Salute mentale
Psicopolitica: il condimento sadico del potere politico
Quando Freud collegò il sadismo (piacere per sofferenza altrui) con il masochismo (piacere per la propria sofferenza) fece un brutto scherzo ai sadici in quanto ipotizzava che il piacere tratto dal dolore degli altri fosse una reazione difensiva e molto più vantaggiosa del masochismo iniziale (questo ultimo, per esempio, lo si trova nelle depressioni, nelle tristezze, nei desideri di autodistruzione e magari in qualche sceneggiata erotica). Ma, prescindendo dalla genesi di questi più o meno perversi eventi psichici, si deve osservare che il piacere sadico è spesso, anzi troppo spesso, molto diffuso. Dal bambino che strappa le ali alla farfallina al bravo padre di famiglia che più o meno si accorge dei propri sentimenti di piacere quando vede il collega di ufficio crudelmente sottomesso alle esplosioni del superiore paranoide oppure, sempre lo stesso collega, abbacchiato perché la moglie lo ha abbandonato, magari per un altro. Tutto questo le anime belle, ovviamente se lo negano.
Ora proprio questa tendenza soggettiva all’erotizzazione della sofferenza altrui è stata ampiamente utilizzata dai vari poteri ideologici e politici. Dagli spettacoli cruenti nel circo nell’antica Roma al florilegio delle esecuzioni capitali pubbliche, spesso affogate in mari di sangue, i poteri di vario tipo: quelli politici a quelli ideologici (con le religioni in pole position) hanno saldato la perversità soggettiva con l’esercizio del potere stesso. Questa saldatura avviene tramite i meccanismi (già accennati da me in un post precedente) della legittimazione della cattiveria e dell’odio per arrivare ulteriormente alla partecipazione collettiva ai grandi baccanali nei quali erotizzazione e violenza si mescolano con reciproco rinforzo. Ora, senza elevarlo alla grandezza di famosi sadici storici, il ministro Salvini, nel suo piccolo, cerca astutamente di usufruire del sadismo più o meno potenziale della gente. L’esempio più tipico è dato dalla sua continua invocazione alla castrazione chimica di chi compie stupri e violenze erotiche. Anzitutto il ministro dovrebbe tenere conto che non è il blocco di qualche milligrammo di testosterone a estinguere la tenebrosa potenza dell’erotismo che affonda le radici in un mix di organico e psichico.
Ma l’evocazione della castrazione porta alla sanguinaria tradizione ancestrale delle esecuzioni pubbliche, con relativi turbamenti erotici degli spettatori e delle spettatrici (a questo punto si potrebbero fare anche delle dirette televisive). Ma il nostro ministro non si ferma a questi scenari granguignoleschi. Per esempio la richiesta di reintrodurre il servizio militare, a prescindere da qualche residua nostalgia di vegliardi patriottardi, presuppone che l’effetto educativo sui giovani passerebbe attraverso l’immagine del sadismo di qualche sergente come avveniva in passato. Tutto ciò non tenendo conto delle perplessità degli Stati Maggiori che non saprebbero cosa fare, ogni anno, di migliaia di baldi giovani negli scenari della guerra moderna, nonché delle reazioni dei suddetti giovani che, con una serie di volgari improperi, si guarderebbero bene dal presentarsi alle caserme (come avrebbero dovuto fare quei milioni di giovani che sono partiti nelle due massacranti guerre del secolo passato).
Ma anche l’evocazione di una più severa disciplina nell’ambito scolastico magari anche famigliare (e qui deve stare attento, perché la potentissima lobby delle mamme vanificherebbe totalmente questi tentativi). Per arrivare anche al ricorso alle “ruspe” per demolire i campi rom. E, ogni volta sottolineando tutto con affermazioni anche foneticamente intense che semanticamente ci portano all’immagine non solo delle decisività ma anche della punizione sottintesa (ma non è l’unico: i politici in genere usano questi toni, non conoscono il condizionale ma solo l’imperativo).
In altri termini: l’evocazione di scenari che presuppongono la sofferenza di reali o supposti colpevoli, suscita consenso perché unisce la gente al potere politico sotto l’egemonia del mix di erotismo e violenza in un grande festival perverso. Ma gli istinti (o come si vuole chiamarli, in modo estetico più impoverito, pulsioni), dell’eros e di thanatos uniti, come ci insegna Freud, incendiano senza controllo, tutto un mondo, perverso appunto.
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