Salute mentale
Psicopolitica: il cinismo in buona fede, o quasi
Quando gli storici, i commentatori politici, i giornalisti, ed anche la gente comune, esprime giudizi su chi ha detenuto o detiene il potere, e che in questa funzione hanno compiuto o compiono atti che portano a conseguenze dannose se non terribili alle persone, vi è una tendenza ad una giustificazione che può passare anche per “scientifica”.
Per esempio (ma gli esempi passati ed attuali sono noiosamente un’enormità) il povero Mussolini è stato ingannato dai suoi generali sulla preparazione militare italiana. Risultato 300.000 morti e l’Italia distrutta. Ma il Duce aveva tenuto personalmente il ministero della Guerra per 20 anni e forse qualcosa sapeva… Roosevelt e poi Truman decidono di usare la bomba atomica sul Giappone, cancellando due città per evitare altre perdite di soldati americani. Ma, guarda caso, in quei giorni, l’esercito sovietico, appena entrato in guerra con i nipponici, stava facendo a pezzi in Manciuria l’unica Armata giapponese ancora intatta e nel giro di pochi giorni sarebbe sbarcata, impadronendosene, in quel territorio giapponese che era l’obiettivo finale, fondamentale, per gli americani. E se l’Armata Rossa, avesse avuto qualche perdita, il problema non si sarebbe posto: Stalin, quanto a cinismo non era secondo a nessuno. Ma è facile parlare di queste grandi sciagure e stragi.
Il problema si pone, però, anche in dimensioni minori nella gestione del potere di ogni giorno, dove non si decidono terribili carneficine, ma si impongono, con le più svariate giustificazioni, sofferenze reali e psicologiche a chi ha, come propria partecipazione illusoria al potere, solo qualche sciopero, corteo e quella specie di sondaggio collettivo, molto rarefatto nel tempo, che si chiama elezioni.
Questo discorso vale non solo per i politici, ma anche per tutti quelli che detengono, in qualche modo il potere, quali gli imprenditori, i grandi dirigenti privati e pubblici, i detentori di influenza ideologica e simili. Ora, con lo snobismo intellettuale dello psicoanalista, vorrei però cercare di capire, aldilà delle motivazioni anche giustificabili sulla necessità di prendere decisioni dolorose su sulle persone, che tipi di meccanismi mentali si attivano dentro chi decide ed agisce, ben sapendo quali possano essere le conseguenze, ovviamente negative su altri. E qui dobbiamo capire che, ad onta delle idealizzazioni alle quali sono sottoposti, vi sono meccanismi psichici di chi esercita il potere, esattamente analoghi a quelli di noi, poveri sudditi mortali.
È assurdo, per esempio far passare un Hitler come un pazzo psicopatico in preda a deliri sconvolgenti. A prescindere dalla responsabilità di chi lo appoggiava, che per fortuna a Norimberga, è stata un po’ sanzionata (con la forca, a proposito del cinismo di chi scrive…), il dare del pazzo a Hitler, serve a non riconoscere dentro di lui degli analoghi meccanismi in noi presenti.
Mi dispiace per le anime belle che nelle confabulazioni interne e nelle declamazioni esterne interpersonali, parlano del loro proprio senso morale, della loro idealità, della sollecitudine incontrovertibile nei riguardi di altri. Poiché qui parliamo di un meccanismo funzionale che si chiama “sadismo” e che, usando l’energia tratta dalle basi fisiologiche del desiderio del piacere e di quello del distruggere, cerca di adempiere al proprio obiettivo di azione nella realtà.
Trarre piacere dalla sofferenza altrui. Chiamiamo cinismo la giustificazione sadica o l’addizionale emotiva conseguente delle scelte razionali dei mezzi e delle azioni per raggiungere degli scopi, non ignorandone le conseguenze dannose. Scelte che in se stesse possono anche essere considerate utili per altri (con le dovute riserve).
Il cinismo dei potenti è uguale, al piccolo cinismo di me, povero suddito mortale, che trae soddisfazione, magari, anche solo delle disgrazie altrui: non è un caso che siamo così morbosamente attratti da quello che capita ad altri .
Qui la TV è splendidamente e principalmente protagonista. Ovviamente la differenza quanto ad effetti tra chi detiene il potere e chi ne ha poco, sta nell’aspetto quantitativo della possibilità di esercitarlo. Ma c’è da chiedersi come mai non funzionano quei meccanismi di identificazione con altri che permettono di astenersi dal fare del male, come accade soprattutto nei riguardi dei bambini e nelle loro copie antropomorfizzate e cioè i nostri cari animaletti domestici? E qui entriamo nella complicatezza delle reciproche influenze delle componenti psichiche e in una conflittualità permanente di tali componenti, conflittualità derivata dalla nostra storia, dall’influenza di altri, dalle vicissitudini del rapporto con la realtà e forse, anche da un DNA che attraverso generazioni ci ha trasmesso chissà che cosa.
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