Salute mentale

Psicopolitica: all’armi! siam fascisti!

30 Aprile 2019

C’è un fenomeno che affianca le varie tendenze ideologiche sovraniste e populiste, ed è quello di un ritorno, minoritario quantitativamente ma abbastanza compatto, dei nostalgici fascisti. Ma come, sono passati oltre 70 anni da quando il regime ha avuto la sua fine giusta e ingloriosa a piazzale Loreto e ci si ritrova con questo gruppetto che invece di essere un po’ creativo e fantasioso (ma quando il fascismo, originato dallo squallore provinciale contadino, è stato creativo?), non solo riesuma i defunti ma si culla in un panorama semantico così datato di vecchie parole e riti nostalgici. È come se noi Milanesi costruissimo una forza politica in nome di quelle gloriose Cinque Giornate nelle quali sbattemmo fuori dalla nostra città quei ladri di Austriaci.

Ora dobbiamo chiederci cosa attrae varie persone, non più vecchi rottami del regime, ormai deceduti, ma giovani ed adulti a riprendere parole e riti che avevamo visto nei documentari d’epoca e in qualche film, anche spiritoso, magari con Tognazzi.

Qualcuno, attaccato all’idea della fine delle ideologie “buone”, lo vede come il riempimento di un vuoto, alla pari, anche senza nessun collegamento, con altri comportamenti difformi dalla sensatezza e dall’apologia dei cosiddetti “valori”, quali oggi ci appaiono le azioni giovanili, le smanie consumistiche, il feticismo dell’edonismo ad ogni costo, dai cellulari agli adulteri multipli e via discorrendo. Ma mentre, per alcuni, queste novità comportamentali rappresentano delle novità trasformative, che possono essere viste come modalità risolutive di cambiamento e da altri come segno di imbarbarimento, quello del fascismo di ritorno ha in sé un sapore “antico”, che andrebbe bene nel mito del passato che si ripresenta ma che ormai è materia di ricordi senili, di musei, di libri di storia.

Si potrebbe obiettare che anche la festa della Liberazione rappresenta una ritualità di un evento ormai lontano ma c’è una differenza e che proprio quel 25 Aprile, significava e significa un punto di svolta verso non solo il fascismo in sé ma tutto quello che c’era stato prima, con quel cumulo di sofferenze e ingiustizie sociali arcaiche che avevano schiacciato molti,anzi moltissimi proprio nel passato.

Per cercare di formulare qualche ipotesi è necessario, e mi scuso, ricorrere a qualche discorso “psico”. Cioè il problema del ritorno del passato nella vita di ognuno è una tendenza che sembra abbastanza acquisita sul piano speculativo.

“Gli isterici soffrono di reminiscenze”, diceva Freud e noi sul piano clinico con isterici e non, lo verifichiamo continuamente. E questo meccanismo si basa probabilmente sulla quantità enorme di connessioni del sistema neurologico che non fanno che acquisire nuovi contenuti, rielaborarli e trasferirli. Uno psicologo non male (quando non parlava di teologia…) e cioè Sant’Agostino diceva che la nostra intelligenza dipende dal “gran ventre della memoria”.

Ma allora i nostri neo-fascisti sono tutti dei super-isterici o peggio, schiavi di ricordi non loro ma fatti propri? Ma quando parliamo di fatti sociali, c’è il pericolo di costruire delle tipologie caratteriali per le quali, sopratutto gli avversari, sono definibili in termini di categorie psichiatriche. Se fosse vero ci si dovrebbe chiedere come mai un certo tipo di insani di mente si è aggregato insieme mentre quelli savi si sono uniti in altre, più civili, congreghe.

Se vogliamo quindi evitare la psichiatrizzazione ad personam di un gruppo sociale (che sarebbe anche una visione abbastanza discriminatoria, cioè razzista) dobbiamo cercare di capire cosa attrae alcuni in una direzione, e altri in un’altra. E qui entra in gioco il ruolo delle ideologie che favoriscono in quanto legittimano, l’emergere di certe tendenzialità in alcuni e di altre tendenzialità in altri. In altre parole, con dispiacere per le anime belle, ognuno, da quanto sappiamo (e su questo sappiamo molto), ha in sé tutte le potenzialità, paranoiche, depressive, delinquenziali, perverse, protettive, solidali ecc.. E queste non sono altro che grandi sistemi difensivi per evitare fantasie catastrofiche.
Un’ideologia è una legittimazione, una norma che privilegia un certo assetto difensivo rispetto ad un altro. Tale scelta sembra dipendere da tutta una storia di vita. E c’è anche una certa seduttività nei vari sistemi difensivi: per i neo-fascisti infatti si unisce l’odio paranoide con l’esaltazione autoesibita e addirittura corporea, di una supremazia quasi statuaria, con un compiacimento di sé, ben accompagnato da riti, canti e parole d’ordine. Come diceva il buon Freud, l’Eros lo ritroviamo sempre, dovunque.

La ricerca di aggregazione con altri ideologicamente simili, rafforza questa impostazione ed esclude altre tendenzialità che porterebbero essere antitetiche. Per questo una fascista resterà sempre un fascista, un democratico sempre democratico, un ribellivo-anarcoide sempre tale per non parlare delle religioni che sono il non plus ultra della stabilità in eterno. Ma ci sono i costruttori di ideologie che conoscendo bene la varietà delle proprie tendenze scelgono quella che maggiormente, a loro giudizio, può attirare meglio uno specifico segmento umano.

E poi ci sono quelli che non prendono posizione o che la cambiano con facilità. In essi prevale una difesa ad oltranza della propria soggettività individuale. Temono le ideologie che accomunano, si riparano in un narcisismo che sappiamo essere radicato in una depressività senza speranza. Almeno i nostri fascisti delirano per un futuro trionfante (anche se si basa sui rottami di un passato ormai travolto dalla Storia).

Il problema, politico, è però un altro, chi sapientemente, spinto dalla propria tendenzialità delinquenziale, può avvantaggiarsi di costoro e delle loro fantasticherie?

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