Sanità
E stavolta come andrà?
In tutta Europa cresce l’allarme per il diffondersi della variante B.1.1.7 (o “variante inglese”) del coronavirus, che sta mettendo in ginocchio il Regno Unito ed è stata individuata in molti altri Paesi: l’Austria, dove un focolaio è appena stato scoperto in una località sciistica, ha deciso di irrigidire le proprie misure di prevenzione e di prolungare il suo lockdown fino all’inizio di febbraio; così ha fatto anche la Germania, dove la variante è arrivata a novembre e che ad oggi è colpita da un numero di decessi giornalieri senza precedenti. La Svizzera, raggiunta dal nuovo flagello virale a metà dicembre, ha annunciato due giorni fa l’inizio di un semi-lockdown, mentre la Francia, anch’essa toccata dalla B.1.1.7, ha visto risalire i nuovi casi ed ha anticipato il suo coprifuoco alle 6 di sera.
Dal punto di vista epidemiologico, l’Italia non è certo messa meglio dei Paesi vicini: considerando i dati “normalizzati sulla popolazione” (cioè valutati per milione di abitanti), ha più casi covid attivi e più nuovi casi giornalieri di Austria e Germania, più decessi giornalieri di Francia e Svizzera ed è tuttora la prima in classifica per decessi totali dall’inizio della pandemia (tabella sotto). Inoltre, la variante B.1.1.7 è già presente anche sul nostro territorio: alcuni casi sparsi sono già stati segnalati in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e Campania, mentre in Abruzzo e in Puglia si sono sviluppati due veri e propri focolai.
Malgrado ciò, nel nostro Paese sta crescendo un clima di insofferenza, quando non di aperta ribellione, verso le restrizioni (sebbene queste siano, anche nelle zone rosse, molto meno severe di quelle del primo lockdown): dai ristoratori disobbedienti agli studenti in protesta, dai sindaci deroganti ai Presidenti di Regione ricorrenti, sembra proprio che gli italiani considerino il rischio covid ormai superato. Poichè da noi si pratica poco la sorveglianza genomica (cioè l’analisi genetica dei campioni di virus, che serve a identificare le varianti), non abbiamo un’idea precisa di quanto la B.1.1.7 stia già circolando; questo ci permette di ignorarla e di coltivare l’illusione che da noi non attecchirà.
La presunzione che il proprio Paese possa restare immune dal contagio è un errore che tutti abbiamo commesso: lo credevamo noi italiani un anno fa, quando ci giungevano le prime, spaventose notizie dalla Cina; lo hanno creduto gli altri Paesi europei, mentre assistevano impassibili al nostro dramma. Tutti, presto o tardi, siamo stati disingannati in modo molto duro; e ci sarebbe da credere che una simile lezione sia impossibile da dimenticare. Ma invece…
Era la fine di settembre quando Francia, Spagna e Regno Unito affrontavano l’insorgere di una seconda ondata pandemica; da noi la situazione sembrava sotto controllo e la stampa internazionale elogiava la nostra resilienza. Si trattava, invece, di un semplice ritardo: forse complice il fatto che le nostre ferie sono tradizionalmente più “spostate in avanti” rispetto a quelle degli altri Paesi europei, la ripresa dei contagi è arrivata qualche settimana dopo; ma in seguito la dinamica è stata del tutto simile.
Oggi, siamo gli unici in Europa che stentano a correre ai ripari per bloccare la diffusione di una versione del coronavirus ben più pericolosa della precedente, perchè più trasmissibile (secondo le stime, del 50-70%); sembriamo non comprendere che una terza ondata, “innestata” su una seconda ancora non spenta, può causare un disastro senza precedenti. Mentre ci intratteniamo con l’avvincente saga della crisi di governo, la curva del contagio ha cambiato pendenza e ha ripreso a crescere: davvero siamo convinti che questa volta le cose andranno meglio?
Covid in alcuni Paesi europei: dati per milione di abitanti
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(dati e immagine tratti da Worldometers)
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