Sanità

Decreto sanità, dalla medicina difensiva all’astensione dalla cura

24 Settembre 2015

“Il punto non è il decreto sanità, l’elenco delle prestazioni inappropriate. Ma il principio che anima il decreto. Che e’simile a quello che animava il fattore di mia nonna quando voleva continuare a usare il carretto mentre tutti, invece, avevano comprato il trattore”. Claudio Cricelli presidente della Società italiana di medicina generale, toscano, ama fare battute.  Lui dice no al decreto sanità. Rilanciando: l’inappropriatezza e’un problema, ma non è questo il modo di combatterla.
“Se comprendiamo la ragione per cui viene fatto questo decreto, ovvero fare la lotta agli sprechi -dice- allora dobbiamo essere in grado di proporre una alternativa. Noi come medici non abbiamo niente in contrario ad eliminare ciò che non serve. Il problema è che lo strumento per fare la lotta allo spreco non è questo”.
Cricelli vede in questo metodo, la sanzione a chi fa prescrizioni inappropriate “una sorta di bastone a chi lavora male. Così si produce la medicina astensiva, non difensiva”.

Non è il bastone la ricetta
I medici di base sono i più terrorizzati? “In teoria dovrebbe essere così, ma guardando l’elenco delle prestazioni non sono solo ad esclusivo appannaggio di noi medici di medicina generale. Spesso c’é la nostra firma sulla ricetta ma si tratta di una procedura in cui il paziente si è recato dallo specialista, che gli ha detto ‘vada a farsi prescrivere questo esame'”.
Molti i commenti al decreto in queste ore. Anche tra gli esponenti della categoria “I radiologi hanno fatto una dichiarazione dicendo ‘il 40% degli esami prescritti non servono’ dichiarandosi favorevoli all’elenco ministeriale. Bene, ma non sono loro a dover risolvere il dilemma della diagnosi. Perche la ragione per cui chiedo un esame è confermarla o smentirla. Si chiama dubbio diagnostico, non inappropriatezza”.
C’è un’altra via per fare una diagnosi? Bisogna per forza ricorrere a raggi, tac e risonanze? “Certamente dice il presidente dei medici di medicina generale – dobbiamo riscoprire alcuni accertamenti diagnostici che ci fanno risparmiare economicamente”.

Alzati e visita il malato
Esempio concreto: ha davanti un anziano con un problema all’anca. “Posso dirgli :’sa che si fa, facciamo una risonanza’ In molti casi e’quello che serve, ma la prima cosa da fare è alzarsi, prendere la gamba di questa persona e fare le manovre tradizionali. Che non sono passate di moda. Dopo la visita saremo in grado di restringere il campo delle persone che avranno bisogno della diagnostica di secondo livello. Le sembra poco?”

Ritornare alle origini della professione
Insomma, il modo per applicare i principi dell’appropriatezza c’è ed è molto semplice: “utilizzare i processi tradizionali della medicina, la buona conoscenza delle cose, l’applicazione delle linee guida, l’esperienza collettiva: prima di scegliere strade più costose, scegliere quella semplice. Una strada che ci viene dall’esperienza scientifica, da chi ha fatto quel tipo di diagnosi prima di noi. Percorrere questa strada non ci fa di certo buttare via il denaro”.

No alle sanzioni, sì ai conti in tasca

Anzi il presidente dei medici di base vuole che vengano fatti i conti in tasca a lui e ai suoi colleghi:”Euro per euro.In questo modo si fa una partita con due vincitori: lo Stato si fida di noi, ogni cosa che facciamo è verificabile, e noi siamo confidenti del fatto che lavorando in maniera adeguata nessuno si sognerà di rimproverarci”.
Eppure ci sono già regioni, come la Lombardia, in cui ai medici di medicina generale che prescrivono meno, e, in teoria, contengono i costi, si da un premio: “Questo tipo di considerazione dell’inappropriatezza e’il peggiore di tutti, l’inpropriatezza da astensione. Perche i medici pericolosi sono quelli che hanno una spesa bassa, sono quelli che, ad esempio, non curano l’ipertensione, non danno le statine ai diabetici, e non si preoccupano a verificarne l’aderenza terapeutica. Perché  se dai una statina da prendere un giorno sì e un giorno stai commettendo un vero spreco: stai buttando via la spesa farmaceutica e il paziente non sta meglio. Il decreto sanziona perché la somma aritmetica di quello che hai prescritto è grave. Ma andare a vedere soltanto il prezzo non è il modo per andare a vedere davvero la spesa, vale per tutto non solo la medicina? Se taglio le prestazioni ma le persone stanno male, se ho risparmiato un miliardo ma le persone non stanno bene, che cosa ho risparmiato?”

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