibili le cure a milioni di cittadini e spingendo i più abbienti alla salvaguardia assicurativa, con una divaricazione sociale intollerabile tra intoccabili e bistrattabili. La soluzione possibile può anche prevedere la sanatoria per l’Istituto Aziendale, salvando la maggior parte delle strutture ma modificando l’impianto funzionale e ripartendo le strutture ospedaliere monopolizzatrici della domanda di salute in Aree Funzionali territoriali in ragione della gravità e della importanza della domanda, Presidi territoriali di Primo Livello, Ospedali Clinicizzati di secondo Livello e Aziende per l’Eccellenza, strutture coincidenti con gli attuali IRCCS. Ai quali vanno indirizzati gli investimenti pubblici, con una selezione accurata rispetto a quelli privati o appartenenti ad altro Stato (v. Par. 7).

c)     La Regionalizzazione, ben lungi dall’interpretare correttamente l’art. 117 della Cost., ha creato 20 Sistemi Regionali differenti, trasformando il Servizio Nazionale in Sistema amministrativo-finanziario-contabile-politico e assorbendo in media circa l’80% del Pil regionale senza assicurare paralleli vantaggi; ha determinato sperequazioni incredibili e acceso le migrazioni sanitarie  aumentando i costi, limitando le possibilità d’accesso per i residenti nelle aree di trasmigrazione e relegando le regioni di partenza in aree sempre più destinate al confine scientifico. La soluzione possibile è quella di una revisione delle competenze in senso federalista, e non regionalista, con maggiore controllo legislativo-quadro da parte del Dicastero e limitazioni legislative regionali che non siano inscritte nel quadro federativo. Di certo la Autonomia Rafforzata che esalterebbe queste discrasie è da rigettare mentre si richiede una più incisiva Riforma del Titolo V, invertendo il profilo regionalistico a competenze dirette con quello federalistico (sul modello dei Länder tedeschi) a competenze indirette e coordinate.

d)    Smentiamo in modo categorico la vulgata del taglio dei fondi o la necessità di ulteriori trasferimenti al Fondo sanitario. La stessa Corte dei Conti, (VPG Dr.ssa Chiara Vetro) si osserva[1] [2]che “quanto alla spesa sanitaria corrente espressa in percentuale del PIL, a legislazione vigente, i valori previsti sono: 6,6% per il 2023; 6,2% per il 2024; 6,2% per il 2025; 6,1% per il 2026. Quindi, la disamina dell’andamento della spesa sanitaria, rispetto al 2022, evidenzia che essa è aumentata del 2,8%, ma si è ridotta dal 6,7% al 6,6% in termini di percentuale di PIL.” Gli sforzi del contribuente, malgrado la flessione del PIL, sono valsi a rendere costante il Fondo sanitario, e anzi ad assicurargli una crescita del 2,8% di grande compatibilità contabile. L’adeguamento del Fondo sanitario standardizzato al PIL ha prodotto un fondo perequato di circa 136 miliardi di euro, raddoppiandolo rispetto gli standard antecedenti all’istituzione della regionalizzazione (L.502/92) cui va sommata la quota di spesa sanitaria privata che ammonta a circa 37 mld (tot 173 mld). Paradossalmente, tuttavia, la crescita dei trasferimenti ha contribuito fortemente alla desertificazione dell’offerta sanitaria ed allo scontento del cittadino malato, (Par. 1, Fig. 21). Nel 1992, anno dell’entrata in vigore della regionalizzazione sanitaria e sua trasformazione da Servizio in Sistema, il fondo era, con una ipotetica equiparazione di conio all’euro, non ancora in vigore, di 68 miliardi, la popolazione vantava solo 2 milioni di abitanti in meno, eppure le liste d’attesa erano pressoché inesistenti e da più parti si identificava il SSN come esempio migliore di quello del Regno Unito sul cui solco fu costruito. Inoltre si va riducendo l’aspettativa di vita, da 85.6 a 82,7 e i decessi sono aumentati negli ultimi venti anni ( 557 mila nel 2002 a fronte dei 714 mila nel 2022). Se oggi sommiamo la dispersione di rivoli di bilancio in appalti differenziati per regione, l’aumento della filiera amministrativa in surplus per motivi clientelistici, le cattedre autofinanziate, si comprende perché nel 200956, ben 15 regioni siano scivolate in Piani di rientro per l’eccesso di spesa ed alcune di esse ancora non sono pervenute al pareggio del bilancio. Dai dati sopra riportati, appare evidente che: 1) l’ancoramento al PIL del Fondo Sanitario lo soggetta a variazioni imprevedibili nel corso dell’esercizio finanziario, incompatibili con le spese previste e messe in bilancio. Inoltre, appare evidente che il Fondo sia stato implementato, e solo così ha potuto reggere lo shock inflattivo degli ultimi anni e in particolare del 2022, Annus horribilis; 2) ne consegue che aumentare ulteriormente il fondo, come alcuni vorrebbero, significherebbe ricreare le situazioni di shunt economico: in pratica, senza le opportune correzioni legislative, più aumentano i flussi finanziari di cassa, maggiore è il rischio che tali fondi siano dirottati verso le strutture private, in numero crescente di accreditamenti e sempre più omologate al rango di IRCCS; mentre quelle pubbliche, storicamente, inadatte a creare condizioni di investimenti pubblici di tipo innovativo, tecnologico e di reclutamento delle risorse umane.

