Sanità
La ricetta è smaterializzata, ma il vecchietto fa ancora la fila
Questa mattina sono andata a ritirare una ricetta dal mio medico di base. Con fare scherzoso ho detto alla segretaria “Allora, smaterializzata la prossima?”. Mi ha risposto serafica “Ci stiamo arrivando”.
Non è un processo ancora compiuto quello della ricetta virtuale in diverse regioni d’Italia. La mia, la Lombardia, è sicuramente una di quelle piu’ in ritardo.
Eppure la cifra annuale di risparmio nella sanità se si applicasse appieno l’innovazione digitale, non solo nella ricetta, sarebbe pesante: 7 miliardi di euro.
Oggi abbiamo l’entrata in vigore della legge nazionale che manda in soffitta un decreto di tre anni fa, recepito dalle regioni a spizzichi e bocconi. Ma secondo gli esperti del settore per ora è ancora un “armiamoci e partite”. A macchia di leopardo
In Emilia Romagna il percorso per arrivare a non recarsi più in farmacia con la cosidetta “ricetta rossa” è partito nella primavere 2014. In Lombardia l’avvio del percorso sarebbe dovuto avvenire nel mese di ottobre, sempre del 2014, ma in pratica si parte adesso. Chi è andato avanti velocemente è stata la Provincia autonoma di Trento: “L’80 percento delle ricette viene erogato così: il cittadino va in farmacia, senza ricetta di carta: il farmaco gli viene dato direttamente. Perché questo possa accadere deve dare il proprio consenso” spiega Diego Conforti, referente area innovazione e ricerca per il dipartimento di salute e solidarietà sociale della Provincia Autonoma. Il costo di questo progetto è stato di 323 mila euro. Per fare innovazione tocca investire.
Come al solito da queste parti si precorrono i tempi: dal 2008 è stato avviato il Personal Health record del cittadino che può accedere alla documentazione anche da mobile, scrivere le informazioni importanti sulla sua salute, delegare l’accesso alla sua cartella clinica a uno o più familiari: sono già 40 mila i cittadini che hanno aderito a questo sistema.
L’Osservatorio Ict in sanità del Politecnico di Milano ha fatto un po’ di conti sui risparmi della digitalizzazione – che non riguarda solo la ricetta, ma anche, ad esempio, il fascicolo sanitario elettronico: 1,37 miliardi dagli abbattimenti di tempo in attività mediche e infermieristiche, per effetto della cartella clinica elettronica; 860 milioni dalla dematerializzazione dei referti, la stessa cifra verrebbe ancora dal risparmio sui ricoveri inutili, questa volta grazie alla gestione informatizzata dei farmaci.
In Italia però si investe quasi niente in digitalizzazione, l’1,1% della spesa sanitaria pubblica, 19,72 euro per abitante. Il confronto con alcuni Paesi europei è piuttosto inquietante : la Danimarca ci mette ogni anno 70 euro per abitante, l’Inghilterra 60.
E non facciamoci prendere da facili entusiasmi con la messa a regime della legge: le cosidette “ricette rosse” i medici le devono smaltire prima di passare al sistema per cui, attraverso un software caricheranno sulla tessera sanitaria del paziente la prescrizione.
Rimane poi il nodo delle “fustelle” la targhetta con il codice a barre che viene tolta dal farmacista e applicata sulla ricetta. Da qualche parte bisogna metterla. Perlomeno fino a quando i farmaci continueranno ad averla come prova fondamentale dell’erogazione.
Nella farmacia di via Pizzolpasso a Milano mi mostrano la stampata su foglio bianco della prescrizione dematerializzata. La fustella la mettono là sopra: “Altrimenti – dicono – questa targhetta dove va a finire? Mica la possiamo lasciare al cittadino.
E le soluzioni sono state come sempre creative “Sappiamo che in alcune regioni si sono messi a raccoglierle nei quaderni”.
Infine, bisogna far parlare specialisti e medici di base. Perché il cittadino, per come ora si prospettano le cose non ne risparmia di tempo: deve portare al medico di base ogni volta la sua tessera sanitaria per il caricamento. Magari con una prescrizione specialistica – non ancora smaterializzata, avete presente il foglio bianco? Quello mica sparisce.
E, proprio perché non c’è ancora un sistema per far parlare in modo digitale specialisti e medici di base, non è stato risolto ancora il nodo dei malati cronici che prendono i farmaci in modo permanente.
Così lo Stato risparmia 30 centesimi su ogni ricetta rossa non emessa.
E il vecchietto continua a fare la fila.
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