Salute mentale
I ricordi persecutori
I cari ricordi del passato: l’infanzia felice; l’adolescenza; il primo amore (con relativo primo rapporto sessuale); gli amici; gli anni della scuola; il lavoro; la famiglia allargata. Quel dolce sentimento di nostalgia che ha ampiamente nutrito la letteratura (con esempi illustri tipo Leopardi, Pascoli, per non parlare di Proust). Quell’album di fotografie con bambini e papà e mamma sorridenti o con gli sguardi incantati dei due innamorati che può far sospirare per un tempo passato.
Ebbene: tutto falso o per lo meno funzionale a cercare di scappare da sofferenze, ansie e depressioni attuali. È vero che per parlare freudianamente (gergo specifico di noi analisti più o meno ortodossi) il nostro Io, mediatore di compromessi nel caos psichico, cerca di metterci anche un po’ di Eros, per rafforzarne il ruolo difensivo. Prendiamo l’esempio della nostalgia. È indubbio che c’è del piacere che magari ci sembra anche tranquillo a ricordare il bel tempo antico. In effetti è un marker depressivo. Ma perché serve a tenere a bada il sentimento depressivo che in tutti (magari con diversi gradi) appena può, fa sentire il proprio potere distruttivo (c’è gente che purtroppo rinuncia anche alla vita pur di sfuggirgli).
Quindi con rincrescimento per le belle anime che si crogiolano nel passato, questo serve solo a ripararci da depressioni e ansie del presente, a consolarci perchè almeno abbiamo avuto pezzi di vita felici, a sentirci, assurdamente più pronti per il futuro. La realtà è che il presente, sia interiore o anche esteriore ci fa paura. E poi, e qui veniamo al titolo di questo intervento, quei bei ricordi sono alimentati dal tentativo di bloccare i ricordi negativi, i ricordi del bambino che piangeva disperato per il timore di essere abbandonato (anche se aveva i genitori più buoni del mondo); quel bambino che si svegliava terrorizzato nel cuore della notte per gli incubi; quel bambino che era schiacciato dal timore perchè aveva fatto qualcosa di proibito ecc.. Vi sono dei sistemi collaudati per impedire che questi ricordi persecutori ci invadano e li chiamiamo repressione, negazione o addirittura narcisisticamente onnipotenza. Ma la forza di questi ricordi continua a esercitare la propria potenza e utilizzano, per non cascare nel vortice dell’infanzia, altri ricordi magari più recenti: episodi della propria vita adulta, disgrazie ed incidenti, litigi, delusioni. È un processo analogo a quello che avviene per i traumi: traumi per la perdita di persone care, per la salute, per crolli economici, e (visto che ora è attuale) quei traumi che colpiscono i soldati nelle guerre così intrisi di morte.
In analisi cerchiamo di far riemergere questi scheletri del passato che si rivestono di problemi attuali, per dare finalmente loro la sepoltura… quando ci riusciamo.
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