Salute mentale
Lasciare andare è perdere la mania del controllo
“Quando sarò capace di amare
Vorrò una donna che ci sia davvero
Che non affolli la mia esistenza
Ma non mi stia lontana neanche col pensiero
Vorrò una donna che se io accarezzo
Una poltrona, un libro o una rosa
Lei avrebbe voglia di essere solo
Quella cosa” (G.Gaber)
In italiano, la parola controllo ha due significati: quello di verifica come ad esempio il controllore che chiede i biglietti, e quello di disciplina. Mi riferisco, qui, alla capacità di controllare l’ambiente, ossia la situazione, o se stessi. Avere il controllo di noi stessi e di ciò che ci circonda è positivo per il nostro benessere e per la capacità di concentrazione. Al di là del controllo effettivo, il semplice fatto di avere una presa sulla realtà è di per sé confortante, la semplice consapevolezza di avere potenzialmente il controllo serve a ridurre i livelli di stress. Già nel 1890 William James, uno dei padri della psicologia moderna, osservava nel suo saggio, Principi di psicologia, che “La facoltà di riportare volontariamente il controllo e l’attenzione vagante più è più volte è il vero fondamento del giudizio, del carattere, della volontà. Nessuno è padrone di sé stesso se non la possiede”. Il problema è che oggi questa dispersione é aggravata dal nostro ambiente ultra digitalizzato e multistimolo, che rende il nostro cervello sede di una costante guerra per l’attenzione.
Tuttavia, non bisogna illudersi, non possiamo mai avere un controllo totale su noi stessi, questo vale soprattutto per i pensieri. É l'”effetto orso polare” descritto dallo scrittore Fëodor Dostoevskij e lo stesso vale per le emozioni, non possiamo evitare una preoccupazione, impossibile rendersi felici in un momento preciso. L’intelligenza emotiva non consiste nel respingere le emozioni indesiderate, ma nell’accoglierle, comprenderle e regolarle. Gli eccessi di quello che é un pilastro della nostra psiche, il bisogno di controllo, appunto, sono controproducenti e dannosi. Panico e ansia sono i disturbi tipici di chi teme di perdere il controllo di sé stessi, si innesca un fenomeno di ” paura della paura” che porta a moltiplicare le strategie della protezione. La rinuncia al desiderio di esercitare il controllo su una situazione o sulle proprie reazioni emotive viene sintetizzata oggi con l’espressione lasciar andare. Ciò che accade quando non ci lasciamo sopraffare dalle emozioni é il raggiungimento di una spensieratezza che deriva dell’accettazione della nostra incompetenza, accettare non significa va bene così, ma le cose stanno così: lascio perdere prima di qualsiasi tentativo di perdere il controllo. Una sorta di lassismo, di “me ne frego”, una forma di passività che scaturisce dalla rassegnazione in seguito a ripetuti fallimenti nel tentativo di controllare realtà e sentimenti.
Il controllo e il lasciarsi andare, però, possono anche fondersi, bisogna trovare un equilibrio tra due opposte pulsioni che non son incompatibili, ma, al contrario, complementari. In realtà tutta l’attività di apprendimento é inizialmente costruita su una sequenza di controllo che poi diventa automatica e permette di lasciarsi andare, basti pensare ai primi momenti trascorsi al volante. Inizialmente si osserva la traiettoria dell’automobile, gli altri veicoli, gli specchietti, i segnali stradali. In seguito mentre guidiamo, ci permettiamo di parlare con un passeggero o di ascoltare la radio, il nostro controllo è ormai automatizzato. Il controllo e il lasciarsi andare iniziano ad alternarsi e a unirsi come nell’arte del ballo, o nell’imparare a suonare uno strumento, portandoci in uno stato di flow, di abbandono. É questo impegno sequenziale, questo alternarsi di controllo e abbandono che dovremmo cercare nella ricerca della felicità che sta nel godersi i momenti piacevoli della vita, non nel voler cercare la felicità a tutti i costi. Se gli sforzi di controllo sono in generale utili, non devono essere rivolti all’esperienza emotiva in sé, che é meglio sostenere lasciandosi andare.
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