Salute mentale
Psicopolitica: la demagogia democratica
Ciò che mette in imbarazzo le anime belle, intessute della certezza della “presa di coscienza di classe” di marxiana-sessantottina memoria, è la triste constatazione che la classe lavorativa si è lasciata trasportare dai pregiudizi ed egoismi che il cosiddetto populismo trionfante ha instillato (con relativo, fondamentale, esito elettorale).
Ma un po’ di memoria storica relativa all’ascesa consensuale di nazismo e fascismo, avrebbe dovuto mettere in guardia.
Ora, qui, riprendiamo il discorso della folk psychology, cioè di quella psicologia popolare che sta alla base sia degli atteggiamenti e comportamenti quotidiani sia di quelli inerenti alle scelte pubbliche. È evidente, anche se non è politicamente corretto, verificare che un chiaro pregiudizio classista, non democratico, si sviluppa da parte degli antipopulisti, e non in base alla differenza economica di classe, bensì a un sentimento di superiorità sia etica che addirittura intellettuale (sui social c’è qualcuno che afferma che i salviniani siano “poco intelligenti”, confondendo vistosamente l’aspetto cognitivo da quello emozionale).
È proprio questo atteggiamento che rafforza quella parte della popolazione che non può classificarsi come elitaria dal punto di vista intellettuale, ma che ha sempre vissuto male chi sa parlare in modo forbito, chi sa scrivere, chi legge, chi fa magari un lavoro più o meno culturale.
Gli attuali politici della parte trionfante, hanno capito benissimo questo discorso e i loro accenni, magari sempliciotti, alla vita quotidiana di ognuno, rafforza il consenso contro chi declama dei principi, vissuti come astratti, magari già dai tempi della scuola (che da questo punto di vista ha le sue belle responsabilità).
Il fatto che sia dalla sinistra che dalla destra conservatrice si affermi che le scelte politiche predominanti siano frutto della “pancia” e quindi contrapposte alla nobiltà della testa, denota il persistere di un atteggiamento discriminatorio che ha molto della reazione consolatoria per la batosta (e forse non sarà l’ultima) elettorale.
Avendo un ruolo professionale sanitario proporrei una ricetta “terapeutica” basata sulla riflessione, se è possibile, delle rispettive ideologie, della loro base caratteriale, di storia personale, di status sociale, di relazionalità sia reale che virtuale.
Non per altro, ma solo anche per cercare quali effettive esigenze sia personali che di altri (e a quali livelli) vengano conseguite da tutte le ideologie (nessuna esclusa). Ovviamente senza per questo abbracciarsi ma mantenendo le proprie contrapposizioni politiche (e soprattutto senza spararsi effettivamente l’uno con l’altro).
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