Sanità
Sui mezzi pubblici Immuni non funziona
Immuni non funziona sui mezzi del trasporto pubblico. È la conclusione di uno studio del Trinity College di Dublino che ha verificato sperimentalmente che la tecnologia alla base delle applicazioni per il tracciamento dei contatti non è in grado di misurare correttamente la distanza fra gli utenti a bordo di un tram generando letture inaffidabili, indistinguibili da quelle prodotte in modo completamente casuale.
Si tratta del primo studio che mette in discussione il principio tecnico alla base della soluzione tecnologica messa in campo da vari Paesi, tra cui il nostro, per facilitare il tracciamento dei contatti e identificare le catene di contagio, in particolare in tutte quelle situazioni in cui non è possibile conoscere l’identità delle persone a cui ci si avvicina, come appunto sui mezzi del trasporto pubblico.
Lo stesso Ministero dei Trasporti aveva riposto grande fiducia nelle potenzialità offerte dallo strumento raccomandando l’utilizzo di Immuni nelle linee guida del trasporto pubblico approvate a fine agosto in conferenza unificata alla presenza della Ministra Paola De Micheli e del Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia. C’è solo un piccolo particolare in grado di minare il piano del Governo: per poter essere un piano efficace, Immuni deve, anzitutto, funzionare.
La maggior parte delle applicazioni per il monitoraggio e il contenimento dell’epidemia di COVID-19 utilizza le API rilasciate da Apple e Google che sfruttano la tecnologia Bluetooth per stimare la prossimità di due utenti e stabilire se sono venuti in contatto. Le app installate sui due telefonini interpretano la potenza dei segnali radio emessi e captati dagli apparati per calcolarne la distanza registrando l’avvenuto contatto al verificarsi delle condizioni impostate dagli sviluppatori delle app e che in genere corrispondono a una distanza inferiore ai 2 metri per un tempo di almeno 15 minuti. Quando la positività al virus di un utente di Immuni viene caricata nel sistema, una notifica, inviata a tutti i dispositivi entrati a contatto con il paziente, informa i proprietari di essere stati esposti a un possibile contagio.
Quello che in teoria e nelle condizioni ideali di un laboratorio sembra un sistema perfetto, si rivela assai più fragile al banco di prova della realtà. Se già eravamo stati avvertiti che fattori quali l’orientamento relativo degli smartphone, la presenza di ostacoli o l’assorbimento dello spettro dei 2.4 GHz da parte del corpo umano potevano influenzare le letture di Immuni introducendo degli errori, lo studio irlandese dà conto della misura e della frequenza di queste sviste che appaiono più sistematiche che sporadiche.
Le pareti in metallo di un tram (o del vagone di un treno o di un autobus) deviano il segnale radio Bluetooth come gli specchi fanno con la luce, amplificando o attenuandone la potenza, falsando le letture delle app per il tracciamento dei contatti che credono vicini utenti lontani e lontani utenti vicini e che divengono così del tutto inattendibili.
Alla luce delle debolezze intrinseche della tecnologia Bluetooth a cui mai è stato chiesto di essere uno strumento per rilevare distanze con un così alto grado di precisione, è legittimo dubitare delle capacità di Immuni anche in altri contesti, quali i locali affollati di un centro commerciale o le strade di una città dense di ostacoli.
Insomma, se fino ad oggi le critiche a Immuni si erano concentrate sulle procedure a corredo dello strumento di cui avevano sottolineato inefficienze e ritardi nell’esecuzione dei tamponi di test ai soggetti esposti, la ricerca del Trinity College colpisce il cuore di questo progetto dal nome tra l’apotropaico e l’utopico, svelandoci che l’investimento in questa tecnologia presentata come sicura e salvifica è, al più, una scommessa.
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