Oltre che essere questo un concetto di buon senso economico, è anche dimostrabile con un esempio di tipo fisico o tratto dall’idraulica dei fluidi: se da un contenitore ( finanziario in questo caso) facciamo convergere massa liquida (anche di danaro) verso un terminale a Y in cui una branca è recettiva e l’altra ostruita  perché atrofizzata, la massa “liquida” si dirotterà automaticamente verso il collettore a maggiore disponibilità diametrica.

e) Da questo contesto deriva la marginalizzazione degli Atenei nelle Aziende Ospedaliere Univeristarie ormai incapaci di costruire una Classe medica adeguata ai nuovi percorsi tecnologici  per i seguenti motivi:

1. Saltuaria partecipazione della Facoltà di Medicina e dell’Ateneo all’elaborazione dei piani sanitari regionali. 2. Mancata partecipazione dell’Ateneo all’elaborazione dei programmi di ricerca finalizzati della Regione. 3. Ruolo dominante della Dirigenza Regionale a partire dal peso “politico” della nomina del D.G. 4. Tramonto della triplice funzione dell’AOU ( assistenziale, didattica e di ricerca ) per polarizzazione assistenziale peraltro fallace. 5. Sicché i DAI (Dipartimenti Integrati) non sono stati avviati sulla base di attività di ricerca e di formazione coordinate e condivise (legge n. 382, 1980), ma solo sull’organizzazione assistenziale ( L.502/92). 6. Nelle AOU manca un effettivo peso della governance clinica e una possibilità di reale dibattito costruttivo. 7. Non vi sono nelle AOU gli essenziali strumenti per “misurare” e incentivare la produzione scientifica, manca spesso l’anagrafe della ricerca e gli strumenti per “pesare” la ricerca scientifica. 8. Ne deriva  Vi è una sperequazione salariale fra Colleghi ospedalieri e Universitari a parità di mansioni: frequentemente il personale universitario non partecipa alla suddivisione dei fondi per il raggiungimento degli obiettivi delle rispettive unità operative.”[3]

Insomma, la politica ha deprivato o addirittura decapitato l’Accademia per farsi la “sua” Medicina, le sue facoltà, i suoi primari, avendo accesso al maggior budget regionale. Trattasi di occupazione miliziana della sanità e non certo per favorire i malati sui quali si riversa la maggior parte del deficit accumulato. Non finirà mai, se non con una controriforma radicale, l’atto di accusa verso la politicizzazione della sanità attraverso i due meccanismi consensuali e coerenti tra loro: Regionalizzazione e Aziendalizzazione.

Inesorabile il trend innescato a favore dell’Industria Clinica del settore privato: infatti nel 2022 del numero di strutture sanitarie che erogano l’assistenza ospedaliera quelle private accreditate raggiungono la metà di quelle (48,7%) e il 59,1% di quelle per la specialistica ambulatoriale. E sono prevalentemente private le strutture per l’assistenza residenziale (85%) e semiresidenziale (72,3%) e quelle riabilitative (78,6%).

L’esempio del Mater Olbia

Il Mater Olbia Hospital, è il risultato della partnership fra Qatar Foundation Endowment e Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma con offerta assistenziale, definita nel piano ospedaliero della Regione Sardegna. La nuova delibera della Giunta Regionale Sarda ( 24.07.24 D 26/9), guidata da Alessandra Todde oggi dovrebbe costituire un esempio di cooperazione pubblico/privato di sana impostazione paritaria in un territorio dalla “sanità diffusa”  con Reparti distribuiti nell’Area Vasta di Nuoro, Tempio Pausania e Olbia, quindi con una sostanziale desertificazione dell’offerta sanitaria.

