Salute mentale

La seduzione delle teorie diventa ideologia

23 Gennaio 2021

C’è qualcosa di cui molti di noi sono, in un dato momento, estremamente sicuri ed è la correttezza assoluta delle proprie idee.

Questo avviene in diversi campi, settori, discipline che si sono succedute nel corso della storia umana. In un dato momento, perché poi, proprio in un altro momento, questa garanzia di veridicità assoluta può cambiare. Chi non la cambia si inorgoglisce ed afferma di essere stato sempre coerente, chi la cambia si definisce flessibile e aperto a nuove idee, a nuovi stimoli.

Ma poi, in ambiti particolari dal carattere intrinsecamente sociale, quali il credo politico, il fenomeno acquista una particolare rilevanza. E qui dobbiamo distinguere tra i politici di mestiere e il resto della popolazione o meglio, visto che siamo in un’atmosfera totalitariamente mediatica, il pubblico.

Quando un politico e mi sembra che in questi giorni vi siano ampi argomenti al proposito, cambia non tanto totalmente casacca di partito (il che rischia di farlo precipitare nell’esecrabile categoria dei “traditori”), ma anche solo certi orientamenti, abbandonando qualche segmento della propria ideologia e venendo a compromesso con idee, altre volte giudicate avverse, il giudizio di buona fede sembra molto vacillante. Ma nel pubblico che, passivamente assiste a questi processi trasformativi, vi è una specie di tolleranza sia pure sofferta, soprattutto se la trasformazione o l’accomodamento, collude con le proprie idee. Si va dall’estrema tolleranza considerata un accorgimento tattico (“Parigi val bene una Messa”), a qualche commento anche astioso sull’utile personale che ne deriva (essere rieletto, attaccarsi al carro del vincitore ecc.). Ma tutto questo riguarda l’ampia aggregazione di coloro che detengono qualsiasi forma di potere, in primis i politici, ma ci metterei anche tutti gli altri che hanno possibilità di agire sia nella realtà “materiale” che in quella “spirituale”. A quest’ultimo proposito i voltafaccia dei cosiddetti intellettuali può raggiungere anche aspetti surreali, contrabbandati magari come innovativi ecc..

Ma come psicoanalista mi occupo essenzialmente delle persone, o pubblico o popolo, avendo a che fare, professionalmente, con qualche appartenente a quest’ultimo universo. Ma non c’è bisogno di essere analisti per osservare in se stessi e in altri come le tendenze ad abbracciare una certa ideologia hanno variabili che non sono riconducibili solo ad una “sana” capacità di valutare la realtà e, magari, di sapere distinguere tra concrete possibilità utili ed inganni illusori. Vi è qualcosa d’altro e che tocca, senza fare sconti a nessuno (e quindi rischio l’impopolarità del qualunquista), qualsiasi presa di posizione, ad onta degli attributi di idealità, etica, socialità, amore per il popolo o per la patria ecc…

Vi è cioè un certo grado di seduzione che, in quel momento, ci spinge ad abbracciare una fede, un’ideologia ed anche abbandonare quelle convinzioni che per molto tempo ci hanno accompagnato nella nostra vita. Parlare di seduzione e non di motivazione, di spinta verso, di attrazione e simili, rivela l’ipoteca, anch’essa seduttiva, che pesa su di me di vecchio freudiano. Poiché sto parlando proprio dell’eros e cioè della tendenza alla gratificazione (il principio del piacere) che, anche se lo vogliamo, non a caso, negare, ci spinge a trovare situazioni di soddisfazione “erotica” anche nel sentirsi facenti parte di un insieme di idee che sentiamo che investe il nostro Sè, la nostra persona, quell’immagine, spesso, se non sempre, piuttosto svalutata nella quale ci ritroviamo. E non solo: la gratificazione del sentirsi “forti” è proprio la migliore difesa (come sappiamo anche clinicamente nelle forme maniacali) rispetto ad ansie, depressioni, frustrazioni. Cioè l’eros unisce l’utile al dilettevole. Perché questo processo avvenga più facilmente, in genere, è importante da un lato il sentirsi legittimato dall’apporto di segmenti importanti della popolazione e, magari, dal culto di qualche personaggio reale o virtuale che viene idealizzato e diventa un nume protettivo che si prende il compito di proteggere la nostra passività parassitaria, di origine infantile. Un buon ingrediente per assaporare meglio il piacere delle scelte e contemporaneamente funzionare come difesa rispetto al timore delle sconfitte (timore sempre in agguato dentro di noi) è quello di utilizzare l’aggressività contro gli avversari.

Ad onta delle prediche delle persone assennate, abbracciare una ideologia porta con sé immediatamente la mobilitazione dell’aggressività contro il nemico, reale o virtuale. La cosiddetta tolleranza nei riguardi delle opinioni altrui di volteriana memoria, a meno di non essere motivata da una depressione latente che spinge ad allontanarsi, ad andarsene via, appare solo come un bel esercizio retorico ad uso dei media. Sappiamo benissimo che ci massacriamo l’un con l’altro sia esternamente che internamente nelle nostre intime confabulazioni. E’ un po’ come se dessimo spazio ai nostri generali e la licenza di oltrepassare la linea della legittima difesa. Utilizzare l’aggressività significa avere gratificazioni narcisistiche di onnipotenza e, più o meno, illudersi di essere al sicuro. Il sigillo paranoideo sovrasta i nostri atteggiamenti. Forse, come già osserviamo in altri esseri viventi, l’aggressività è inserita nel nostro DNA e ci ha permesso di sopravvivere, anche a costo di prendersela con i fantasmi.

Ora però c’è un altro aspetto importante e che fa misconoscere il ruolo delle spinte edonistiche e aggressive dentro di noi. Cioè molte ideologie (e qualcuno direbbe tutte) considerano oggettivamente le situazioni reali e vengono incontro ai nostri bisogni. Si potrebbe dire che la nostra passionalità, edonistica ed aggressiva, diventa lo strumento per darci la spinta ad agire nelle realtà stessa. Hegel direbbe che questa passionalità è uno strumento della dinamica storica. Marx ed Engels, al riguardo erano più cauti e parlavano anche della “falsa coscienza”. Questo non ha impedito che proprio il marxismo sia diventato (e rimane ancora adesso, cautamente rimaneggiato) come una delle ideologie più seduttive dei due ultimi secoli trascorsi. I cortei con le bandiere rosse, magari al canto di “Bella ciao”, per molti è ancora un momento di estasi erotica. Ma a destra non si è stati di meno: un fascista o nazista o simili, vi descriverà bene lo stravolgimento emozionale prodotto dalle loro cupe ed anche necrofile manifestazioni collettive.

E il capitalismo? Sembrerebbe il più stancamente assennato. Ma la sua forza seduttiva passa per gli spettacoli mediatici, per le sciocchezze pubblicitarie, per i supermercati e le vendite online. Offre un eros a buon mercato. Volete togliere dagli show (talk e no…) televisivi, dalle partite di calcio, dalle movide (Covid permettendolo), qualcuno ed inquadrarlo in cortei saturi di bandiere o quelli che magari facciano risorgere gli stanchi simboli funeri delle destre?. Lo si può fare là dove le condizioni sociali sono estremamente deteriorate: vedi l’Isis. Ma qui interviene allora l’altro aspetto del capitalismo, che ha artigli ben più efficaci e rapidi.

 

 

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