Salute mentale
Paranoia, ipocondria e disturbi psicosomatici: i bei regali del Covid
Le tristi vicende del Covid sappiamo che suscitano anche disagi psicologici oltreché medici, sociali economici e simili. Vorrei però specificare meglio alcune particolarità dei disagi psichici, aldilà dell’ovvia ansia, depressione, senso di oppressione. Cioè sono una serie di regali, ben poco graditi, che si concretizzano in una serie di disturbi ed anche di sofferenze, più o meno modulati (e quindi con impatto variabile) sulle strutture caratteriali che storia, ambiente, dinamiche neurofisiologiche ed ereditarie, hanno variamente modellato individualmente.
Ho scelto una “triade” che, in modo più o meno esplicita, ha una sua coerenza funzionale interna e cioè la paranoia o persecutorietà, l’ipocondria e i possibili disturbi definibili come psicosomatici.
La paranoia o persecutorietà tutti la conosciamo. Non sto parlando delle gravi sindromi schizofreniche paranoidi che sono caratterizzate soprattutto dai deliri e simili. Ma tutti, come gli animali, siamo un po’ paranoici, nel senso che vi è una certa vigilanza in atto per, eventualmente identificare e quindi neutralizzare, eventuali pericoli. Probabilmente tutto questo ha permesso, in termini evolutivi di sopravvivere a tante specie viventi, noi compresi. Il problema riguarda l’intensità di tale atteggiamento e le conseguenze che danneggiano la nostra capacità di analisi della realtà, e che danno un forte senso di sofferenza e magari, come difesa, il passaggio alla fuga, all’isolamento, e spesso all’aggressività nei riguardi del supposto persecutore.
Il secondo processo della triade illustrata, cioè l’ipocondria, è basato dal continuo timore con relativa magari esasperata ricerca di indicatori di possibili malattie, per lo più gravi. È il tema del “malato immaginario”. Anche qui, una certa ipocondria di base, ha permesso di stare attenti a sintomi da non sottovalutare e quindi approfondire per tutelarsi. Ma purtroppo ci sono persone che vivono infelicemente la propria vita, continuamente paralizzati dal timore di chissà quali malanni. I medici ben conoscono questi “petulanti” pazienti che non fanno che richiedere diagnosi, delle quali poi non sono mai contenti.
Infine, l’elemento più oscuro è dato dalla possibilità di essere soggetti a malattie cosiddette psicosomatiche, la cui origine, in tutto o in parte, non è riscontrabile come organica e si attribuiscono, o si cerca di attribuirle a cause psicologiche.
Ma il Covid cosa c’entra con questo? Il problema è riuscire a capire fino a che punto, a seconda delle proprie dinamiche caratteriali, il Covid stesso ed anche le sue conseguenze sociali ed economiche, aumentino il disagio ora e magari lascino, nel tempo, uno strascico nelle personalità di qualcuno. Proprio come succede per le traumatizzazioni e gli eventi improvvisi e particolarmente gravi della vita individuale e collettiva.
Consideriamo anzitutto la persecutorietà paranoide. Benché il Covid non sia che una combinazione bio-chimica, c’é la tentazione di antropomorfizzarlo, attribuendogli, sia pure metaforicamente, una coscienza intenzionale, ovviamente orientata a danneggiarci. E magari c’è anche qualcuno che è “sedotto” dall’idea di attribuirlo ad oscuri intenti terroristici o ad errori nella sperimentazione di armi biologiche segrete. Da qui ad arrivare ad una paternità marziana o del Diavolo, il passo è breve. Ma si può sviluppare quindi una persecutorietà sociale che ricalca le vicende degli “untori” di manzoniana memoria. Cioè chi lo trasmette, anche se considerato in buona fede, è un potenziale nemico. Chi, per esempio non accetta le regole della mascherina e del distanziamento, antepone alla salute collettiva, la propria egocentrica intolleranza a questi vincoli fisici. Sui mezzi pubblici, nei luoghi di acquisto, e in quelli lavorativi, vi è chi sviluppa un’attenta e preoccupata vigilanza sui vicini. Antiche paranoie sociali si rafforzano per il timore dei contagi. E c’è qualcun altro, magari anche con un umorismo inconsapevole, predica l’uso della mascherina in ambito famigliare, con surreali scenari nella famiglia del Mulino Bianco, per non parlare dei poveri nonni già precostituiti ad un triste destino. Non è che le precauzioni imposte siano fuori luogo, anzi sembra che a tutt’oggi rappresentino l’unico effettivo rimedio. Il problema è che nella persecutorietà, gli elementi reali potenzialmente pericolosi, scatenano un’ipertrofia esasperata dei timori nei riguardi dei possibili, ma non ancora verificati, aggressori esterni.
Per quanto riguarda il secondo elemento della triade, regalo del Covid, e cioè l’ipocondria, è evidente che chi con intensità variabile, teme per la propria salute, ne risente; anche perché i sintomi tipici di questa sindrome non sono particolari ma si sovrappongono a quelli delle comuni influenze ed altre affezioni da raffreddamento, diffusissime soprattutto nelle stagioni fredde ed umide. Da qui l’osservazione preoccupata di sé o altri che tossiscono o starnutino. E magari la ricerca affannosa dai medici, su internet, in TV, di strumenti decodificatori che riassicurino nei riguardi del possibile contagio. Ma, infin dei conti, in una situazione di diffusione rapida, immediata e potente del Covid, è meglio essere paranoici e ipocondriaci, invece di attivare meccanismi ribellivi di negazione con possibili conseguenze su di sé e su altri.
Un problema, invece più insidioso e complesso, è dato dall’ipotesi dell’instaurazione di eventuali disturbi che possiamo più o meno etichettare come psicosomatici. Poiché le nostre conoscenze al riguardo, sia per quanto riguarda la diagnosi differenziale dai disturbi organici, sia per l’individuazione carente dei meccanismi di base di un processo che fa confluire lo psichico nella fisicità patologica, sono carenti, resta il dubbio di quanto questa paura del Covid operi nella formazione di sintomatologie fisiche o rafforzi quelle già esistenti.
Quindi, questi possono essere dei bei regali che il Covid (ed è difficile non attribuirgli una volontà malefica…) ci reca in dono.
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