Sanità

La risposta dei soccorsi sanitari agli attacchi terroristici di Parigi

24 Dicembre 2015

Sfogliando l’ultimo numero di The Lancet mi sono imbattuta in un articolo interessante che voglio condividere con voi sulla risposta sanitaria ai multipli attacchi terroristici di Parigi.

Molto si è detto e scritto di quei momenti drammatici e concitati, in cui la realtà è riuscita a superare la più terribile delle fantasie, mentre il mondo attonito seguiva, praticamente in diretta, le immagini di quelle assurde stragi e dei momenti successivi. Dopo oltre un mese vorrei tornare sull’argomento affrontandolo da un punto di vista diverso: quello dei sanitari che si sono trovati a gestire l’emergenza.

Quando, alle 21,30 di venerdì 13 novembre 2015, la Pubblica Assistenza degli Ospedali di Parigi (APHP) è stata allertata delle esplosioni fuori dallo stadio a Saint-Denis, seguite, nel giro di poco tempo, dalla notizia degli altri attacchi, qualcuno ha inizialmente creduto che si trattasse di un’esercitazione. Proprio come, ironia della sorte, era accaduto quella stessa mattina, quando i sanitari e i vigili del fuoco del SAMU (service d’aide médicale d’urgence) avevano simulato l’organizzazione di team di emergenza in caso di attacchi terroristici multipli a Parigi. Soprattutto l’attentato alla redazione di Charlie Ebdo del gennaio scorso, e quelli messi a segno e sventati nei mesi successivi in tutta la Francia, hanno reso concreta la possibilità che qualcosa di simile si sarebbe potuto ripetere e che bisognava essere pronti ad affrontare questo tipo di emergenza. Così, quando il 13 novembre la simulazione si è trasformata in realtà, il training ricevuto (mutuato dalle esperienze di medicina di guerra e dei disastri fatte in altri Paesi come Israele, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti) è stato un fattore chiave del successo della gestione dell’emergenza.

Dopo le prime notizie delle esplosioni e delle sparatorie del 13 novembre, il SAMU si è immediatamente messo in moto ed è stata aperta l’unità di crisi dell’APHP, la più grande entità sanitaria europea, in grado di coordinare 40 ospedali, con 100.000 unità di personale, una capacità di 22.000 posti letto e 200 sale operatorie. Il numero di attacchi messi a segno in contemporanea e la possibilità che ce ne fossero altri ha portato alla decisione, alle 22.34, di attivare il “Piano Bianco” di emergenza, mobilitando tutti gli ospedali e richiamando il personale medico e paramedico. Si è trattato di una decisione importante, in cui il fattore tempo è stato cruciale, perché ha permesso di garantire tutta l’assistenza necessaria (addirittura erano stati attivati ospedali e cliniche universitarie più lontane da Parigi ma in grado di organizzare trasporti di feriti in elicottero, che poi non sono fortunatamente serviti). L’attivazione del piano ha permesso di gestire tutte le richieste di intervento, di smistare i feriti nei vari reparti ospedalieri e di attivare un servizio di supporto psicologico, con 35 psichiatri, infermieri e volontari.

“45 team (composti da un medico, un paramedico e da un autista) e i vigili del fuoco sono stati suddivisi tra i vari siti (come riportato in figura) e 15 sono stati tenuti di riserva, visto che non potevamo sapere quando l’incubo sarebbe finito” raccontano gli autori. Questo approccio organizzativo consente di evitare di focalizzare tutte le energie intorno ai primi attacchi e di ritrovarsi sprovvisti di personale sanitario qualora sorgessero successive criticità. Nonostante durante gli interminabili minuti delle sparatorie l’accesso alle aree sotto attacco fosse particolarmente difficoltoso e pericoloso per i soccorritori, la macchina ha funzionato e 256 feriti sono stati trasportati nei vari ospedali e altri sono arrivati coi propri mezzi, per un totale di 302 persone: 76 pazienti gravissimi che necessitavano di immediati interventi chirurgici e/o di embolizzazione, gestiti nella notte da  35 team chirurgici,  e 226 meno gravi.

Mappa dei soccorsi agli attacchi terroristici di Parigi
Mappa dei soccorsi agli attacchi terroristici di Parigi

Grazie al personale richiamato dal piano e a quello che si è presentato spontaneamente, “il numero di pazienti accolti è stato di gran unga superiore a quello che avremmo potuto immaginare di trattare nello stesso momento” scrive il personale del trauma center dell’Ospedale Pitié-Salpêtrière. E la chiave del successo starebbe sia nella rapidità con cui i feriti hanno raggiunto l’ospedale sia nei protocolli di trattamento di emergenza delle ferite da armi da fuoco messi a punto in collaborazione con i servizi medici del dipartimento antiterrorismo della polizia francese, che hanno consentito la perfetta collaborazione tra i vari operatori coinvolti.

L’afflusso spontaneo di personale medico e paramedico e la professionalità sviluppata grazie ai training ricevuti sono riportati come “formula vincente” anche dai medici dell’ospedale Lariboisière: “L’obiettivo era così chiaro che nessuno ha cercato di imporre un punto di vista individuale. La solidarietà era visibile all’interno dell’ospedale e anche nella collaborazione tra ospedali diversi dell’APHP: quando uno specialista non era disponibile il paziente veniva facilmente trasferito nell’ospedale dove c’era l’esperto disponibile”.

Sicuramente il fatto che l’emergenza sia capitata di venerdì sera, proprio prima del weekend, e non durante una giornata lavorativa, ha favorito l’efficienza della risposta sanitaria, ma indiscutibilmente la preparazione e la competenza del network hanno fatto la differenza. E dovrebbero rappresentare uno spunto di riflessione importante anche per gli altri Paesi. Se è vero che è difficile, se non impossibile, prevedere se e quando avranno luogo altri attentati di questa portata, è altrettanto vero che essere preparati a gestire una simile emergenza consente di salvare molte vite. Come la storia recente appunto ci insegna.

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