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Solo cattive notizie
Sul profilo social di molti, fino a qualche tempo fa, non era difficile leggere una frasetta dall’apparenza innocua: “solo buone notizie”.
Era evidente che si trattava della reazione tiepida e a buon mercato a un mondo di drammi, tragedie, emergenze e disfatte imminenti. Una sorta di scongiuro, insomma, contro i tempi avversi e bui.
Oggi ad ognuna di quelle scaramantiche paroline dovrebbe essere sostituita questa: “SOLO CATTIVE NOTIZIE”.
In questa società alienata di automi non c’è più nemmeno spazio per un’aspettativa, pur se passiva e inerte.
Nemmeno un augurio tra un sospiro rassegnato e una ceretta all’inguine con la follicolite annessa.
Niente.
Anzi, il contrario. Siamo riusciti a diventare l’umanità della sfiga, la società della iattura e gli uomini e le donne delle sventure “necessarie”.
Siamo così abituati a considerarci inutili, e impotenti da avere letteralmente bisogno di tutto questo disastro.
Parole come questa (“disastro”, però suona potente…) ci sono vitali per esistere.
Rispondiamo al “come va ?” rituale con un altrettanto stereotipato “eh…si combatte…”.
In realtà non combattiamo nemmeno per il cazzo, ma ci fa sentire investiti del peso e della dignità corrispondente al ruolo di novelli guerrieri.
Perchè questa vita, attraversata senza voglie e senza ispirazione, trascorsa senza desideri e senza fantasie, sprecata senza ambizioni e senza fede, o è una guerra…oppure occorre ammettere che è solo una vita di merda.
Ricordiamo, dunque, che “siamo ciò che pensiamo” e che i desideri sono destinati a realizzarsi prima o poi.
Forse siamo ancora in tempo per tornare a chiedere “solo buone notizie”.
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