Nella Delibera adottata il 24 luglio 2024 si rileva…“ Su proposta della presidente Todde, la Giunta ha disposto di dare mandato al dott. Gianpiero Scanu, attuale delegato della presidente della Regione nella Commissione Paritetica istituita in virtù dell’accordo stipulato fra la Regione e la Qatar Foundation Endowment, per la sottoscrizione di talune integrazioni all’accordo stesso. In particolare l’Esecutivo propone che sia prevista l’istituzione di un Comitato Scientifico (steering commitee) al quale siano attribuite le funzioni di coordinamento tra le diverse linee di ricerca attive o programmate sul territorio regionale, con quelle che si svolgeranno presso il Mater Olbia, nonché tra i rispettivi canali di finanziamento. Nello specifico, il Comitato Scientifico sarà chiamato a definire gli indirizzi strategici in campo scientifico e approvare i programmi annuali e pluriennali relativi all’attività scientifica e verificare l’attuazione e l’implementazione dei medesimi; definire gli indirizzi strategici in materia scientifica e di ricerca nelle discipline di riferimento e in quelle complementari, secondo i principi di integrazione con le attività di ricerca condotte in Regione e di reciproca valorizzazione dei risultati; proporre iniziative e misure per assicurare la coerenza tra la programmazione aziendale e la programmazione scientifica; esprimere parere preventivo su provvedimenti anche di tipo organizzativo che abbiano caratterizzazione scientifica e in materia di eventuale programmazione poliennale degli investimenti e di aggiornamento dei medesimi; esprimere parere preventivo su provvedimenti di costituzione o partecipazione a società, consorzi con altri enti o associazioni; pianificare le funzioni di monitoraggio dell’attività scientifica e dei risultati raggiunti rispetto agli indirizzi e agli obiettivi scientifici prefissati”.

Adottare dunque la linea della costituzione del Comitato Scientifico Indipendente ( da destinare ad ogni azienda Sanitaria Territoriale) per riprendere la strada della ricerca Clinica Applicata appare un chiaro segnale di inversione di rotta verso la qualificazione della Ricerca da parte di Istituzioni quali gli istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico, ridare dignità alla classe medica indirizzandola verso un percorso di sviluppo qualificato, ridare al territorio quella qualificazione clinica e anche di eccellenza, fortemente decaduta avendo incentivato le strutture private a scapito di quelle pubbliche. Se una Regione con un Pil di 32 miliardi, ne devolve 22 alla sanità e di questi ben 8 ai privati si creano scompensi mostruosi che alla fine decapitano l’accesso dei cittadini alle cure. Il Territorio, con le sue prerogative costituzionali ( artt 144 , 116 e 117 Cost.) si riprenda la guida sella Sanità pubblica e la trasformi con la normativa vigente degli IRCCS, in Sanità d’eccellenza che necessita di strutture efficienti e governate secondo criteri di necessità pubbliche, tecnologia avanzata e classe medica adeguata. Non solo soldi, dunque, ma armonia tra scienza, diritti e salvaguardia dei non abbienti.

[1] Lo attesta la Corte dei Conti (13.02..24, Inaugurazione dell’anno giudiziario) che stigmatizza “l’avvenuta “svalutazione” del diritto alla tutela della salute, sancito dalla Costituzione. Ciò perché “assicurato” da sistemi sanitari diversamente (in)capaci di renderlo esigibile universalmente, molti dei quali avvezzi a favorire, tra l’altro, una crescita abnorme – ben oltre le regole e la ragionevolezza – della erogazione affidata a privati. Il tutto, a discapito di quella pubblica che riesce appena a difendersi attraverso l’esigibilità dei LEP garantita dai propri IRCCS (21), atteso che quelli privati (30) rappresentano l’offerta assistenziale maggiormente attrattiva della domanda disperatamente migrante”. (Ettore Iorio, ilSole24h, La Corte dei Conti stigmatizza la “svalutazione” del diritto alla tutela della salute,14.02..24).

[2] “la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata; la tendenza, ormai già da diversi anni, 8 appare lenta ma costante: da un Servizio Sanitario Nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato”. V.P.G. Chiara Vetro. La responsabilità medica nel giudizio innanzi alla Corte dei Conti. 13.02..24

[3] Prof. Roberto Corrocher, Past-Presidente del COLMED 09. Rapporti tra scuole di medicina e sistema sanitario nazionale: necessità di una nuova legge per le AOU. Criticità e proposte. Atti del convegno “I Rapporti tra Università e Servizi Regionali Sanitari. Il ruolo fondamentale dei protocolli d’intesa” Roma, 9 dicembre 2015, pagg. 31-36

 

TAG: Autonomia territoriale, Aziende Ospedaliere, Fondo sanitario nazionale, REGIONALIZZAZIONE, Shunt Finanziario
CAT: Sanità, università

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